-Niente più niente al mondo - Monologo per un delitto- in scena alla Sala Laudamo dal 10 al 12 dicembre

-Niente più niente al mondo – Monologo per un delitto- in scena alla Sala Laudamo dal 10 al 12 dicembre

-Niente più niente al mondo – Monologo per un delitto- in scena alla Sala Laudamo dal 10 al 12 dicembre

mercoledì 08 Dicembre 2010 - 08:38

Lo spettacolo rientra nel cartellone -La Casa degli Artisti-

Un testo di uno scrittore celebre come Massimo Carlotto per il nuovo allestimento di Patrizia Baluci. La regista e attrice messinese presenta nella Sala Laudamo (cartellone -La Casa degli Artisti-) dal 10 al 12 dicembre -Niente più niente al mondo – Monologo per un delitto- dell’autore veneto, noto, tra l’altro, per i romanzi noir della serie dell’Alligatore. È la storia tesa e vibrante della tragedia familiare di Nunzia Malaspina, una Medea dei nostri tempi, che racconta la propria follia omicida compiuta sulla figlia come se fosse un’ospite della trasmissione televisiva -La vita in diretta-.

-Avevo affrontato già due volte – spiega Patrizia Baluci – il tema della Medea, prima con il Gruppo Teatrale Kripton (“ME-DEA”, con scrittura di Marco Palladini), successivamente nella versione di Alessandro Banda (“Tragedia e gloria del nome di Nostra Signora”). Non pensavo di tornarci su. Poi sono stata sedotta dal testo di Massimo Carlotto. ‘Niente più niente al mondo – Monologo per un delitto’ è la cronaca di un omicidio raccontato dalla stessa protagonista in un monologo ora iper-reale, ora delirante fino al surreale, ora patetico, ora di schizofrenico distacco emotivo-.

E così descrive il personaggio: -Sposa e madre infelice, Nunzia Malaspina, vive lucidamente la difficoltà e la banalità del quotidiano. Deve far quadrare i conti della spesa, ma ciò la porta, attraverso un vero e proprio processo di rimozione, a farsi coinvolgere con allucinato entusiasmo nella ricerca dell’offerta speciale, di discount in discount, animale di una giungla urbana che, pur lottando per la sopravvivenza, in questa ricerca trova gratificazione. Non odia tanto il marito, che assolve, giudicandolo semmai un perdente senza ambizioni. Le è rifugio il vermut, unica spesa di pretesa ‘qualità’ che si concede, ma vede lo stesso con chiarezza che non potrà mai venir fuori dalla propria posizione esistenziale e cerca e trova fuori da sé una figura che possa simbolicamente riscattarla: la figlia. Questa diviene così la depositaria della realizzazione dei suoi sogni-. Ma è solo l’inizio della discesa verso la tragedia finale perché, a poco a poco, la figlia, -da simbolo del riscatto, diventa simbolo del fallimento della madre, fallimento del sogno dopo il fallimento nel reale-.

La produzione è dell’Associazione teatrale T.C.M. -Il Diario Celeste-; collaborazione artistica di Manuela Micari; scene di Emilio Del Pozzo, costumi di Francesca Placuzzi.

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