Tirocinanti calabresi "siamo schiavi del lavoro nero legalizzato"

Tirocinanti calabresi “siamo schiavi del lavoro nero legalizzato”

Davide Gerace

Tirocinanti calabresi “siamo schiavi del lavoro nero legalizzato”

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giovedì 26 Novembre 2020 - 12:20

Sono circa settemila tra uomini e donne che lavorano senza nessuna sicurezza di essere assunti

Persone che sopperiscono alla cronica carenza di personale nei settori in cui si trovano ad operare, ma al contempo non hanno quelle garanzie che spettano a ciascun lavoratore ma sono schiavi di quel sistema chiamato “lavoro nero legalizzato”, questo è il dramma che devono subire circa settemila tirocinanti calabresi che operano presso Enti Pubblici ,Privati e presso Ministeri (Miur, Mibact, Giustizia)e ora hanno deciso di alzare la voce. Non hanno ricevuto nessun aiuto nemmeno dall’attuale  giunta regionale di Centro-Destra calabrese la quale ha espresso soltanto il non interesse per questa vertenza.

Sono molte le domande che questi tirocinanti si chiedono “qual è il motivo per cui manca una legge regionale varata da parte della Giunta regionale calabrese a tutela di queste persone? Che fine hanno fatto le promesse di storicizzazione per questa categoria di veri e propri precari? Perché il Governo Centrale PD-M5S (ci sono state anche alcune interpellanze sulla questione n. b.) continua a preferire la via del silenzio-assenso (in termini legislativi ma soprattutto in termini di legge di bilancio n. b.) senza dare risposte a questa innumerevole fetta della popolazione calabrese in termini di garanzie di lavoro concrete dopo anni di precariato, mentre ha potuto dare risposte concrete ad altre categorie di lavoratori? Per quale motivo in Calabria c’è la prassi dell’assunzione per chiamata diretta da parte dei politici locali mentre dei settemila tirocinanti calabresi interessa solo quale “sostanzioso” bacino di voti?. Tutto ciò vi sembra poco per frenare gli animi “anche più pazienti e benevoli” in termini della più assoluta ilarità e sconcerto?”. Molti tra questi lavoratori sono madri o padri di famiglia, numerosi ultra cinquantenni con molte famiglie monoreddito che ormai non sopportano più questa condizione di precarietà.

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