Presentato “Nel nome del Padre”, il docufilm della missione dalla Sicilia alla Libia dell’Associazione gli Angeli del Cuore. A realizzarlo il nostro Matteo Arrigo
TAORMINA – Strade deserte, case senza muri, scale che non portano da nessuna parte, desolazione e dolore, ma soprattuto tanta vita, rinascita, emozione, voglia di resistere e farcela tra le macerie, nonostante le macerie e anche grazie ad esse.
A raccontare tutto questo e molto di più è il docufilm “Nel nome del Padre”, la storia di una missione che parte dalla Sicilia e arriva in Libia, la storia di vite che si intrecciano, di vite che nascono e rinascono.
La missione in Libia
È stato mostrato in anteprima al Taobuk, presentato da Laura Silvia Battaglia, giornalista voce di Rai Mondo, alla presenza di Matteo Arrigo, videoreporter di Tempostretto, realizzatore del docufilm e di Sasha Agati, primario di cardiochirurgia pediatrica.
Il Taobuk quest’anno, infatti, giunto alla sua X edizione, festeggia parlando di entusiasmo. Un entusiasmo speciale è quello protagonista di questo racconto così speciale. L’entusiasmo del fare bene agli altri, del donare gratuitamente, come esprime la sua stessa radice etimologica che significa “Avere dio dentro di sé”. Perché fare bene agli altri, precisa Battaglia, ti riempie di un entusiasmo e di un’energia senza eguali.
È questo che motiva, da sempre, l’impegno dell’associazione “Gli Angeli del Cuore”, realtà no-profit al servizio delle missioni umanitarie per il trattamento chirurgico e cardiologico di pazienti in età pediatrica.
Ennesima avventura dell’associazione è proprio quella in Libia, cui si unisce Matteo Arrigo, dopo un incontro casuale, realizzando il sogno di raccontare il coraggio e le difficoltà di realtà lontane dalla nostra.
Ma non è un compito semplice quello di narrarle, per il quale, spiega Matteo: “preferisco sempre far un passo indietro e non avanti, so dove è giusto smettere di filmare. Non ero lì per rubare immagini, mi interessava raccontare ciò che vivono, la loro verità. Si entra così in contatto con chi incontriamo tanto da diventare gli uni parte del destino degli altri ”.
La storia della missione in una terra martoriata dalle guerre
L’inizio del viaggio è già tormentato, dovevano essere in 12 a partire ma a Fiumicino si ritrovano in sei. Era la paura il motivo delle assenze, una paura giustificata, poiché in quei giorni non si parla d’altro se non di crisi libica; gli scontri fra le truppe del generale Haftar e le forze militari del presidente Sarraj.
“Nel nome del Padre” è una storia fatta di immagini forti, dolorose, ma è una storia fatta soprattuto di persone, di incontri che cambiano la vita.
Come quello con Zuahir, un ventenne che ha visto tanto di più di quanto i suoi anni dovrebbero, ma che ha deciso di resistere e che vuole solo dare una mano. E lo fa da subito, offrendosi come interprete, senza volere nulla in cambio. Dal parabrezza distrutto della macchina di Zuahir, che resiste inspiegabilmente a tutti gli scossoni provocati dalle buche, visitano la desolazione dei luoghi, i loro tormenti, e ascoltano la sua storia.
Le grandi emozioni continuano e crescono in ospedale, all’arrivo di un papà e di una mamma, che dai vestiti ricordano tanto Giuseppe e Maria, e tra le braccia stringono il piccolo Yahiya.
Yahiya necessita di un intervento di trasposizione delle grandi arterie, patologia che normalmente viene curata nelle prime due settimane di vita, mentre lui aveva già 40 giorni, ed era dato quindi per spacciato. Ma la mamma e il papà, sapendo della presenza dei professionisti del team italiano, ripongono in loro l’unica speranza. E non si sbagliano.
La storia di Yahiya tocca subito il cuore di Sasha Agati, le loro vite si intrecciano, risvegliando in lui ricordi del suo passato, facendo sentire vivo il senso della sua missione quotidiana.
Le emozioni
Vite che sembrano così lontane dalle nostre ma sono in realtà vicine in tanti piccoli gesti ed espressioni di umanità, nei sorrisi e negli abbracci o nei più semplici pensieri come il portare, dopo ogni operazione, un vassoio pieno di pasticcini per ringraziare i medici.
Sasha Agati spiega come si scelga di partecipare alle missioni per dare qualcosa, ma in realtà ciò che si riceve è molto di più. “Si assiste alla vita che nasce e trionfa anche in mezzo alle macerie, alla la vita che è più forte di tutto” testimoniano sia Agati che Arrigo. Le immagini ne danno prova lampante, ne trasmettono le sensazioni, in questo docufilm unico, che fa sorridere e commuovere, capace di offrire uno sguardo del tutto nuovo ed inaspettato sulla Libia, sulla sua realtà e anche un po’ su tutti noi.
E Battaglia, infine, conclude: “il loro entusiasmo è una missione al servizio degli altri, dovremmo mandare meno bombe per il mondo e più medici”.
“Preferisco sempre far un passo indietro e non avanti, so dove è giusto smettere di filmare” ….Scevro da ogni forma sciacallaggio mediatico…..Questa è la descrizione della professionalità e soprattutto dell’umanità che distingue Matteo Arrigo…Avanti così…MAESTRO…