Azione meritoria di -Ingresso Libero-
Siddharta di Hermann Hesse regia di Lamberto Puggelli al Teatro Machiavelli di Catania
Negli anni ’60 erano due i libri che i giovani divoravano libidicamente: On the road di Jack Kerouac e Siddaharta di Hermann Hesse. Come dire il dualismo che si cela in noi tutti. L’azione e la riflessione. Il corpo e lo spirito. Lo yin e lo yang. Il negativo e il positivo. Il pensiero Beat-Zen. Due modi diversi d’intendere il viaggio, l’odissea fra occidente e oriente, il perdersi non solo in autostop, ma anche in moto o a piedi attraverso strade, fiumi e montagne, per ri-trovare infine, se non il Nirvana, almeno il senso della vita, scoprire l’amore, la solidarietà, la saggezza, il rispetto per se e per gli altri. E dunque, riproporre adesso per le scene quel piccolo cristallo splendente che è Siddharta ad opera d’una nuova struttura culturale come “Ingresso Libero”, composta da alcuni partner culturali come la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania, il Touring Club Italiano etc. e da un Comitato d’onore i cui vi figurano personalità del mondo dello spettacolo e della cultura come Vincenzo Consolo, Dacia Maraini, Peter Stein, Ottavia Piccolo, cui segue un lungo elenco che ha evitato di riproporre l’ennesima “Associazione culturale”, è cosa oltremodo lodevole e meritevole, in particolare per giovani di oggi distratti dalle nuove tecnologie e smarriti in molte selve oscure.
Altro merito di “Ingresso Libero”, certamente di grande valenza culturale, è stato quello d’aver ristrutturato e ri-aperto il Teatro Machiavelli dopo essere stato chiuso per ben 98anni. La struttura situata in un seminterrato di Palazzo Sangiuliano, giusto nella bella e ariosa Piazza Università a due passi dal famoso Elefantino di pietra lavica, al suo nascere – il 30 settembre del 1864 – ospitava L’Opera dei Pupi di Angelo Grasso. Poi è lui stesso, 17 anni dopo, a ribattezzare il suo teatrino con nome di Machiavelli, ospitando pure commedie, farse e spettacoli di varietà. Alla sua morte sarà il figlio Giovanni a gestire il Teatro e continuare l’opera paterna, sino a quando nel 1912 decide di chiudere quel Teatro che per 48 anni “era stato cardine dello spettacolo cittadino”, come scrive Bernadette Majorana nel capitoletto “Storia del Teatro Machiavelli” all’interno del volumetto Wunderkammer di Bonanno Editore.
Una caratteristica presente e futura degli spettacoli di “Ingresso Libero” sarà quella di non dover pagare il biglietto all’entrata. Basterà soltanto prenotarsi via telefono o mail ( 346.7472779 o ingressolibero@ymail.com ) e all’uscita sarà conveniente o doveroso lasciare una piccola somma in base alle proprie possibilità economiche, anche perché quest’organismo si regge su queste risorse, sul volontariato e sulla vendita di magliette e altri gadget.
Regista della “Recitazione di Siddharta”, così come si legge in locandina, è stato Lamberto Pugelli che ha trattato il testo il Hesse, tradotto qui da Massimo Mila, con una fine sensibilità pari a quella che Grotovskij aveva per il suo “Teatro povero”. Nel senso che per raccontare le vicissitudini di Siddharta (etimologicamente “colui che ha raggiunto il suo scopo”), figlio di un bramino, alla ricerca della verità suprema e della saggezza, che troverà alla fine del suo peregrinare, si è servito di materiali semplici, simbolici, poveri appunto, puntando sulla corporeità degli interpreti, dimostratisi tutti all’altezza, capitanati da un ieratico David Coco nel ruolo del titolo, somigliante a volte a un Cristo o a un San Francesco d’Assisi, debole e forte, pacato e irruento, stupido e intelligente, mai contento delle sue scelte. Poi con quel termine “Recitazione”, Pugelli ha giocato con le ombre dietro un telo bianco e ha voluto riprendere, credo, quella metodologia che Ronconi aveva applicato a Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana di Gadda, ovvero il far “recitare” agli stessi attori le didascalie, riferite al racconto e non ai dialoghi. Con il risultato d’avere lì davanti alla scena il narratore che si tramuta in personaggio e subito prende forma e si sostanzia davanti a te. Incontriamo l’amico Govinda (Salvo Piro) che mai riuscirà a librarsi da terra, poi una figura diafana e splendente appellata Gotama detto il Buddha (Alessandro Conte) dal quale Siddharta vorrebbe che gli insegnasse tutto. Ma il Buddha non ha dottrine da diffondere. Lo inviterà piuttosto a staccarsi da ogni conoscenza aprioristica e ad aprirsi a tutte le esperienze. Siddharta dovrà vivere una vita banale per imparare a superarla. Lasciata la foresta incontrerà in città la bella e sensuale cortigiana Kamala (Pamela Toscano) da cui avrà un figlio (Valerio Toscano) e il mercante Kamaswami (Alberto Bonavia) diventando lui stesso mercante. Scontento di questa vita si spoglierà d’ogni ricchezza e incontrerà il barcaiolo Vasudeva (Franco Mirabella) lungo un fiume, le cui acque sono raffigurate prima da un lungo filo azzurro che si dipana da un gomitolo lungo la scena e poi da una serie di cordicelle azzurrognole tenute tese ai due capi estremi di due cavalletti, mentre le imbarcazioni sono sintezzate da due mezze canne legate ai lati da due pezzetti di spago e fatte scorrere su e giù fra quei cordami. Siddharta rimane fra quelle acque del fiume e può così conoscere la libertà che non è più quella dei Samana, ovvero di quegli uomini che vivono una vita ascetica, ma quella d’una esperienza di vita totale e consapevole. Lo spettacolo si apprezza per i bei costumi di foggia indiana ad opera di Luisa Spinatelli che firma pure le scene, per i movimenti mimici di Marise Flach, per le musiche di Filippo Del Corno eseguite dal vivo al suono di sitar, clarinetti e percussioni e per il glamour orientale odorante di candele accese e d’incensi vari.- Alla fine un mare di applausi calorosi con repliche sino al 30 aprile.