Dissesto e Piano di riequilibrio a confronto. Gemelli diversi soltanto sui tempi

Dissesto e Piano di riequilibrio a confronto. Gemelli diversi soltanto sui tempi

Rosaria Brancato

Dissesto e Piano di riequilibrio a confronto. Gemelli diversi soltanto sui tempi

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domenica 15 Marzo 2015 - 23:04

Continuiamo ad approfondire gli aspetti legati al Piano di riequilibrio. In questa puntata metteremo a confronto le conseguenze per i messinesi con Il Piano di riequilibrio e con il dissesto. Scopriremo che in entrambi i casi le conseguenze su imposte, tasse, personale sono le stesse. Le differenze riguardano i creditori, gli amministratori incandidabili e il tempo per uscire dalla crisi che per il Piano è il doppio rispetto al dissesto.

Nelle scorse settimane ci siamo soffermati sugli aspetti politici legati all’approvazione del Piano di riequilibrio. Abbiamo parlato del “patto degli spaghetti aglio, olio e peperoncino”, quella maggioranza bulgara tra quellidiprima e quellidiadesso per essere quellichecisarannosempre, nonché di Accorinti ambasciatore del perdono che salva quellidiprima e assume su di sé e la sua giunta eventuali responsabilità, infine ci siamo occupati di alcune leggende metropolitane, come l’incandidabilità di quanti sono coinvolti nell’accertamento delle responsabilità amministrative, o la decadenza del Consiglio comunale in caso di dissesto (vedi articoli correlati). Adesso cercheremo di capire per le tasche dei messinesi, quali sono le differenze tra le conseguenze in caso di dissesto o in caso di Piano di riequilibrio. Nel caso di Messina dobbiamo verificare le conseguenze per i cittadini del Piano di riequilibrio con accesso al Fondo di rotazione,perché proprio questo accesso, come vedremo, rende più rigide le norme che il Comune deve rispettare.

Il quadro normativo di riferimento è il Tuel (D.L.gsv n°267 del 18 agosto 2000).

PIANO DI RIEQUILIBRIO

Il Piano di riequilibrio ha una durata di 10 anni e nel caso di Messina prevede la richiesta di accesso al Fondo di rotazione fatto questo che comporta una maggiore rigidità nelle conseguenze e nei controlli sull’applicazione delle misure previste. Il legislatore infatti, negli artt. 243 e successivi, disciplina i casi di Piano di riequilibrio con o senza accesso al Fondo di rotazione, ma in questa seconda fattispecie trasforma in obblighi molte misure che nel primo caso sono solo facoltà. In particolare, in aggiunta ad un nocciolo duro di provvedimenti da assumere obbligatoriamente è previsto che l’accesso al Fondo di rotazione è possibile solo a condizione che l’ente si sia avvalso della facoltà di deliberare le aliquote e tariffe nella misura massima prevista, che abbia previsto l’impegno ad alienare i beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini istituzionali dell’ente e che abbia provveduto alla rideterminazione della dotazione organica, ai sensi dell’articolo 259 (articolo questo che così come le massime tariffe si applica allo stesso modo nei casi di dissesto), fermo restando che la dotazione non può essere variata in aumento per la durata del piano di riequilibrio. L’’ente deve poi ridurre le spese di personale (dirigenziale e non) secondo alcuni parametri, ridurre nel triennio le spese per prestazione di servizi di almeno il 10% e del 25% quelle per trasferimenti ad altri enti, provenienti da risorse proprie di bilancio. E’ anche disposto il blocco dell’indebitamento, fatti salvi i mutui per il finanziamento dei debiti fuori bilancio pregressi. Quindi in base agli art. 243 (e seguenti, bis,ter, quater) le conseguenze sul piano finanziario saranno queste:

1)aliquote o tariffe dei tributi locali nella misura massima consentita

2)copertura integrale del servizio smaltimento rifiuti con i proventi della tariffa

3)copertura del servizio acquedotto con i proventi della tariffa

4)copertura dei costi di gestione dei servizi a domanda individuale

Il costo dei servizi a domanda individuale deve essere coperto con proventi tariffari in misura non inferiore al 36% (per gli asili nido al 50%),mentre la copertura per il servizio acquedotto è dell’80% e integrale per i rifiuti.

Chi accede al Fondo, lo abbiamo detto, vede tramutarsi in obbligo la facoltà di deliberare le massime aliquote e tariffe, l'impegno ad alienare i beni patrimoniali disponibili ed è obbligato alla rideterminazione della dotazione organica ai sensi dell'articolo 259, comma 6,lo stesso che si applica in caso di dissesto e che prevede che l’ente, ai fini della riduzione delle spese deve determinare la dotazione dichiarando eccedente il personale in sovrannumero rispetto ai rapporti medi dipendenti-popolazione. La spesa per il personale a tempo determinato deve inoltre essere ridotta a non oltre il 50% della spesa media sostenuta a tale titolo nell’ultimo triennio. Sono inoltre obbligatori:

1)la riduzione delle spese di personale, dirigente e non, relativamente alla retribuzione accessoria

2) la riduzione almeno del 10% delle spese per prestazioni di servizi,

3) la riduzione almeno del 25% delle spese per trasferimenti ad altri enti

4) il blocco dell'indebitamento, fatto salvo per i soli mutui connessi alla copertura di debiti fuori bilancio pregressi.

