Il procuratore aggiunto di Messina ha riferito sui favori ai boss nelle carceri, all'alba delle stragi di Capaci. Il magistrato catanese, allora al Dap, fu tra i primi a "incapparvi".
Lunga audizione ieri pomeriggio a Roma del Procuratore aggiunto di Messina, Sebastiano Ardita, a proposito della trattativa tra gli otto boss al 41 bis e il Sisde, all’inizio degli anni ’90. Il magistrato catanese è stato ascoltato dalla Commissione Nazionale Antimafia presieduta da Rosy Bindi che si è posta tra i compiti quello di fare luce su una delle vicende più grigie della storia repubblicana, dopo che il Governo Renzi ha tolto il segreto sul così detto Protocollo Farfalla. Un protocollo che fu proprio Ardita a nominare tra i primi, a metà del decennio scorso, quando era ancora coperto da segreto di Stato. E sul quale ha riferito proprio qualche giorno fa a Palermo, sentito come testimone al processo sulla Trattativa a carico degli ex vertici del Ros.
Il Protocollo, da quel che sin qui è emerso, prevedeva che i contatti tra gli uomini di mafia nelle carceri, le loro dichiarazioni, le loro volontà di collaborare, venissero gestiti e riferiti direttamente agli uomini dei servizi segreti, senza essere comunicati all’autorità giudiziaria. Pochissimi ne erano a conoscenza. Ardita non era stato messo al corrente del Protocollo ma da numero due del Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria ne intuì l’esistenza, quando incappó in diversi permessi riconosciuti ai boss, apparentemente senza motivo, e nelle mancate comunicazioni degli uomini delle carceri ai magistrati.
Come quando Antonino Cutolo fu notato all’esterno del carcere di Sulmona, malgrado fosse al massimo rigore. L’attuale aggiunto di Messina, informato, lo riportó al 41 bis. Ma nessuno aveva informato i capi ufficio in Procura. Per questa vicenda la magistratura romana avvió una inchiesta e sequestró al Sisde proprio il documento noto come protocollo Farfalla. Ma fino ad oggi ogni tentativo di far luce sulla questione è caduto nel vuoto.
Oltre al mancato rinnovo di oltre 300 41 bis ai mafiosi, l’accordo che si ipotizza tra uomini dell’intelligence e i carcerati avrebbe previsto denaro contante e misure meno rigorose per loro. Almeno otto boss avrebbero accettato. In cambio che informazioni avrebbero offerto?
Proprio mentre Ardita deponeva in Commissione, il direttore dell’Aise, nelle stesse ore, veniva sentito al Copasir. Secondo il presidente Bindi il protocollo Fantasma non è più in vigore. Sull’argomento è stato ascoltato dai magistrati palermitani anche l’avvocato di Barcellona Pozzo di Gotto, Rosario Pio Cattafi.