Qualche polemica e tanta curiosità per il primo cannabis shop di Milazzo, abbiamo provato a fare chiarezza con l'aiuto dei gestori del negozio nella centralissima via Umberto I
In molte parti d'Italia si riscontrano le aperture di questi nuovi punti vendita di "cannabis legale", degli store che, muovendosi nei margini della nuova normativa, avvicinano i consumatori delle droghe cosiddette leggere.
Si tratta della vendita dell'infiorescenza di cannabis sativa, possibile grazie alla legge 242 del 2016, che normando nello specifico la produzione della filiera della canapa, consente questa vendita.
A Milazzo in questi giorni ha aperto il primo punto vendita di infiorescenze di cannabis sativa che sulle etichette specifica che la vendita "non è destinata all'uso umano." Ma anzi si legge "ad uso tecnico, collezionistico, decorativo e per gli usi previsti dalla legge 242."
Insomma una furbizia retorica, una contraddizione normativa: vendere i fiori ma non consumarli. Nel caso specifico del punto vendita di Milazzo, il limite del Thc – la sostanza stupefacente della canapa – è ben al di sotto della soglia dello 0,5% consentito dalla legge. Per la ditta del Milae Weed Srl si tratta, come specificato sulla etichetta, di una percentuale dello 0,09% di thc e di 2,04% di Cbd (quest'ultima sostanza non sanzionata dalla legge).
Ed è proprio di cbd che sarà fatto l'olio che il negozio di Milazzo presto metterà in vendita. Si tratta di una estrazione dalle infiorescenze diluito in olio d’oliva, anche qui l'uso non è alimentare.
Tutti gli articoli dello shop sono quindi oggetti da collezione, al massimo per profumare gli ambienti.
Ci precisa il personale del negozio che per scelta aziendale anche l’ingresso è solo per persone maggiorenni. E questo nonostante il rumore che ha scatenato questa apertura nel centro di Milazzo, soprattutto per qualche genitore preoccupato. In attesa di una normativa in grado di far luce, questo tipo di sostanza rientra però nei criteri del Ministero della Salute e, nonostante non sia previsto l'uso umano o alimentare, non può quindi danneggiare il consumatore "informato."