5)una rigorosa revisione della spesa con indicazione degli obiettivi di riduzione e una verifica dei costi dei servizi erogati e della situazione delle società partecipate e dei relativi costi e oneri a carico dell'ente.

L’ente è sottoposto a controlli sia per la copertura dei servizi di smaltimento rifiuti e acquedotto che per quelli a domanda individuale che per le misure che riguardano la pianta organica. Occorre altresì rivedere l’esposizione debitoria con il sistema creditizio e l’andamento delle opere pubbliche. Di rilevante importanza appare la revisione della spesa, con riferimento anche ai costi che ricadono sul bilancio provenendo dalle partecipate. Spesso gli enti sottostimano in bilancio gli oneri dei contratti di servizi e, a consuntivo, finanziano le perdite dei relativi servizi riconoscendo debiti fuori bilancio che potevano essere evitati, essendo sin dall’inizio ben noto il costo reale dei servizi. Nel piano di riequilibrio deve essere dimostrato che gli oneri dei contratti trovano copertura nel bilancio e devono essere consolidate le relative scritture contabili, dimostrando che le somme che le società iscrivono a credito nei confronti dell’ente, trovano corrispondente iscrizione fra i debiti di quest’ultimo. L’ente è infine sottoposto, per tutta la durata del piano, al controllo sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale.

Sui controlli semestrali da parte della Corte dei Conti in merito al Piano di riequilibrio e sulle conseguenze in caso di Piani light ed ipotesi di provvedimenti adottati per scongiurare o allontanare il dissesto ci siamo già soffermati nei precedenti articoli. In questa sede vogliamo invece raffrontare le conseguenze effettive per i messinesi in caso di default o con il Pluriennale.

IL DISSESTO

Gli articoli che disciplinano le conseguenze del dissesto sono il 248 e seguenti. Le prime conseguenze del dissesto riguardano i creditori. Viene infatti introdotto (art.248) il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti dell’ente e dichiarate estinte le procedure pendenti. Dalla data della deliberazione del dissesto le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate, non producono interessi né sono soggetti a rivalutazione automatica.

1)Non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell'ente per i debiti che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione ( cioè i commissari). Le procedure esecutive pendenti, nelle quali sono scaduti i termini per l'opposizione giudiziale da parte dell'ente, o la stessa e' stata rigettata, sono dichiarate estinte d'ufficio dal giudice.

2)I pignoramenti eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l'ente ed il tesoriere, che possono disporre delle somme per i fini dell'ente

3) I debiti insoluti e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi ne' sono soggetti a rivalutazione monetaria.

L’articolo 249 pone il divieto di contrarre nuovi mutui, con eccezione di quelli previsti all’articolo 255, (a copertura della massa passiva) e dei mutui con oneri a totale carico dello Stato o delle regioni. L’ente non può impegnare per ciascun intervento somme superiori a quelle previste nel bilancio approvato ed i pagamenti in conto competenza sono in dodicesimi (art. 250), con l’obiettivo di non aggravare la situazione debitoria.

Passiamo alle imposte e alle aliquote, art. 251

1)aliquote e tariffe nella misura massima consentita

2)copertura integrale del servizio rifiuti con proventi tariffari

3)copertura del servizio acquedotto con proventi tariffari

4)copertura dei costi di gestione dei servizi a domanda individuale

Come si vede sia nel Piano di riequilibrio che con il dissesto il capitolo tariffe è identico. L’ente deve deliberare aliquote e tariffe nella misura massima consentita,così come per servizi produttivi e canoni patrimoniali. Resta fermo, (comma 4) il potere dell’ente di deliberare maggiorazioni, riduzioni e agevolazioni, nonché di deliberare la maggiora aliquota all’imposta sugli immobili. Per la tassa di smaltimento dei rifiuti gli enti dovranno applicare le misure tariffarie che assicurino la copertura integrale dei costi di gestione del servizio. Per il servizio acquedotto la copertura non deve essere inferiore all’80% mentre per i servizi a domanda individuale il costo di gestione deve essere garantito nella misura prevista dalla legge non inferiore al 36% (50% per gli asili nido).

Passiamo poi al personale (art. 259- 260). L’ente ridetermina la dotazione organica dichiarando eccedente il personale in sovrannumero rispetto ai rapporti medi dipendenti-popolazione. La spesa per il personale a tempo determinato deve essere ridotta a non oltre il 50% della spesa media sostenuta a tale titolo nell’ultimo triennio.

