La catanese racconta: "C'è tanta voglia di tornare a casa". E così la rete che ha messo in piedi con centinaia di siciliani rientrati alla base rilancia offerte di lavoro e attività
Tutto è partito da un blog dal titolo “Tornare in Sicilia: si può (?)“. Un nome emblematico a metà tra una domanda e un’affermazione. E non è un caso, perché Chiara Crisci, la fondatrice del sito, ha deciso di raccontare le storie di chi è tornato a vivere sull’Isola, a “casa”, dopo anni lontano. Lei stessa ha vissuto in Spagna per anni prima di tornare e tramite il blog ha avviato quella che sarebbe diventata in pochi mesi una community sempre più grande, che continua a espandersi a macchia d’olio da Catania in tutte le altre città, Messina compresa. Non a caso il gruppo Telegram “Destinazione Sicilia”, a cui fa capo il movimento, si ingrandisce sempre di più e ora conta centinaia di persone.
Chiara ha vissuto 8 anni in Spagna
Lei stessa ha una storia di ritorno “a casa”, in Sicilia. Originaria di Palagonia, in provincia di Catania, nel 2016 ha deciso di partire insieme al marito, verso Gran Canaria in Spagna. Ma durante la pandemia di Covid-19 l’idea di tornare ha preso piede e dal 2022 ha progettato il suo ritorno, di fatto completato nel corso del 2024: “Negli ultimi 8 anni ho vissuto in Spagna, a Gran Canaria, ma già dal Covid in poi, insieme a mio marito, ho maturato la decisione di voler tornare. Da quel momento in poi, da quando questa decisione è diventata concreta nel 2022, ho deciso di avviare questo blog. Uno spazio in cui raccontare da una parte la mia storia, il rientro con le varie tappe e i motivi che mi hanno spinto a voler tornare, e dall’altra parte, parallelamente, costruire una rete di persone. Ero consapevole che al mio ritorno non avrei trovato gli amici di sempre perché anche loro sono sparpagliati in giro o magari avrei trovato persone non più allineate a me e al mio modo di pensare. Quindi con questa rete puntavo a costruire un network di persone che hanno fatto la mia stessa esperienza, che sono state fuori e sono tornate, in modo da potersi confrontare e anche supportare nelle fasi di rientro”.
Dal blog al primo meetup a Catania
“Tramite il blog – ha raccontato a Tempostretto – ho conosciuto un altro ragazzo che stava rientrando in Sicilia, Giovanni Giambarresi, che aveva un podcast insieme a una sua amica (Alessandra Finocchiaro, ndr) in cui racconta storie positive di siciliani, si chiama ‘Portavoci’. Ci siamo conosciuti proprio in questo momento di rientro in Sicilia e mi ha chiesto se ci fossero meetup a Catania, proprio per conoscere qualcuno appena rientrato. Io non ho saputo rispondere, ma gli ho detto che se non ci fosse stato l’avremmo ideato noi: così è stato. Nel 2023 abbiamo realizzato il nostro primo evento a Catania. È nato come un incontro informale, di confronto e di networking. L’evento è piaciuto e abbiamo scoperto che i siciliani tornati a casa erano molti di più di quello che pensavamo, così abbiano iniziato a organizzare un incontro al mese. E via via li abbiamo strutturati sempre di più, anche in nuovi formati con ospiti e aziende da intervistare. Da questo piccolo gruppo di ‘fedelissimi’ ci siamo allargati e oggi è una vera community con un gruppo Telegram, Destinazione Sicilia, con quasi 400 persone da diverse province: oltre Catania ci sono Messina, Trapani, Siracusa, Caltanissetta. Così i meetup si sono diffusi, aiutando chi voleva organizzarne in altri città. Ci sono stati due eventi su Messina, due a Marsala, tre a Ragusa. È diventato un movimento. Il messaggio è che non si parte soltanto, ma si torna. E a tornare sono davvero in tanti”.
Da 15 a 70 persone a ogni evento
Il gruppo Telegram è diventato quasi un quartier generale virtuale per i membri della community: “È organizzato in chat provinciali e le persone che partecipano possono promuovere eventi o offerte di lavoro, ma anche confrontarsi o proporre idee. Il bello è che spesso nascono rapporti personali o di lavoro da un semplice messaggio. Il primo evento del marzo 2023 era organizzato per 15 persone, partito dalla semplice conoscenza e passato poi al dibattito su alcuni temi. Già all’evento del settembre successivo siamo passati a 70 partecipanti. Un bel salto. C’erano anche aziende del territorio che hanno raccontato le loro storie. Ce ne sono stati altri. Fino all’ultimo del mese scorso con ospiti il ceo di un’azienda catanese che offre anche dei bonus monetari a chi sceglie di tornare in Sicilia per lavorare da loro e il professore Rosario Faraci dell’Università di Catania che ci ha raccontato un po’ la situazione imprenditoriale siciliana e parlato di come le aziende potrebbero diventare un attrattore per il rientro di cervelli. In questi eventi su Catania diamo sempre un taglio diverso, a volte sono più dinamici con dibattiti e interventi, altre volte sono informali o frontali”.
