Al Vittorio Emanuele lo spettacolo firmato da Antonio Latella, resoconto poetico del martirio laico di Pier Paolo Pasolini
Tra le mani un fazzoletto, prossimo sudario. L’invocazione alla Vergine Maria, mentre dal viso prorompono lacrime, muco e saliva: le parole si fanno disperato richiamo dall’oltretomba. Un’ode a un Cristo comunista, dilaniato dagli uomini e dileggiato dalla legge; PPP, bastano le iniziali per chi osò sfidare potere e convenzioni, eccezione nel conformismo borghese. Dalla lallazione sgorga una sillaba, MA, origine del mondo e confine invalicabile per chi non riesce a diventare adulto: madre coraggiosa, invincibile, chimera della maturità, supporto negli stenti, consolazione nelle afflizioni. In un rosario di violenze subite, una colonna da abbracciare per non soccombere al vorticoso richiamo dell’abisso.
Sul palco nudo del Teatro Vittorio Emanuele una donna sola, Candida Nieri, proiezione e megafono del femminino nell’opera poetica pasoliniana. Ai piedi due enormi scarponi maschili, impaccio leggerissimo che diviene arma comica e strumento di accusa. L’elegante regia di Antonio Latella isola con grazia le accelerazioni e le pause di una rapsodia colta che prova a non scadere nel cerebrale esercizio di stile: da due altoparlanti la voce del Poeta dà indicazioni, spiega e interroga prima di lasciare spazio alle voci del cinema, dalla Magnani di Mamma Roma ai pensieri della strada registrati nei Comizi d’amore. Un martirio laico che l’attrice esalta con gesti lenti e foga improvvisa per un viaggio negli inferi di un mondo ottuso e indifferente.
Nessuna falla nella compatta drammaturgia di Linda Dalisi, quasi un moderno breviario che partendo dalla figura di Susanna Colussi, l’amatissima madre di Pasolini, investiga la sfera di una sofferta genitorialità con aspirazioni all’universale: mater lacrimosa, Madonna ai piedi della croce (come nella sequenza del Vangelo secondo Matteo), mistero di rovina (Medea). Tutto si estingue al di là delle sofferenze fisiche, oltre la condizione umana: resta la parola, marchio a fuoco di uno spirito inquieto.
Domenico Colosi