In Medea prevale la passione sulla ragione
Non ha perso il suo duro accento di uomo polacco Zanussi, molto simile a quello di chi parla italiano con accento tedesco, che tutti cercano come un ago nel pagliaio prima della “prima” di Medea nel teatro greco di Siracusa con Elisabetta Pozzi nei panni della protagonista. Lo incontro defilato di corsa in compagnia della moglie e ci riconosciamo anche se sono passati tanti anni da quella sua prima volta in Sicilia quando mise in scena in un’edizione di Taormina-Arte del 1986 il Giulio Cesare di Shakespeare. Gli dico d’essere stato di recente a Wroclaw, quarta città polacca per numero di abitanti, per il Premio Europa del Teatro vinto da un suo connazionale, Kristian Lupa, e d’averlo citato in un articolo sul Giornale di Sicilia assieme ad altri registi, scrittori e teorici del Teatro, che hanno dato lustro e prestigio alla sua Nazione, quali Polanski, Kieslowski, Witkiewicz, Mrozek, Kantor, Grotowski e tanti altri ancora, notando dall’espressione del suo viso che gli ha fatto piacere.
Signor Zanussi da quella sua prima volta in Sicilia in quali altre occasioni vi ha fatto ritorno?
“Negli anni ’90 sono stato due volte al Teatro Massimo di Palermo per la regia di due opere liriche che erano l’Oedipus rex di Stravinskij e il Re Ruggero di Szymanowski e di recente sono stato a Catania e Siracusa per girarvi il film Sole nero, con Valeria Golinio protagonista, tratto da un romanzo di Rocco Familiari e adesso ancora a Siracusa per questa Medea di Euripide”.
Lei si muove tra Cinema e Teatro. Cosa ama di più?
“Forse ho più dimestichezza col Cinema perché sono spesso autore o sceneggiatore di quello che poi dirigo, mentre il Teatro per me è un “servizio” al testo. Il Teatro poi ha il vantaggio d’avere un tetto, una poltrona, un caffè, mentre il Cinema lo si fa con qualunque tempo, anche con la pioggia, il freddo o la neve. Per me il Teatro è una grande gioia perché c’è un contatto immediato col pubblico, nel Cinema tutto questo non esiste”.
Lei certamente conosceva la Medea, ma chi è per lei questa mitica donna?
“ E’ una barbara nel più profondo del termine, agisce in modo incoerente, senza alcun ordine morale. L’etica infatti, è un prodotto della cultura, mentre Medea rappresenta in certo modo l’anima selvaggia, libera”.
Come si conciliano in Medea razionalità e passionalità, logos e pathos?
“ Medea usa la ragione perché è astuta, manipolatrice, la usa al servizio dei suoi istinti, del suo essere barbara. Lei non ha nessuna bussola etica. Lei, figlia del Sole, vuole assurgere a un ruolo divino, vuole farsi giustizia da sola. Un personaggio che supera un istinto molto naturale come quello della maternità, che uccide i figli solo per punire il marito, è difficile da capire, in un mondo in cui il divorzio è un fatto quotidiano, banale, in cui la superficialità, la velocità nell’esaurire i rapporti umani sembra un successo di modernità…In questo senso Medea è una tragedia anacronistica, come il Romeo e Giulietta di Shakespeare. Ma il piacere del pubblico è senza alcun dubbio legato alla percezione di queste grandi passioni”.
Secondo lei perché Medea ha avuto tante versioni cinematografiche?
“ Medea è un personaggio forte, avvincente, composto da elementi contraddittori molto convincenti. Rispetto ad Antigone, anche questo un dramma visitato in tutte le epoche con risvolti politici, sociali, ideologici, Medea ci fa toccare il grande tema della natura umana, consentendoci di andare ancora più in profondità, sembra quasi un thriller”.
Ai giorni nostri siamo in grado di comprendere sino in fondo la tragedia greca?
“ Viviamo un momento in cui si rischia di cancellare questa grande eredità che è la tragedia greca. Il contraltare è la telenovela, il reality show, non sul piano sociale che sarebbe banale, ma come visione del mondo. E’ come se non riuscissimo più a conoscere i momenti chiave dell’esistenza. Oggi tutto sembra frammentario, sminuzzato in tanti pezzetti, al punto che si rischia di cancellare o di non capire più quello che abbiamo imparato dai greci”.