Commercio e imprese hanno resistito, l'export cresce, il futuro è blue ma i giovani se ne vanno.
MESSINA – Il 2021 aveva già dato buoni segnali, il 2022 ha confermato la tendenza: le imprese messinesi, e il commercio in particolare, hanno retto all’impatto della pandemia da covid 19 e dopo una lenta ripresa stanno tornando a crescere, se pur lentamente e con dati molto diversificati, settore per settore.
Niente strage di negozi causa pandemia
Già nel 2021, per esempio, l’export dalla provincia era salito del 2,82% rispetto all’anno prima, e il rapporto tra nuove iscrizioni alla Camera di Commercio e cancellazioni è pressoché stabile, anzi con qualche apertura in più nel 2022 rispetto al 2021: 63.843 le nuove registrazioni rispetto alle 63.471 del 2021, 47.815 quelle attive, circa 200 in più rispetto all’anno precedente. Nel 2019, nel periodo pre covid quindi, erano 62.184.
L’oggi è buono, ma il domani?
Il dato confortante emerge dal bilancio di fine mandato della Camera di Commercio, affidata al presidente Ivo Blandina nel 2017 dopo un lungo periodo di commissariamento. Tra i numeri confortanti c’è però un trend che preoccupa, sottolineato dalla segretaria generale Paola Sabella, ovvero il meno 22% delle start up, il settore giovanile per eccellenza.
La blue economy
Il bilancio traccia un quadro molto approfondito dello stato della economia nella provincia. A fare da traino è ancora oggi l’industria, che impiega poco più di 37 mila addetti, 31 mila circa quelli impiegati nel commercio, mentre il turismo da lavoro a circa 14 mila persone, altre 12 mila lavorano nel settore servizi. Quella messinese è sempre di più una economia Blu, legata cioè al settore marittimo. Il settore vale più di 820 milioni di euro, l’8% del totale dell’economia nazionale. Nel panorama regionale, la Blue Economy produce valore aggiunto per il 28,6% del totale a Palermo, il 18,8 a Messina, il 15,1% a Catania. Sul totale degli occupati siciliani, i lavoratori della blue economi sono il 25% palermitani, il 16,9 messinesi, il 14,5% catanesi. In questo quadro, che segna una netta crescita tra il 2014 e il 2020, ben la metà delle aziende opera nel settore turismo marittimo (quasi il 50%) mentre la filiera ittica rappresenta più del 10%.
Altri segnali incoraggianti sullo stato di salute dell’economia messinese arrivano anche dall’Inps, presentati dal direttore Marcello Mastrojeni, anche lui a fine mandato.
Inps conferma: più occupati nel turismo, impatto pandemia riassorbito
“All’inizio del 2020 l’INPS della provincia istanze di servizio per circa 260 mila ore/lavoro. A fine 2020 la giacenza aveva raggiunto le 290 mila. A fine 2022 la giacenza si è ridotta a circa 170 mila ore lavoro”, scrive il direttore provinciale nel dossier. Gli ultimi due dati rendono bene l’idea di quanto abbia inizialmente pesato il lockdown e il covid 19 sull’occupazione, e come invece poi l’impatto sia stato riassorbito e il quadro generale migliorato anche rispetto al periodo pre covid.
La stessa indicazione arriva dai dati sulle Naspi, ovvero l’indennità di disoccupazione post lavorativa, che confermano anche della forte incidenza del settore turistico sul mercato del lavoro nella provincia.
Nel 2022 ne sono state pagate il 20% in più rispetto all’anno precedente: “Oggi sono oltre 28 mila a fronte di uno storico annuale di circa 24 mila. È segno di una robusta ripartenza che il mercato del lavoro della provincia, storicamente caratterizzata dalla forte incidenza degli stagionali del turismo (distretti di Taormina e isole Eolie)”, spiega Mastrojeni, chiamato a Roma a ricoprire un delicato incarico.