Pierfrancesco Favino: “Necessario un teatro per il terzo millennio”

Pierfrancesco Favino: “Necessario un teatro per il terzo millennio”

Domenico Colosi

Pierfrancesco Favino: “Necessario un teatro per il terzo millennio”

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giovedì 11 Febbraio 2016 - 13:35

Interessante laboratorio teatrale al Vittorio Emanuele con il cast dello spettacolo “Servo per due”. Favino: “Interpreto un Arlecchino atipico, non sono interessato ad una ricostruzione filologica del personaggio”

Esibizione corale per rompere il ghiaccio, poi una prova di ballo dagli esiti alterni. Il cast completo di “Servo per due”, guidato dal mattatore Pierfrancesco Favino, invade la Sala Consilli del Teatro Vittorio Emanuele per il laboratorio “Il gioco delle parti” organizzato in collaborazione con il progetto “L’Atelier” di Corrado Russo: si parte dalle note di “Baciami piccina” del Quartetto Cetra, i giovani partecipanti si fanno trovare pronti agli ordini dell’improvvisato direttore Favino mentre la compagna Anna Ferzetti prepara il coro femminile. Paolo Sassanelli osserva la scena in disparte con la consueta pacatezza, Favino mantiene le redini del laboratorio fino a improvvisare una breve lezione di teatro.

Lavoriamo in strutture immaginate per il ‘700”, ha esordito l’attore romano, “la nostra epoca non è riuscita ancora ad immaginare un teatro che ne rispecchi ambizioni, propositi e obiettivi. “Servo per due” si avvale dell’abbattimento della quarta parete per superare ogni barriera tra attore e pubblico; non è chiaramente una soluzione innovativa, ma ritenevamo corretto interpretare in questa direzione lo spirito della commedia dell’arte. Siamo in giro da due anni con due cast diversi, ogni replica si nutre del rapporto privilegiato con il pubblico presente in sala. La correttezza filologica? L’Arlecchino visto in questi anni è figlio dell’opera di Strehler, un lavoro filologico su Goldoni viene rappresentato oggi esclusivamente da alcune compagnie veneziane. Non ho il fisico del perfetto Arlecchino, sono interessato ad omaggiarlo solo con pochi tocchi legati alla tradizione, il resto fa parte di un lavoro diverso che proviene dall’adattamento inglese di Richard Bean. L’amore per Federico Fellini condiviso con Paolo Sassanelli ci ha condotti a trasportare la scena dalle faide tra gangster della Brighton anni Sessanta di Richard Bean alla Rimini del periodo fascista, un’epoca segnata da grandi innovazioni e da una musica oramai entrata a far parte del patrimonio culturale nazionale, dallo swing del Trio Lescano alle canzoni popolari del Quartetto Cetra”.

Un passaggio anche sulla lunga preparazione dello spettacolo: “La fase di elaborazione di “Servo per due” ha richiesto alcuni mesi di intenso lavoro per arricchire la struttura classica di nuovi stimoli adatti ad un pubblico moderno. Per questo spettacolo riceviamo tutti lo stesso compenso, il nostro intento è unicamente quello di fare un teatro popolare nel senso più puro del termine. Abbiamo svolto un lavoro di adattamento alla parte ispirato alla movenze del mondo animale: per il mio personaggio ho scelto lo spinone, ho provato ad imitarne il respiro e i movimenti oltre alla spasmodica attesa dovuta alla fame. Sono uno spettatore sin dalla più tenera età, il mio obiettivo è quello di coinvolgere le persone che si recano a teatro con un lavoro che non si areni mai in sterili lungaggini intellettualistiche: non credo che il pubblico odierno sia inferiore a quello del ‘700, con il passare delle epoche muta solamente la soglia dell’attenzione e la reazione agli stimoli proposti dagli attori in scena. Assassin’s Creed, in questo senso, può valere Omero, i videogiochi contengono altissime strutture narrative. Non è un caso che gli sceneggiatori di questo tipo di prodotti siano meglio retribuiti dei colleghi impegnati per il cinema”.

Domenico Colosi

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