I profili di chi torna: “Quasi tutti dai 28 ai 48 anni”
Ma quali sono i profili? Chiara ha spiegato: “Ho tirato fuori alcuni numeri proprio in occasione del Sud Innovation Summit di Messina di qualche settimana fa. In maniera orientativa le fasce d’età più interessate sono dai 28 ai 38 e dai 38 ai 48 anni, senza troppe differenze di genere. I motivi del rientro perlopiù sono familiari, personali, legati alla qualità della vita. È meno frequente che qualcuno torni per un’offerta di lavoro. Per quanto riguarda l’inquadramento professionale, invece, ci sono tantissime persone che tornano in Sicilia ma lavorano da remoto per aziende italiane o straniere. Sono spesso profili molto tecnici che in Sicilia faticherebbero a trovare lavoro nel loro campo. Ma ce ne sono anche tante che hanno trovato lavoro qui. C’è anche chi ha deciso di tornare per mettersi in proprio, c’è un po’ di tutto”.
“Il rientro? Mi reputo fortunata”
Parlando della sua storia personale, invece, Chiara ha raccontato le sensazioni avute lontano e al rientro: “Il nostro è stato un ‘doppio’ ritorno, perché io e mio marito siamo andati insieme in Spagna e siamo tornati insieme. Com’è stato rientrare? Io mi reputo fortunata perché in Spagna ero una libera professionista e quando ho deciso di rientrare ero convinto di continuare a esserlo perché avevo poche aspettative rispetto alle possibilità lavorative, sebbene mancassi da 8 anni e magari non sapevo come si erano evolute le cose. Un anno e mezzo fa circa però ho incrociato la strada di ‘Isola Catania’, un’impresa sociale catanese. Ci siamo conosciuti a distanza e ci siamo piaciuti, diciamo. Mi hanno proposto di lavorare con loro e ormai lo faccio da più di un anno. Quando sono rientrata definitivamente l’ho fatto con la certezza di avere un lavoro, per questo mi reputo fortunata e per me il rientro è stato tra virgolette più semplice. L’essere arrivata a destinazione, dopo un paio di anni di progetto di rientro tra trasloco e organizzazione, mi rende molto più serena. Il blog è nato anche per questo: per preparare il terreno e arrivare con meno buio possibile”.
La differenze viste al ritorno: “C’è voglia di cambiare”
Rispetto alla Sicilia lasciata nel 2016, quindi, ci sono state differenze al ritorno? In parte sì, “ma non so se perché le cose sono cambiate o è cambiato il mio modo di guardare. Io sono rientrata con una consapevolezza critica diversa, legata all’aver visto quello che c’è fuori nel bene e nel male. Questo mi ha permesso da una parte di rivalutare la Sicilia e dall’altro di guardarla con un occhio critico, ma in chiave delle opportunità, delle possibilità che ci sono. Quando vai fuori e fai il confronto vedi anche cosa si potrebbe fare in Sicilia. Rientrando ho visto una differenza rispetto alla voglia di cambiare, progredire, al fermento che c’è. Non so se lo vedo perché è una novità o perché prima non frequentavo certi ambienti. Oggi vedo che c’è tanto a livello di iniziative a livello locale e questo mi fa ben sperare”.
Quindi bisognerebbe cambiare qualcosa, soprattutto nell’approccio alle cose e nella mentalità: “Io sono convinta che purtroppo o per fortuna siamo assuefatti all’arte, alla bellezza e alla natura. Purtroppo però spesso non la vediamo più, la diamo per scontata e quindi poi non siamo in grado di valorizzarla. Chi invece esce fuori dall’Isola e comincia a girare un po’, anche in Europa, si rende conto che chi meno ha meglio si vende perché quel poco che si ha viene sfruttato al massimo. Noi qui abbiamo talmente tanto che ci sembra tutto normale e forse non siamo in grado di venderci in maniera adeguata. Abbiamo l’oro nelle mani, ma non lo capiamo e non siamo in grado di usarlo”.
