L'Inps non sarà parte civile al processo sulle truffe a Messina coi falsi certificati. La richiesta è arrivata tardi.
L’Inps non sarà parte civile al processo ai 34 tra medici, avvocati, operatori di patronati e altri professionisti imputati delle presunte truffe scoperte dai Carabinieri indagando sulla morte di Provvy Grassi.
Il processo è entrato nel vivo proprio ieri davanti ai giudici della I sezione Penale (presidente Silipigni) e la Corte ha estromesso l’Istituto pensionistico dalle parti civili perché la costituzione è stata presentata fuori tempo massimo. A sollevare l’eccezione sono stati gli avvocati Carlo Faranda, Bonaventura Candido ed Eugenio Foti.
Sarà un processo senza parti civili e senza risarcimenti, quindi, quello approdato ieri alla seconda udienza, celebrata nell’aula bunker del carcere di Gazzi e rinviata al febbraio del prossimo anno.
Al vaglio del Tribunale ci sono oltre 300 certificati considerati falsi e prodotti da un vero e proprio giro di medici in servizio nelle strutture pubbliche di Messina, Milazzo, Patti e Barcellona, operatori di patronati e avvocati pratici del settore, tra il 2014 e il 2016. Al centro delle vicende, il ruolo del padre della povera Provvy, Giovanni Grassi.
L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Rossana Casabona, riguardava inizialmente un numero maggiore di indagati, poi il cerchio è stato ristretto a 36 persone. Tra loro un dipendente dell’Inps e tre camici bianchi spesso impiegati come consulenti del Tribunale. A 15 di loro è contestata l’associazione a delinquere, agli altri singoli casi di truffa.
Alla prima udienza il Tribunale ha trasmesso a Reggio Calabria il fascicolo che riguarda uno dei medici e dichiarato il non luogo a procedere per un imputato nel frattempo deceduto.