Perchè i nazisti di Hitler non ebbero per primi la bomba atomica
Telefono al suo cellulare e ci diamo appuntamento con Umberto Orsini al Teatro Ambasciatori di Catania prima dello spettacolo serale Copenaghen dell’inglese Michael Frayn, autore fra l’altro dell’osannato Rumori fuori scena portato sugli scudi per tante stagioni dal compianto Attilio Corsini. Orsini, capelli corti, un filo di barba, scarpe da tennis, giacca e maglietta girocollo, scattante, quasi avesse fatto poco prima una corsetta, arriva un po’ in ritardo, esita a riconoscermi per vezzo o per vizio, ci sediamo nel bar di fronte al teatro e sorseggiando entrambi un caffè ho l’impressione che abbia premura: infatti a molte mie domande sarà evasivo e sfuggente: quello che salta comunque subito agli occhi è che non sembra che abbia compiuto 75 anni il 2 aprile scorso e nonostante la sua mise sportiva lo trovo austero e rigoroso.
Ma lei sembra così severo perché è un piemontese di Novara?
“Può darsi”
Gli spettacoli più recenti come Molly Sweeney di Brian Friel e questo Copenaghen di Frayn autore tra l’altro di Democracy, un’opera-documento sulla Germania di Willy Brandt, ruotano attorno a storie vere. Sceglie lei i testi da interpretare o chi altri?
“No, no li scelgo io accuratamente”
Come mai alcuni anni fa lei ha preso parte ad uno spettacolo di Pippo Del Bono titolato L’urlo andato in scena in prima nazionale fra i Ruderi di Gibellina vecchia, lontano credo dai suoi trascorsi teatrali?
“Volevo entrare dentro ad un tipo di teatro diverso, vedere cosa succedeva in una compagnia composta da personaggi singolari come Pepe, fuggito dalla repressione dei generali argentini, Gianluca, il ragazzo down che voleva fare l’attore, Nelson, il barbone con lo zainetto come unico bene e in particolare Bobò, sordomuto e analfabeta, per 45 anni rinchiuso nel manicomio di Aversa e diventato una star internazionale, col quale durante lo spettacolo giocavo al pallone sul grande spiazzo terroso. Sono stato io tra l’altro a cercare Del Bono, costruendo insieme lo spettacolo, cercando soluzioni di ricerca: ricerca del correre non quella delle cantine”.
Questo spettacolo di Frayn, Copenaghen appunto, di cui lei è protagonista assieme a Giuliana Lojodice e Massimo Popolizio, come nasce?
“ E’ nato una decina d’anni fa a Udine sempre con la regia di Mauro Avogadro e lo riprendiamo ogni volta noi tre ci rendiamo liberi da altri impegni teatrali. Lei pensi che con queste repliche all’Ambasciatori di Catania avremmo già superato le duecento 200-220 repliche”.
Le piace il Teatro e il Cinema quanto i kilometri che corre a piedi?
“ Mi piace correre e mi piace tanto lavorare in Teatro, mentre è difficile alla mia età fare il protagonista al Cinema”
In sintesi cos’è Copenaghen?
“Racconta d’un incontro realmente accaduto nel 1941 a Copenaghen durante l’occupazione nazista tra due fisici premi Nobel, Werner Heisenberg e Niels Bohr, i cui loro dialoghi, anche su formule chimiche e fisiche, certamente comprensibili al 50% degli spettatori, mettono in luce che se avessero parlato, se avessero svelato le loro ricerche, i tedeschi avrebbero avuto la bomba atomica prima degli altri. Frayn ritrae i due personaggi assieme alla moglie di Bohr, come dei fantasmi ritornati dal passato, imprigionati in un groviglio di domande che stentano a trovare risposta. E’ una pièce che pone delle riflessioni su quale sia il confine tra potere politico e ricerca scientifica e se quest’ultima deve o no avere dei princìpi morali”.
Quale sarà il prossimo impegno?
“La tempesta di Shakespeare e io sarò il mago Prospero”
Che cos’è il Teatro per lei?
“La mia vita, il mio lavoro, la professione che ho scelto, tante cose ancora, come la gioia e la fatica d’essere in un posto diverso ogni quindici giorni, conoscere tante persone che non avrei potuto conoscere se avessi fatto l’impiegato o il notaio”.