Il futuro della community: “Eventi in ogni città”
Il futuro e gli obiettivi della community: “Vorremmo riuscire a coprire quante più province possibili. A oggi il grosso della community è su Catania, ma ci chiamiamo Destinazione Sicilia, parliamo di Sicilia in generale e ci piacerebbe che le iniziative sul catanese fossero replicate in altre città. Intorno a questi eventi si muovono tante cose, conoscenze, relazioni, collaborazioni, progetti di ogni tipo. L’idea è di espanderci un po’ di più e stiamo valutando anche di darci una forma giuridica, una forma associativa per poter presentare progetti e chiedere finanziamenti, così da sviluppare anche idee più concrete. Il sogno? Che questa cosa, che è iniziata come ciclo di eventi, diventato una community e poi un movimento, arrivi sui tavoli di chi prende decisioni. Se a livello politico regionale ci fossero incentivi o progetti per favorire il rientro ci sarebbero risvolti a cascata. Io racconto le storie di chi torna, ma spesso mi trovo a parlare con chi ancora non è tornato ma vorrebbe e non riesce, perché non trova le condizioni giuste, che siano lavorative o di altro tipo, come asili nido o mezzi pubblici”.
Il messaggio: “Partite, ma con consapevolezza”
Infine, quale messaggio lancerebbe Chiara ai giovanissimi? “C’è un progetto che mi sta a cuore: vorrei parlare nelle scuole. Con ‘Isola Catania’ lo inizieremo a fare. E ciò che vorrei dire io ai ragazzi è di andare, ma solo se è una scelta consapevole e non per sentito dire. Molti vanno fuori in università che non hanno nulla di più dei nostri atenei. C’è chi va via solo perché gli altri vanno via, ma serve in realtà consapevolezza. E delle esperienze fuori va preso tutto, il bello e il brutto. Se poi si decide di tornare bisogna vivere il rientro non come un fallimento ma come un’opportunità. Spesso chi torna viene visto come un fallito, le prime reazioni sono le solite: chi te lo fa fare? Perché torni? Non è affatto un passo indietro, tornare, ma è fare molti passi avanti”.
Purtroppo non è proprio così e lo dico rammaricato. Qualche mese fa sono rientrato in Sicilia dopo anni all’ estero con l’idea di aprire una mia piccola attività. Purtroppo ho trovato solo gente senza voglia di fare, senza professionalità, nessuno riesce a dirti le cose come stanno, appuntamenti sempre in ritardo,chiami un “professionista” e dopo che gli spieghi tutto invece di trovare la soluzione ti allarga le braccia. Purtroppo tutto questo seguito da una burocrazia lenta e snervante a fatto si di prendere la decisione di andare a investire di nuovo fuori purtroppo. Mi dispiace davvero tanto ma sembra che si faccia di tutto per trovare problemi e no soluzioni. Forse ci ripenserò tra 10 anni.
Con tutto il rispetto..se riuscissi a trovare una ral annua di 28 30k euro sia io che mia moglie …probabilmente potrei valutare l idea di tornare.. probabilmente. Rinunciando però alla qualità della vita delle città del nord Italia. Quindi se dovessi scegliere…a parità di reddito rimarrei al nord pensando al futuro dei miei ragazzi. Il resto sono tutte chiacchiere.
Sim e Bah hanno perfettamente inquadrato il tema, almeno per quelle che sono l’esperienza e la percezione della maggioranza delle persone.
Tralasciando quelli che tornano perchè anche da altre parti non ce l’hanno fatta, uno torna se ha prospettive migliori rispetto ad altre parti. E secondo me questo a Messina è davvero improbabile.
Ma chi vi porta a tornare! Giovani se avete trovato un pezzo di lavoro e potete vivere, rimaneteci, non tornate a Messina, da anni vivo felicemente fuori ormai da 15 anni, ma chi vi porta, ricordatevi che ve ne pentirete.
Basta guardare la media delle retribuzioni. Il pubblico quanto guadagna a Cremona, guadagna a Parma ed è uguale a Messina o Enna. Motivo per il quale dopo aver vinto un concorso si riavvicinare al sud. E vivono dignitosamente a Messina. Nel privato è il contrario. Un privato guadagna quanto un impiegato pubblico. La possibilità e la necessità che lavori anche la moglie è alta, al contrario del sud Motivo per il quale con due stipendi anche importanti al sud non ci torna nessuno. Per non farsi sfruttare. Perché le opportunità per i figli sono alte e perché sinceramente…rinunciare al benessere per un po’ di focaccia e qualche bagno in più non ne vale la pena.