Tutti rinviati a giudizio gli imputati per le presunte truffe con i bonus edilizi a Messina scoperte dalla GdF
Sono stati tutti rinviati a giudizio le persone coinvolte in una serie di presunte truffe ruotanti intorno ai fondi per il superbonus edilizio al 110%. Alla fine dell’udienza preliminare infatti la giudice Arianna Raffa ha accolto la richiesta del Pubblico Ministero Giuseppe Adornato e disposto che tutti vengano processati. La prima data dell’udienza davanti al Tribunale è fissata per il 20 novembre 20240.
Tutti i nomi
Alla sbarra ci saranno Antonino Barbera, il figlio Nicola, la nuora Silvia Lo Giudice, la moglie Felicia De Salvo, la sorella Domenica e il cugino Roberto Pisa. I reati vengono contestati anche alle società Baronbeld, Panconsul, Euconsul, Safinservice srl. Impegnati nelle difese gli avvocati Carlo Merlo, Nino Favazzo, Carlo Autru Ryolo, Paola Barbaro, Filippo Di Blasi, Denise Zullo, Alessandro Bille, Angela Martelli, Francesco Scacchi, Donatella Concetta Mileti, Fabio Militello, Valerio Antonino Miserendino, Pietro Ruggeri. Associazione finalizzata all’accesso abusivo ai sistemi informatici, truffa e tentata truffa, riciclaggio, sostituzione di persona e illeciti amministrativi i reati contestati a vario titolo agli imputati. La GUP Raffa ha ammesso quasi tutte le parti civili, buona parte dei pazienti di Barbera convinti, secondo l’Accusa, a consegnargli le credenziali informatiche per seguire le pratiche dei bonus edilizi. Una decina di richieste sono invece state rigettate per vizi di forma.
Barbera punta alla liberazione
Il principale protagonista delle vicende indagate dalla Guardia di Finanza, il dottore Antonino Barbera, attende intanto che il perito nominato dal giudice si esprima sulle sue condizioni di salute, per capire se sono compatibili o meno con la detenzione. Oggi Barbera è ai domiciliari.
Come funzionava la truffa
Secondo la Procura di Messina sono 43 le vittime, 42 persone e l’Amministrazione finanziaria dello Stato. Secondo la tesi dell’Accusa Barbera avrebbe convinto conoscenti e pazienti ad affidargli le credenziali informatiche per agevolare l’ottenimento dei crediti previsti per le ristrutturazioni al 110%, a fronte di lavori poi mai realizzati. I crediti così ottenuti, spiega l’Accusa, sono stati poi spostati dai cassetti fiscali degli interessati alle società intestate al medico e ai familiari. Una parte sarebbero già stati monetizzati, per altri c’è stato un tentativo fallito. Insieme agli arresti è scattato anche il sequestro preventivo fino a 37 milioni di euro.
No non si può processare un prigioniero politico che non riconosce lo Stato italiano, magari se tornassero i Borboni si potrebbe giudicarlo.