Ritorna a Messina il grande Ashkenazy in veste di direttore d’orchestra

Ritorna a Messina il grande Ashkenazy in veste di direttore d’orchestra

Giovanni Francio

Ritorna a Messina il grande Ashkenazy in veste di direttore d’orchestra

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giovedì 29 Novembre 2018 - 06:56

Il grande musicista russo condurrà l’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele con il figlio Dimitri clarinetto solista.

Ritorna al Teatro di Messina, dopo la sua performance dell’anno scorso (primo giugno), il grande Vladimir Ashkenazy, che questa volta si esibirà in qualità di direttore d’orchestra, conducendo la nostra Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele in un programma ambizioso e di grande interesse, che avrà luogo venerdì 30 alle ore 21,00.

Insieme a Vladimir sarà protagonista il figlio, Dimitri (un altro figlio, Vovka, pianista, lo abbiamo apprezzato quel primo giugno in esibizione col padre in brani per pianoforte a quattro mani eseguiti su due pianoforti), eccellente ed affermato clarinettista, che si è esibito in varie prestigiose sale da concerto del mondo.

Vladimir Ashkenazy non è solo uno dei più grandi pianisti viventi, ma anche uno straordinario direttore d’orchestra, e nella sua carriera ha diretto celebri compagini orchestrali come ad es. la Royal Philharmonic Orchestra, la Deutsches Symphonie Orchester di Berlino, l'Orchestra Filarmonica Ceca, per cui averlo a Messina anche in questa veste, dopo averlo ammirato come pianista, rappresenta veramente un grande privilegio per la nostra città.

Qualche nota sui brani in programma, tre famosissimi e splendidi capolavori. L’Ouverture da “Le nozze di Figaro” K 492 di Wolfgang Amadeus Mozart è un brioso pezzo di apertura che nella sua brevità riesce a rendere alla perfezione il clima della “Folle giornata” raccontata nella celebre opera; Mozart riesce miracolosamente a riassumere con un breve brano l’atmosfera lieta e frizzante di quella che Brahms considerava l’opera perfetta, nonostante il brano non anticipi neanche un tema dell’opera stessa.

Il Concerto per clarinetto e orchestra in la maggiore K 622, ancora di Mozart, è senza ombra di dubbio il più celebre e sicuramente più bello dei concerti per clarinetto mai scritti, ed è anche l’ultimo brano orchestrale composto dal grande genio austriaco, appena due mesi prima di morire “Fino ad oggi non è nata altra opera che abbia reso così piena giustizia allo spirito di questo strumento; è un pezzo unico nel suo genere anche fra le composizioni concertistiche di Mozart” così si esprime il musicologo Paumgartner. Dedicato al suo amico clarinettista Anton Stadler, il concerto rappresenta il momento più alto di quella seconda giovinezza mozartiana, ove la musica si libera di ogni inutile apparato per ridursi all’essenziale, ed esprime quella leggiadra malinconia, quel sorriso amaro, quella sublime ironia tipica delle ultime composizioni di Mozart. L’atmosfera è molto vicina a quella del Flauto Magico, e anche il Concerto per clarinetto può essere considerato un inno alla fratellanza. Perfettamente equilibrato nei tre movimenti, presenta un continuo modulare da tonalità maggiore a minore, e sfrutta in maniera miracolosa il timbro dello strumento, creando effetti indimenticabili. Il momento più alto è forse raggiunto nel famoso “Adagio”, una pagina celestiale, ove la profonda intensità espressiva è raggiunta attraverso una sconcertante semplicità, un momento di purissima ispirazione.

La Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92 di Ludwig Van Beethoven rappresenta uno dei grandi momenti della storia della sinfonia. “Apoteosi della danza” la definì Richard Wagner, ed infatti è proprio il ritmo l’elemento caratterizzante di tutti i quattro movimenti di questo capolavoro. Composta nel pieno della maturità artistica del sommo musicista, la “Settima” presenta caratteri assolutamente nuovi ed inauditi rispetto a tutte le sinfonie che l’hanno preceduta. L’introduzione “Poco sostenuto”, con cui inizia il primo movimento, più lunga di ogni altra introduzione mai scritta prima, cede con esitazione al “Vivace” che finalmente sembra come liberarsi a poco a poco, con il suo ritmo puntato – una cellula tematica che caratterizzerà l’intero movimento – fino alla trionfale e trascinante conclusione. Il seguente splendido “Allegretto”, in la minore, dal fascino “indefinibile ed inquietante” secondo Carli Ballola, noto biografo di Beethoven, ha il ritmo di una marcia dal sapore fatale ed ineluttabile, sembra evocare una processione, e dopo un momento di relativa serenità consolatoria in maggiore, riprende il ritmo ineluttabile, fino al sinistro ed enigmatico accordo finale. Dopo un “Presto” dal carattere festoso e bucolico, ecco il vertiginoso finale “Allegro con brio”, un brano dal carattere quasi orgiastico, demoniaco, che ci trascina nell’apoteosi della danza. Il concerto è fuori abbonamento e rappresenta il primo appuntamento della stagione musicale del Teatro Vittorio Emanuele; è ovviamente un evento imperdibile per gli appassionati di musica.

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