L’opera di Jean Cocteau è stata rappresentata con successo al Teatro Greco di Tindari con la regia di Stefano Molica. Lo spettacolo è stato realizzato dall’associazione culturale “Nuovi Teatri” come conclusione del corso teatrale “La Macchina dei sogni”.
Se il teatro è un universo effimero e coinvolgente che, quando cala il sipario, si dissolve, donandoci la tangibile sostanza di quel gioco, “La Macchina dei sogni” è inserita di diritto nel buon teatro. Stefano Molica, rappresentante dell’Associazione Culturale “Nuovi Teatri”, regista e direttore dei corsi teatrali su menzionati, ha chiuso la rassegna dei saggi con il corso “adulti”. “La macchina infernale”, rappresentato al Teatro di Tindari il 12 luglio, è una reinvenzione, fra il tragico e il burlesco, degli dei e personaggi del mito greco ed è sicuramente testo coinvolgente ma difficile.
L’opera, scritta da Cocteau negli anni 30, prende spunto dal mito di Edipo, e muove dalla sua fuga da Corinto per scampare agli oracoli, che lo vedevano parricida e sposo della madre, passando per il suo trionfale ingresso a Tebe, vincitore apparente dalla sfinge, per culminare in un nuovo volontario allontanamento, dopo la scoperta del proprio parricidio di Laio e dell’incesto perpetrato a seguito del suo matrimonio con Giocasta. Sapiente lavoro di drammaturgia quello di Stefano Molica in terra tindariana affiancato da Valentina Martino in un palcoscenico difficile, (ove gli antichi spazi dettano le leggi di propagazione del suono), caratterizzato da un luogo scenico esigente, che richiede espressività e accuratezza, forza nelle parole, importanza della gestualità e delle espressioni corporee, rispetto del gioco di squadra attoriale e dinamicità dell’azione. La rappresentazione dei personaggi è resa come lontana dal mito ed in preda a emozioni, paure e desideri, in linea con la drammaturgia del poliedrico e avanguardista autore. Grande tecnica recitativa, che non esclude, come è sembrato, l’improvvisazione, valente prova di ritmo, precisione e brio. Brilla di luce propria la sfinge/Nemesi, per il piglio di tutto riguardo e anche Edipo, il narciso e Giocasta, la romantica, sono ben resi.
Il coro fa da collante dell’intera saga, dando luogo ad un meccanismo fatale che “deve” proseguire fino all’epilogo. Il testo, di grande introspezione, è per lo più fedele all’opera del sapiente Cocteau e alcuni pensieri dei personaggi sono particolarmente accattivanti, come quelli di seguito riportati “Il genere femminile è disturbatore degli eroi”; “Il tempo degli uomini è eternità ripiegata”; “Molti uomini nascono ciechi e non se ne avvedono, finché una verità vera non strappi loro gli occhi”.
Solitamente i testi di Cocteau si rappresentano in teatri al chiuso, ma, diversamente operando, si è dato movimento alla scena, anche se con sforzi maggiori e riuscite prove di fisicità dei giovani del corso “adulti”. In conclusione, convincente resa registica e attoriale, con uso di scenografie minimaliste ma di grande impatto, musiche avvolgenti, e avvincente scelta dei costumi – di colore bianco, di grande valenza visiva, e non scevra di simbolismi. Un plauso all’Associazione pattese collaudata sul territorio, ormai insieme al comune di Patti impegnata a creare il pubblico di domani, più consapevole dell’intero lavorio, che si dispiega dietro “le quinte”. Il sito archeologico appartenente al demanio culturale regionale e gestito dalla Sovrintendenza di Messina attraverso le strutture U.O. 5 e U.O.8, quest’ultima diretta dalla d.ssa Tommasa Siragusa, che ha operato una brillante introduzione allo spettacolo, mettendo in luce il ruolo dei teatri antichi all’aperto (antenati di quelli moderni concepiti quali rito, raduno e ritiro di un popolo, sotto l’egida del nume tutelare Dioniso) e magnificato le mille sfaccettature dell’artista Jean Cocteau.