Il guardiano. Shoplifters of the World Unite

Il guardiano. Shoplifters of the World Unite

Domenico Colosi

Il guardiano. Shoplifters of the World Unite

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mercoledì 05 Aprile 2017 - 11:11

La marginalità delle periferie urbane nel classico di Harold Pinter portato in scena da Roberto Bonaventura

Tre prodotti del sottoproletariato urbano intrecciano delle relazioni pericolose in un appartamento semiabbandonato. Nomi falsi, menzogne, scatti d’ira e umilianti confessioni: personaggi interrotti popolano con la propria insignificante esistenza una società priva di punti di riferimento, scollegata nelle sue parti, animata da misere ripicche e strisciante xenofobia. Ladruncoli di tutto il mondo, disperati spasimanti di sogni superflui, uniti nella comune esigenza di una risposta ai propri travagli.

Classico del Premio Nobel britannico Harold Pinter, Il guardiano (The Caretaker nell’originale, titolo tradotto sovente anche come Il custode) è densa stratificazione di temi e linguaggi, un testo che elabora istanze politiche da prospettive strabiche, irregolari. Prerogative inalterate nel felice adattamento proposto da Roberto Bonaventura alla Sala Laudamo, un lavoro in grado di esaltare le doti di alcuni tra i migliori attori della scena teatrale messinese, gli ispirati Antonio Alveario, Alessio Bonaffini e Francesco Natoli. Una materia rovente che indaga su rapporti di sangue e malattia mentale tra apparenti ingenuità e fuorvianti nonsense: dopo un inizio che lascia presagire una vena eversiva (il playback di “Un’altra vita” nella versione di Alice), lo sviluppo si mantiene nell’alveo della tradizione con poche punteggiature personali a segnare l’intera operazione. In rassegna soprattutto le controllate ossessioni di Natoli, la cartoonesca esuberanza di Bonaffini (quasi una trasposizione del Fiabeschi di Andrea Pazienza) e l’esperienza di Alveario.

Dalla disposofobia dei due fratelli – tradotta dalla coerente scenografia di Giovanni La Fauci e Simone Di Blasi – ai preziosi tagli di luce firmati dallo stesso regista, Il guardiano avanza senza cedimenti nelle pieghe di un’umanità alla deriva: l’humour si capovolge in tragedia, il passato ritorna come ingombrante catena che persuade gli uomini all’inazione. Per proseguire nella citazione agli Smiths, “I tried living in the real world/ instead of a shell/ but I was bored before began”.

Domenico Colosi

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