“Da che mondo è mondo pigliar moglie è stato sempre un rischio, nel nostro caso mi sembra un’impresa temeraria”.
Eppure non doveva essere così temeraria questa impresa, perché il vecchio Arnolfo, signorotto della Catania secentesca, aveva trovato la sua personalissima soluzione per pigliar moglie: chiudere una bambina, la bella Agnese, in un convento per farla crescere “ingenua, illibata, innocente”, ma, soprattutto, “scecca”, salvo poi essere investito dalla dura realtà che ha nella forza irrazionale dell’Amore il suo rivolgimento delle vicende.
Ma l’Arnolfo andato in scena non è un Arnolfo qualsiasi e così Agnese: si tratta di Enrico Guarneri e Patrizia Pellegrino, immensi nello spettacolo “La scuola delle mogli” andato in scena sabato 03 e domenica 04 marzo al Teatro Annibale di Francia per la rassegna Espressione Teatro 2012, firmata Pietro Barbaro (anch’egli, insieme ad altri sette bravissimi attori, sulla scena).
Incontriamo i protagonisti: la simpatia di Guarneri è travolgente, la sua cultura disarmante; il sorriso di Patrizia Pellegrino la precede, è illuminante, radioso e gentile, così come lei.
Chiediamo ai due grandi attori di questa performance (che ha visto un grandissimo successo di pubblico a Roma e Napoli e che, ancora, divertirà la Sicilia con tappe a Catania, Palermo e non solo) di raccontarci un po’ dei loro personaggi, di come sono stati costruiti e la nostra chiacchierata diventa subito una lezione di teatro, di professionalità, di Passione.
Enrico Guarneri ci parla di questa “rilettura in siciliano”, questa “versione mediterranea” del capolavoro di Molière che non poteva essere riprodotto fedelmente perché “i tempi sono diversi, gli interessi sono diversi, quattrocento anni sono tanti, troppi”; ci racconta della lingua, dell’ “italiese o italiota” costruito ad arte adoperando le fattezze e i modi di dire della nostra isola, una lingua che si è servita di una trovata geniale per arrivare al pubblico di tutta Italia: la parola in vernacolo è stata “per la prima volta sulla scena contornata da un contesto di parole italiane” così da preparare il pubblico e poi, nelle situazioni successive, “spararsi la battuta” con un effetto sicuramente esplosivo.
Adesso che lo spettacolo arriva in Sicilia “terra teatrale, terra degli eccessi, di mare meraviglioso e fuoco spietato” la marca dialettale si fa più marcata, la battuta più mordace, l’allusione più ammiccante perché la sicilianità, anche nella lingua, “è solo un valore aggiunto”.
Il personaggio che Guarneri porta sulla scena ha un unico obiettivo “non vuole avere a che fare con una donna intelligente, deve essere abbrutita dall’ignoranza, deve rispettare le regole del matrimonio: occhi bassi, onore al marito e dal marito”, del resto, “al sesso maschio onnipotenza, al sesso femmina obbedienza”.
Ma la chiacchiera con Guarneri è anche altro: è una lezione a tutto tondo perché ci parla dell’importanza del dialetto, una variante “non di serie B” rispetto all’italiano e ne parla rimandando alle parole di Ignazio Buttitta che paragonava il dialetto e l’italiano all’acqua e al vino (“il vino è meraviglia, ci fa compagnia nelle sere di solitudine, ma l’acqua… l’acqua è la vita”); è un ricordo perché tra una battuta, un commento, una risata gentile, cita Lucio Dalla e la sua (ri)scoperta della dialettalità napoletana “arcaica, estremamente musicale” presso le isole Tremiti, a largo del Gargano; la chiacchierata con Guarneri è un’emozione che continua con il sorriso sgargiante di Patrizia Pellegrino, che si trucca mentre ci racconta che per lei è un onore lavorare, già da due anni, con Enrico Guarneri e la sua compagnia così affiatata.
La sua Agnese è una donna divisa tra la riconoscenza nei confronti di Arnolfo, che crede il suo salvatore da una vita di miserie, e l’amore travolgente per il giovane Orazio e poi, no, la sua Agnese non è una “scecca” (e questa parola pronunciata dalla sua voce così impostata, precisa, professionale, suona davvero particolare), ma legge, si informa, scrive, è una Agnese che l’attrice investe e personalizza con la sua napoletanità nativa, verace, prorompente.
Lo spettacolo è stato quanto mai dinamico: la scena, costruita su piani paralleli, ha reso tutto lo svolgersi della vicenda assai animato e vivace; sul palco, in cui si sono susseguite gags, scenette, scambi di persona, equivoci, ha padroneggiato, mattatore unico sempre sulla scena, Enrico Guarneri, un vulcano di emozioni ed energia, spalleggiato da una compagnia di attori sinergica e armonica.
Tutto è stati teatro di alta qualità: la scenografia, le musiche, le luci, i costumi e, sorprendentemente, persino l’inchino finale, il saluto al pubblico messinese, è diventato l’ennesimo, piacevolissimo, pezzo d’arte.
Prossimo appuntamento con Espressione Teatro 2012 il 24 e 25 marzo prossimi con i Petrolini di Palermo che porteranno sul palcoscenico del Teatro Annibale Maria di Francia “Poveri & illusi S.P.A.”.