Il lago dei cigni. La modernità di un classico

Il lago dei cigni. La modernità di un classico

Giovanni Francio

Il lago dei cigni. La modernità di un classico

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domenica 19 Novembre 2017 - 07:45

Una lettura emozionante del classico di Cajkovskij inaugura la nuova stagione musicale del Vittorio Emanuele

Venerdì è andato in scena al Teatro Vittorio Emanuele il famosissimo balletto di P.I. Cajkovskij, Il Lago dei cigni – inaugurando la stagione musicale del teatro messinese – eseguito dal Balletto di Milano (direttore artistico Carlo Pesta) per le originali coreografie di Teet Kask.

Primo dei grandi balletti (seguiranno La bella addormentata e lo Schiaccianoci), di P.I. Cajkovskij, fu eseguito la prima volta al teatro Bolsoj di Mosca nel 1877 con esito quasi fallimentare, anche a causa della scarsa qualità dei ballerini e della modestia della coreografia. Successivamente, nel febbraio 1894, grazie a Marius Petipa, il balletto fu riproposto nel solo secondo atto al teatro Marijnskij dell’odierna San Pietroburgo, e fu un enorme successo, ma non al cospetto di Cajkovskij, morto precocemente qualche mese prima. Si tratta di uno dei balletti più celebri ed eseguiti di tutti i tempi, in cui troviamo fra le musiche più ispirate del musicista russo. L’elemento fantastico e fiabesco dà modo a Cajkovskij di esprimere tutta la sua migliore vena malinconica e crepuscolare. Con il Lago dei cigni si porta al massimo livello l’evoluzione del balletto che aveva avuto come precursore Giselle del musicista francese Adam – balletto a cui il musicista russo assistette a soli dodici anni e ne fu enormemente colpito. I passi di danza non sono più episodi staccati e fine a se stessi ma fanno parte di uno sviluppo unitario, un elemento del dramma musicale. In Cajkovskij la musica non si limita ad essere mero accompagnamento dei passi di danza ideati dal coreografo, ma assurge a principale protagonista, raggiungendo una intensità di espressione ed una raffinatezza nell’orchestrazione mai udite prima nei balletti romantici francesi, ed infatti dal Lago dei cigni, come del resto dagli altri due grandi balletti di Cajkovskij, è stata tratta una suite per orchestra, che comprende i brani più belli (il tema del cigno, l’elegantissimo valzer iniziale, la famosa danza dei piccoli cigni, ecc.) ancora oggi molto eseguita, anche se non fu realizzata da Cajkovskij. Costituisce sempre un azzardo reinterpretare un balletto classico, dal momento che il pubblico di tutto il mondo ha ben presente la tradizionale coreografia di Petipa, con i passi di danza ormai repertorio classico di ogni corpo di ballo. Per creare un quid novi era necessario rileggere in chiave moderna la vicenda, e l’esperimento del corografo estone può considerarsi senz’altro riuscito, anche se in alcuni momenti, come ad esempio la celebre danza dei cignetti, non si può che rimpiangere il famosissimo passo a quattro ideato da Petipa. La favola, resa immortale dalla musica del grande compositore russo, nella sua versione tradizionale narra la vicenda del principe Sigfried per il compleanno del quale la regina dà una festa al castello, per permettere al figlio di scegliere la sua futura sposa. Il principe però non ha voglia di conoscere le fanciulle invitate al ballo, e preferisce andare a caccia. A questo punto fa la sua prima apparizione il meraviglioso tema, lunare e romantico, motivo celeberrimo e indimenticabile, vero leitmotiv di tutta l’opera, che rappresenta i cigni, ovvero le fanciulle trasformate in cigno da un incantesimo del mago Rothbart, che riprendono le loro vere sembianze solo di notte. Fra queste c’è Odette, che racconta a Sigfried del suo triste destino, ed è amore a prima vista. Solo chi amerà la fanciulla di un amore assoluto e fedele potrà rompere l’incantesimo. Il principe allora invita al ballo la fanciulla, ma al suo posto si presenta Odile (il cigno nero) accompagnata dal padre, (il mago), identica a Odette. Sigfried cade nell’inganno e la sceglie come sposa, ma proprio in quel momento da una finestra del castello si vede Odette trasformata in cigno, Sigfried la riconosce e si precipita a cercarla.

