La caccia al pesce spada nello Stretto di Messina, un rituale antico che parla di amore incontenibile sino all'estremo sacrificio e di rispetto per il "padrone dello Stretto"
Mia nonna materna era figlia di un pescatore.
Seconda di dieci figli, cinque maschi e cinque femmine, crebbe tra barche, reti, coffe, esche, ami e racconti.
Meravigliosi racconti di mare i cui protagonisti assumevano nei suoi cunti un’aurea fantastica.Raccontava in dialetto mia nonna, la voce pacata, pochi gesti e molte pause.
Dalle sue parole sgorgavano immagini nitide, profumi intensi, emozioni forti.
Un viaggio oltre il tempo e la memoria, srotolato con l’eleganza grezza di una matassa di rafia colorata.
Tra i suoi cunti quello della pesca del pesce spada nello Stretto di Messina rimane per me indubbiamente quello più intenso.
Mia nonna raccontava di quel fratello pescatore che su quella barca aveva un posto di responsabilità.
Era ‘nta coffa e scrutava il mare.
E quando lo vedeva urlava “u pisci spada..cca cca…pigghiulu, pigghiulu…puru u masculu c’è…prima a fimmina e poi u masculu…pigghiulu, pigghiulu…”
E il pescatore che correva lungo la passerella, che lanciava l’arpione e u pisci che smaniava.
E quel mare tra Scilla e Cariddi che diventava rosso di sangue e u masculu che arrivava subito dopo per salvare a fimmina e veniva arpionato anche lui.
E il mare sempre più rosso.
Silenzio.
Una lunga pausa.
Forse, nella mente di mia nonna, una preghiera per quella coppia innamorata.
E poi tornava la voce.
Il pesce issato in barca e l’incisione della croce sulla preda.
“La croce nonna? E perché?”
“Pi rispettu, a nunnitta…u pisci spada s’avia rispittari…picchí è iddu u patruni du Strittu e p’amuri du masculu pa fimmina…”
E chinava il capo, mia nonna.
Nel silenzio che seguiva queste parole l’aria si riempiva del profumo del mare “russu di sangu”.
Stentava a riprendere il racconto la nonna.
Quando ricominciava a parlare la voce era incrinata di commozione.
“Pi rispettu e p’amuri…”
La vita e la morte.
L’onore e il rispetto.
L’ amuri…
Sbocciato in fondo al mare, tra le correnti dello Stretto…e mai finito…
Onorato anzi.
Con quella croce incisa…pi rispettu…
L’amuri…che qui, su questa terra, spesso non riusciamo ad imparare…❤️
Antonella Pavasili©️
Nella straordinaria foto di Marcello Santalco una feluca nello Stretto.
La feluca mia nonna la chiamava “a spatara”.
Bellissimo articolo…..come d’altronde lo sono sempre i vostri, ma questo in particolare 😍🤩🤩 perché evoca la storia delle tradizioni della nostra TERRA…..mi è parso di “sentire” anziché leggere , questa nonna che raccontava alla nipotina la cattura del pesce spada…..quando la lettura sa dare al lettore il senso meraviglioso e comunicativo della scrittura capace di far rivivere anche chi non c è più con il ricordo dei suoi racconti …..bravi davvero👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏
Un giorno speriamo, questa barbarie finirá. Come la mattanza dei delfini, delle balene e le corride.