Splendida esecuzione dell’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele per due fra i più amati Concerti di Wolfgang Amadeus Mozart e Fryderyk Chopin
Il primo febbraio 2015 moriva a Parigi l’indimenticabile Aldo Ciccolini, grandissimo pianista napoletano, al quale il concerto è dedicato. Solo pochi mesi prima di morire Ciccolini si cimentò in una grandissima interpretazione mozartiana a Torino, suonando tra l’altro il concerto per pianoforte e orchestra K 488 di Mozart. Non c’era modo migliore di ricordare il compianto artista che dedicargli un concerto, quello andato in scena il 16 marzo al Teatro Vittorio Emanuele, durante il quale è stato eseguito proprio il concerto K 488.
L’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele, diretta da Marco Alibrando con al pianoforte Mario Galeani, entrambi messinesi, hanno offerto al pubblico l’esecuzione di due fra i concerti più amati, il citato Concerto per pianoforte e orchestra n. 23 K 488 in la maggiore di Wolfgang Amadeus Mozart ed il Concerto n. 1 in mi minore op. 11 di Fryderyk Chopin. I due immensi compositori – Mozart e Chopin – per ragioni diverse hanno contribuito come quasi nessun altro all’evoluzione della musica per pianoforte, il primo con l’orchestra, il secondo come solista. Mozart compose ben 27 concerti per pianoforte e orchestra, dei quali uno per tre ed uno per due pianoforti, durante tutto il corso della sua vita, innovando totalmente il genere con il raggiungimento di un perfetto equilibrio fra piano e orchestra, e lasciando ai posteri una serie di capolavori che hanno elevato questo genere musicale a vette inaccessibili. Il pianoforte nei concerti mozartiani non ha più il ruolo di solista protagonista, pretesto per sfoggiare il virtuosismo del pianista di turno, mentre l’orchestra si limita ad un discreto accompagnamento, ma diventa parte integrante dell’orchestra stessa, con la quale ora dialoga, ora si alterna secondo lo schema di domanda e risposta, ora suona all’unisono con essa. Ciò vale in particolare per gli ultimi concerti composti, dei quali il K 488, il quint’ultimo, è, ad avviso di numerosi critici, il più perfetto. Il primo movimento: Allegro, con la sua splendida introduzione orchestrale “(…) certamente la più lunga e amabile melodia mai creata da Mozart” (H. King), vede il pianoforte dialogare in particolare (come del resto nel terzo movimento) con i fiati – si tratta di uno dei primi concerti in cui Mozart sostituisce l’oboe con l’amato clarinetto – con continue modulazioni tra la tonalità maggiore e minore, il che conferisce al brano una impronta allegra ma velata di malinconia. Il secondo movimento, un Adagio al posto del consueto andante, in ritmo di Siciliana, costituisce il cuore del concerto. Qui Mozart, nella rara tonalità di fa diesis minore, esprime i suoi sentimenti più intimi, facendo seguire al primo tema, dolce ed introspettivo, cantato solo dal pianoforte, la risposta dell’orchestra, un tema struggente e doloroso. Si tratta probabilmente di uno dei brani più intensi ed accorati mai composti, tragico ma mai patetico, nello stile del grande compositore salisburghese. Il terzo movimento – Allegro assai – brioso e pieno di ritmo, con i fiati grandi protagonisti, spicca per la ricchezza di temi e per il perfetto equilibrio con il quale gli stessi vengono esposti, in un continuo dialogo fra solista e orchestra. Mozart eseguì questo capolavoro in pubblico al Burgtheater di Vienna nell’aprile del 1786, e fu l’ultima apparizione del grande musicista come solista a Vienna, in seguito la fortuna gli voltò definitivamente le spalle.
La seconda parte del concerto è stata dedicata al Concerto n. 1 in mi minore op. 11 di Fryderyk Chopin. Il grande musicista polacco ha veramente “fatto la storia” del pianoforte, tuttavia la sua straordinaria ispirazione e l’evoluzione della tecnica pianistica da lui raggiunta si è manifestata soprattutto nelle composizioni per pianoforte solo. I brani per pianoforte e orchestra invece risentono troppo della sua abilità pianistica, ed appaiono pertanto non equilibrati, con il solista che assume un ruolo nettamente preponderante rispetto all’orchestra. Questo accade anche per il concerto in mi minore, che in realtà è il secondo composto, ma fu dato alle stampe per primo e quindi è catalogato come n. 1. Il primo movimento – Allegro maestoso -, nonostante la lunga e maestosa introduzione orchestrale, vede il solista protagonista assoluto nello sviluppo di un secondo e un terzo tema dolci e ispirati, tipicamente chopiniani. Sul secondo movimento – Romanza: Larghetto -, lo stesso Chopin scrisse “(…) è come un sogno nel bel tempo di primavera, al chiaro di luna”. Il terzo movimento – Rondò: Vivace – richiama il ritmo del “Krakowiak”, danza popolare polacca, e dà la possibilità al solista d sfoggiare la propria abilità virtuosistica. Il concerto fu eseguito dallo stesso Chopin l’11 ottobre 1830 al Teatro Nazionale di Varsavia, con enorme successo, ma fu l’ultimo concerto che il musicista appena ventenne eseguì in patria, in quanto nel successivo novembre partì per Vienna e, a seguito dell’occupazione di Varsavia da parte dei russi, non fece mai più ritorno nell’amata Polonia.
L’interpretazione di entrambi i concerti, tutt’altro che semplici da eseguire, è stata caratterizzata da un percettibile rallentamento dei tempi, che, se ha permesso all’orchestra di limitare al minimo alcune imprecisioni (talora verificatesi in particolare nei tempi veloci del concerto di Mozart), ed ha consentito una buona resa del pianista, ha compromesso in parte la “verve” che caratterizza in particolare il terzo movimento del K 488, coevo a “Le nozze di Figaro” opera della quale dovrebbe avvertirsi la stessa freschezza e brillantezza. Mario Galeani è apparso assai convincente ed ispirato soprattutto nei tempi centrali dei due concerti, mentre l’esecuzione dei movimenti rapidi, pur se corretta e precisa, ha risentito un po’ della scelta rallentata dei tempi. Complessivamente buona la prova dell’orchestra del Teatro Vittorio Emanuele e della direzione di Marco Alibrando, che riesce sempre a mettere in evidenza i momenti topici dei brani. Una serata di grande musica, molto gradita dal pubblico, che ha applaudito con entusiasmo gli artisti concittadini. Galeani ha eseguito come bis un piccolo gioiello, il “Lento con gran espressione” senza numero d’opus, di Chopin, conosciuto (e pubblicato) come “notturno” in do diesis minore, un brano dolente e sconsolato, protagonista tra l’altro di una famosa scena del film “Il pianista” di Roman Polanski.
Giovanni Franciò