Dai controlli sul telefono sarebbero emersi "gravi indizi" e un ruolo di comando secondo l'ipotesi investigativa
MESSINA – Ha diciotto anni, è siriano ed è sbarcato a Messina, con 222 migranti, dopo essere stato soccorso in mare a largo delle coste siciliane da un pattugliatore della Guardia di Finanza. Era l’11 marzo. In seguito ai primi controlli, ha attirato l’attenzione della Digos della questura di Messina. Tra dichiarazioni giudicate “contraddittorie”, controlli del telefonino e di alcune chat, recuperate malgrado fossero state eliminate, è maturata l’ipotesi investigativa di una sua possibile aderenza a una organizzazione terroristica di matrice jihadista operante in Siria, con ruoli di comando.
.Da qui, il 18 aprile, il fermo da parte della Digos, con l’accusa di associazione con finalità di terrorismo. In particolare, le indagini, coordinate e dirette dalla Procura distrettuale antimafia e antiterrorismo di Messina, supportate dal Servizio per il contrasto all’estremismo e al terrorismo esterno della Dcpp (Direzione centrale della polizia di prevenzione), con l’ausilio della Sezione della polizia postale di Messina, ha quindi consentito di recuperare i files che il fermato aveva “cancellato” dal device. Tra queste “numerose chat e contenuti mediatici inneggianti alla jihad da cui è emersa chiaramente la sua militanza, anche con un ruolo di comando intermedio, tra i siriani combattenti per Jabhat al Nusra”, sostiene la polizia.
In considerazione dei gravi elementi indiziari raccolti e del pericolo di fuga connesso all’imminente uscita dell’indagato dal Cpr, Centro di permanenza per rimpatrio, la Procura messinese ha emesso un provvedimento di fermo che il giudice per le indagini preliminari di Caltanissetta ha convalidato.
Queste sono le risorse tanto acclamate dalla sinistra.