«The Social Dilemma», il documentario di cui tutti parlano

«The Social Dilemma», il documentario di cui tutti parlano

Giacomo Maria Arrigo

«The Social Dilemma», il documentario di cui tutti parlano

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domenica 11 Ottobre 2020 - 17:06

Tutti parlano del documentario su Netflix "The Social Dilemma": una accattivante denuncia del lato oscuro dei social.

“Nulla di grande entra nella vita dei mortali senza portarsi dietro una maledizione”. Con questa citazione di Sofocle nell’incipit si apre The Social Dilemma, ultima pellicola del trentaseienne Jeff Orlowski. Disponibile già da qualche settimana su Netflix, The Social Dilemma è un documentario sulle conseguenze nefaste dei social network, una interessante messa in scena delle contraddizioni che giornalmente viviamo su Facebook, Instagram e Twitter. Ad apparire sullo schermo sono alcuni protagonisti dell’evoluzione tecnologica (programmatori e dirigenti di Google, Pinterest, YouTube, Instagram, Facebook) che parlano e discutono che sì, le intenzioni erano buone, ecco, però… E su quel “però” cala subito un silenzio imbarazzante. «Eravamo partiti con altre intenzioni, poi la situazione ci è sfuggita di mano», dicono quasi in coro.

L’assunto è il seguente: se il servizio è gratis, il prodotto sei tu. Intorno a questa asserzione ruota un insieme di riflessioni provocatorie e curiose, alcune già note, altre meno scontate. Ad esempio, l’informatico e saggista Jaron Lanier dice: «Il prodotto non siamo noi, è la possibilità che le piattaforme hanno di cambiare il nostro comportamento». Una cosa è certa: siamo sempre incollati allo schermo. «Se ti guardi intorno, hai la sensazione che il mondo stia impazzendo. Viene da chiedersi: è normale? O siamo tutti vittime di un incantesimo?»: questo dice Tristan Harris, che a Stanford ha studiato etica della persuasione e in Google ha co-inventato la posta elettronica Gmail.

Sono aumentati i casi di autolesionismo e di suicidi fra gli adolescenti e i preadolescenti americani dal 2009, il momento in cui i social sono arrivati sui cellulari. Le tensioni sociali e la polarizzazione politica nei principali paesi occidentali è diventata quasi insormontabile. La disinformazione, le fake news e i complottismi (tra cui il celebre terrapiattismo) girano sul web più velocemente di qualsiasi notizia reale. Questi sono esempi dell’azione sotterranea, nascosta ma presente, attiva e persistente degli algoritmi sui principali social network: il loro funzionamento sembra così condurre l’intera popolazione mondiale verso la catastrofe generale.

E in tutto questo, i giganti del tech sono interessati a trarre profitto dalla quantità di ore in cui le persone vengono tenute incollate allo schermo. Una distopia, quella che viviamo, legata indissolubilmente all’utopia della iper-connessione di tutta l’umanità. Altro che Isaac Asimov o Philip Dick: la realtà, sembra suggerire The Social Dilemma, è molto più nera perché subdola e ambigua.

Al termine del documentario il regista ha voluto lasciare indicazioni precise per vivere al meglio l’esperienza social senza incappare in trappole insidiose e abusi. Eccole elencati:

7 CONSIGLI PER GESTIRE I SOCIAL IN MODO CONSAPEVOLE (DA CHI PER I SOCIAL CI LAVORA)

– Eliminate tutte le app che fanno perdere tempo e disattivate le notifiche che distolgono l’attenzione per informazioni che non sono essenziali in quel momento. È lo stesso motivo per cui è meglio non tenere dei biscotti in tasca!

– Non accettate video consigliate da Youtube, siate voi a scegliere.

– Prima di condividere qualcosa verificate la fonte, analizzate i fatti, fate qualche ricerca in più per non cedere solo all’emotività.

– Assicuratevi di ricevere diversi tipi di informazione, seguite anche persone con cui non siete d’accordo, così da essere esposti a diversi punti di vista.

– Molte persone che lavorano nella tecnologia non lasciano usare i social media ai loro figli.

– Lasciate tutti i dispositivi fuori dalla camera da letto a un’ora precisa ogni sera.

– Stabilite un tempo di utilizzo ragionevole dei social e della tecnologia, per voi o per i vostri figli.

Un commento

  1. Lo dico da testimone dell’involuzione di internet da quando 10 anni fa hanno preso piede le reti sociali: Facebook è il male.
    È il grande fratello dal volto amichevole, che ti spinge a rivelargli tutta la tua vita, morte e miracoli, facendo accumulare profitti faraonici al sig. Zuckerberg.
    Permette a un qualsiasi minus habens di ottenere più visibilità e influenza di dieci premi Nobel.
    Crea dipendenza e mentalità di gregge come null’altro al mondo, tirando fuori il peggio dalle persone (rabbia, esibizionismo, bullismo, pontificare su cose di cui non si ha la minima cognizione, ecc.).
    Causa scollamento tra la vita virtuale e quella reale, generando aspettative irrealistiche e senso di frustrazione.
    Fornisce una formidabile piattaforma ad ogni genere di populismo, dando l’illusione che il leader sia a diretto contatto con la base, togliendo di mezzo ogni intermediario e modellando il discorso politico sui mutevoli umori della massa.
    Non è cattivo uso di una tecnologia, ma è una tecnologia nata proprio per assecondare l’ipertrofia dell’ego e l’eclisse della ragione a fini di puro guadagno.

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