Un genere che rivive al Teatro Vittorio Emanuele grazie ad una produzione intelligente
L'operetta, come è noto, differisce dall’opera lirica per la mancanza di recitativi accompagnati, essendo strutturata invece in un’alternanza di brani musicali e prosa, quest’ultima spesso predominante. Antesignano del genere è il singspiel tedesco, che ha nel Flauto magico di Mozart il suo più fulgido esempio. Inoltre il genere presenta un carattere più leggero, spesso comico, ove una parte preponderante è riservata alla danza. Nata nella seconda metà dell’800, con Offenbach e Strauss, in Italia ha attecchito solo nella prima metà del 900, specialmente con la coppia Carlo Lombardo-Virgilio Ranzato, autori, rispettivamente del testo e delle musiche, di due famose operette italiane: Il Paese dei Campanelli e Cin Ci Là, quest’ultima rappresentata al Teatro Vittorio Emanuele di Messina.
Questo genere musicale risulta ormai datato e con difficoltà riesce ad inserirsi nei cartelloni teatrali, in quanto rappresentativo di un momento storico contingente, la spensieratezza di fine secolo della società parigina e austriaca (genere protratto in Italia fino allo sconvolgimento della seconda guerra mondiale) che è assai difficile da attualizzare, anche per lo spessore musicale troppo leggero dell’operetta stessa, una musica fatta di facili melodie orecchiabili, gradevoli all’ascolto ma destinate ad un irreversibile tramonto a causa della loro debolezza strutturale armonica. L’operetta italiana inoltre assume un carattere musicale ancora più “leggero”, allontanandosi dal genere operistico per avvicinarsi piuttosto al varietà, in particolare per le parti danzate. Tuttavia la sua rappresentazione può destare ancora oggi un certo interesse, anche in qualità di documento storico di un’epoca ormai perduta, la vita gioviale e disimpegnata della media borghesia, ma ciò a condizione che la messa in scena avvenga con gusto e qualità, proprio ciò che si è verificato in questa occasione, grazie alla eccellente produzione del Teatro Al Massimo di Palermo, con la direzione musicale di Diego Cristoforo, sotto la supervisione artistica di Aldo Morgante, e per la regia di Umberto Scida, con l’unica pecca (ancora una volta in questo teatro) della musica registrata. Cin Ci Là è innanzitutto interessante per la trama, che, se pur caratterizzata ovviamente da leggerezza e vis comica, per l’argomento trattato poteva destare scalpore e scandalo all’epoca in cui fu rappresentata (1925).
Infatti l’argomento centrale è… il sesso, ovvero l’educazione sessuale che Cin Ci Là, attrice parigina disinibita e avvezza alla seduzione e all’adulterio, dovrà impartire, su richiesta del Principe di Macao Fon Ki – che in passato ha usufruito dei favori della esperta ragazza – al Principe Ciclamino, giovane che nulla conosce dell’amore, pensando che i bambini crescano sotto i cavoli, andato in sposo alla timida Principessa Myosotis, anch’essa completamente digiuna dell’argomento – gioca ancora con le bambole – per colpa di una blanda educazione del finto eunuco Blum ,già marito di Cin Ci La. Il problema è che fino a quando i due non consumeranno il matrimonio, a causa di una usanza in voga a Macao, il “Ciunkisin”, ogni attività nel regno è sospesa e vietata, da qui l’urgenza di svezzare i due giovani inesperti (oggi diremmo imbranati). Le cose si complicano per l’arrivo di Petit Gris, francese spasimante di Cin Ci Là, che finirà, per vendicarsi dei continui respingimenti dell’attrice, con “educare” la principessa Myosotis. Dopo una serie di equivoci e doppi sensi giungerà ovviamente il lieto fine per tutti. Se le musiche appaiono ormai un po’ datate, risultano ancora gradevoli all’ascolto la celebre “O Cincillà”, vero leitmotiv dell’operetta, intonata anche dal pubblico, invitato dal funambolico Umberto Scida (Petit Gris).
Molto bella l’aria di Myosotis “L’ultima bambola”, l’addio della principessa alla sua amatissima bambola, l’unico momento serio di tutta l’operetta. Il cast ha presentato cantanti/attori di elevata fattura: Leonardo Alaimo, tenore leggero nella parte dell’impacciato principe Ciclamino, Federica Neglia, bellissima voce a interpretare Myosotis. Bravissima Isadora Agrifoglio, una Cin Ci Là spigliata e brillante, dotata di una voce di tutto rispetto. Su tutti forse Umberto Scida – che è anche il regista dello spettacolo – un irresistibile Petit Gris, sempre volutamente sopra le righe, ottimo cantante, ballerino, attore, protagonista assoluto della scena. Tutti i comprimari comunque sono risultati assolutamente all’altezza, Cesare Biondolillo in Fon Ki, Principe di Macao; Riccardo Isgrò nella parte di Blum, il finto eunuco, educatore di Myosotis, già marito di Cin Ci Là; Micaela De Grandi, Giorgia Migliore, Giuseppe Montaperto e Luciano Falletta, nei panni di Dan, Den, Din, Don, Dun, ancelle ed eunuchi di corte (curioso il parallelo con la Turandot pucciniana, altra opera ambientata in Oriente, rappresentata l’anno successivo, ove i cortigiani si chiamano Ping, Pang, Pong). Una menzione particolare alla scenografia di Marco Giacomazzi, molto efficace nel rappresentare la Macao degli anni 20, con il palazzo reale cinese, impreziosito da draghi e lanterne, ed i colori rosso e nero prevalenti. Bellissimi i costumi di scena ad opera della Sartoria Teatrale Arrigo Milano, in particolare quelli di ispirazione cinese; efficaci ed eleganti le coreografie di Stefania Cotroneo. Ottimo infine il Corpo di Ballo del Teatro Al Massimo di Palermo, protagonista di numerose scene, in un’operetta ove la danza è componente essenziale.
Giovanni Franciò