L’ Ente poi (art. 259) deve riorganizzare i servizi di acquisizione delle entrate per eliminare l’evasione e assicurare l’effettiva riscossione delle entrate. E’ tenuto a compiere una rivisitazione delle spese, procedendo alla riorganizzazione dei servizi con criteri di efficienza, eliminando sprechi e inefficienze e deve verificare la situazione economico-finanziaria degli enti partecipati e delle aziende speciali.

Per il risanamento dell’ente (art. 255) lo Stato finanzia gli oneri di un mutuo, assunto dai commissari in un’unica soluzione, ammortizzato in 20 anni con pagamento diretto di ogni onere finanziario da parte del Ministero. L’importo viene calcolato tenendo conto di una quota per abitante.

I commi 5 e 5 bis dell’art. 248 infine riguardano gli amministratori che la Corte dei Conti ha riconosciuto, anche in primo grado, responsabili di aver contribuito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto. Il comma 5 prevede quindi che gli amministratori in questo caso sono incandidabili per 10 anni ad ogni livello (dalla circoscrizione al Parlamento europeo) e non possono ricoprire, sempre 10 anni, incarichi di assessore , revisore dei conti o rappresentante degli enti locali (quindi incarichi su nomina). Se riconosciuti responsabili di condotte dolose la Corte dei Conti irroga una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di 5 e fino ad un massimo di 20 volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione. Il comma 5 bis interessa invece il collegio dei revisori. Anche in questo caso se la Corte dei Conti accerta gravi responsabilità gli interessati non potranno essere nominati per 10 anni nel collegio dei revisori degli enti locali. L’incartamento sarà inoltre trasmesso agli ordini di competenza per eventuali provvedimenti disciplinari. Prevista la sanzione pecuniaria pari ad un minimo di 5 e fino ad un massimo di 20 volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione. Come già chiarito (vedi articolo correlato sulle leggende metropolitane) quanto previsto dall’art. 248 ai commi 5 e 5 bis non è automatico né scontato né immediato.

RIASSUMENDO: In entrambi i casi,Piano di riequilibrio e Dissesto gran parte delle conseguenze per i cittadini sono uguali, mentre le differenze riguardano eventuali conseguenze per i creditori e per gli amministratori per i quali è stata accertata la condotta grave nell’ambito del procedimento di responsabilità amministrativa.

Tariffe, imposte ed aliquote

In entrambi i casi è prevista l’adozione delle massime misure. Per quel che riguarda il servizio di smaltimento rifiuti la copertura integrale dei costi con i proventi delle tariffe,mentre per il servizio acquedotto la copertura dei costi in misura non inferiore all’80%. Uguali le disposizioni anche per i servizi a domanda individuale.

Personale

In entrambi i casi si applica l’art.259 che prevede la rideterminazione dichiarando in eccedenza il personale in sovrannumero rispetto alla media dipendenti-popolazione. Per il personale a tempo determinato è prevista una riduzione del 50% della spesa. Ma, con il Piano di riequilibrio con accesso al fondo di rotazione l’Ente è obbligato anche alla riduzione delle spese per il personale per retribuzione accessoria, nonché alla riduzione delle prestazioni dei servizi del 10% e del 25% per i trasferimenti ad altri enti. In entrambi i casi non si può aumentare la dotazione organica. In entrambi i casi c’è il blocco dei mutui se non per coprire la massa passiva pregressa.

Con il Piano di riequilibrio si accede al Fondo di rotazione di 10 anni (con pagamento delle rate da parte del Comune) mentre con il dissesto c’è un Fondo dello Stato da ammortizzare in 20 anni con pagamento diretto di ogni onere finanziario da parte del Ministero. Le differenze riguardano i creditori, perché nel Riequilibrio viene indicato uno schema di transazione, mentre nel dissesto le azioni esecutive vengono “congelate” e non se ne possono intraprendere di nuove, sono dichiarate estinte le procedure pendenti, gli interessi si fermano alla quota raggiunta fino alla data del dissesto. La seconda differenza riguarda gli amministratori che in caso di dissesto potrebbero vedersi preclusa la candidabilità.

C’è però una differenza non da poco tra dissesto e Piano e riguarda il tempo. Con il default i tempi per tornare all’equilibrio di bilancio sono calcolati in 5 anni (ma ad esempio Milazzo ne è uscito in 2 anni) mentre con il Pluriennale le misure, sempre che Messina le applichi e non scatti nuovamente l’iter per il dissesto, durano il doppio, ovvero 10 anni. Se poi non riusciamo a rispettare le misure correttive previste dal Pluriennale e scatta nuovamente, nel 2016, l’iter per il dissesto abbiamo prolungato l’agonia, e avremo iniziato un viaggio verso il default nel 2012 che non sappiamo quando e come si concluderà. Così alla fine,tra manovre anti-dissesto, Piano e di nuovo pre-dissesto, avremo soltanto allungato a dismisura i tempi della crisi senza risolverla, creando, paradossalmente, un dissesto-nondissesto lungo il doppio.

Rosaria Brancato

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