L’ultimo atto raffigura la lotta fra il principe Sigfried ed il mago (le forze del bene contro quelle del male) e naturalmente la forza dell’amore assoluto trionferà sul maligno. La lettura del balletto da parte del coreografo Teet Kask, in chiave moderna, rappresenta Sigfried appartenente ad una ricca famiglia borghese, ove il padre, come da costume di questo genere di famiglie, intende procurare al figlio una buona moglie, organizzando un ricevimento ad hoc, in cui è grande protagonista l’amico di Sigfried, Benno – che nella versione classica impersona il buffone di corte – un bravissimo e applauditissimo Alessandro Torrielli. Sigfried però, giovane di sensibilità artistica, interpretato da un elegante e aggraziato Federico Mella, si oppone al volere del padre, per inseguire il suo sogno di amore. Il suo migliore amico, Benno, fedele anche nel sostenere i desideri di Sigfried, diventa un personaggio chiave nella vicenda, in quanto accompagna al ricevimento una misteriosa dama bianca, la donna della quale il giovane potrà innamorarsi, contro la volontà del padre. Caduto in un sonno profondo, il resto del balletto si svolge nell’ambito di un sogno fantastico, in cui la dama bianca assume le sembianze di un cigno, schiavo dell’incantesimo del mago malvagio, e tutto il sogno rispetta la vicenda tradizionale, con gli abiti bianchi dei cigni, i passi di danza classici, anche se spesso diversi dalle celeberrime coreografie di Petipa, dal quale il coreografo si discosta totalmente, per ovvi motivi di narrazione, nella prima parte e nell’ultima, dopo il risveglio. Il sogno vede l’amore trionfare trasfigurato nella morte, ma il risveglio vede il desiderio sognato realizzarsi, con Benno che reca all’amico la sua dama bianca. Il balletto, che ha da sempre rappresentato il simbolo della vittoria del bene sul male, della purezza dell’amore assoluto sull’inganno, in questa lettura rappresenta piuttosto la ribellione ai voleri dell’autorità per perseguire i propri sogni ed ideali. Combattere il male assume ora il significato di scontrarsi con il “sistema”, che impedisce la realizzazione dei propri sogni, e non è un caso che il padre e il mago nel sogno si confondono, sono interpretati dallo stesso ballerino, il bravissimo Alessandro Orlando, che interpreta il padre – senza danzare, nel rispetto della tradizione – intento a fumare la pipa, mentre danza meravigliosamente nel personaggio del mago Rothbart. Ottima la prova dei singoli danzatori, brava anche Alessia Campidori, nel doppio ruolo del cigno bianco e del cigno nero, nel complesso il corpo di ballo di Milano ha convinto forse meno nelle scene d’insieme, apparse talora (volutamente?) asimmetriche; in generale gli elementi maschili del corpo di ballo sono sembrati più sciolti e a loro agio nell’esecuzione dei passi di danza.

La scenografia di Marco Pesta, scarna ma efficace, ha visto il suo elemento focale nel gioco di specchi riflettenti le immagini dei danzatori, quasi a mettere in evidenza l’elemento fantastico del sogno di Sigfried. Molto eleganti i costumi di Akos Barat, soprattutto nel ricevimento del secondo atto. Teatro gremito, grande risposta del pubblico, che ha riservato un'ovazione per i singoli protagonisti, ottimo inizio per la stagione musicale (finalmente!) del nostro teatro.

Giovanni Franciò

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