Il bisnonno Felice, falegname, partecipò all'esposizione nazionale 132 anni fa. Poi l'attività ha resistito al terremoto ed è passata a figli e nipoti. Oggi tocca a Francesco
MESSINA – Parte dal XIX secolo la storia di una famiglia messinese che, ancora oggi, porta avanti la propria attività adeguandosi ai tempi e trasformandosi, con un’attitudine quasi camaleontica, al mercato e alla società. Il “mestiere” era quello di Felice Misiti, storico falegname messinese, eccellenza dello Stretto tale da partecipare, nel 1891, all’esposizione nazionale italiana organizzata dal novembre di quell’anno (inaugurata dal re Umberto I) e fino al 5 giugno del 1892 a Palermo, con il sostegno di Francesco Crispi e in un’Italia giovanissima, riunificata da poco tempo. Poi toccò a Nicola, ai figli Placido e Giovanni e infine al nipote Francesco, figlio di Placido, che oggi porta in alto il nome dei Misiti, con un’attività ben radicata sul territorio. E con in mezzo un terremoto devastante, quello del 1908, che non ha distrutto, però, il lavoro di una vita e i sogni della famiglia.
Francesco Misiti: “La storia parte dal mio bisnonno”
L’azienda è cambiata via via, adattandosi al territorio, alle esigenze del mercato e alla società. Si è trasformata nel tempo, come spiega Francesco ripercorrendo la storia di famiglia: “La nostra storia parte dal nostro bisnonno, che era falegname e partecipava anche a esposizioni importanti come quella di Palermo, nel 1891. Poi l’attività è passata a mio nonno, che ha portato avanti la tradizione della falegnameria e del negozio. Con l’arrivo di mio padre e mio zio, poi, si è dato ancora più spazio all’aspetto commerciale e da artigiani si è diventati anche commercianti, con un negozio molto grande che poi è passato a me. Ora non abbiamo più la fabbrica ma resta il negozio, che è cambiato nel tempo”.
Il cambio di approccio
Francesco, infatti, si è adeguato alla modernità dei tempi modificando l’approccio e dedicandosi alla vendita e, soprattutto, alla progettazione, in una sorta di ripresa dell’antico mestiere, in chiave moderna. “Il nostro lavoro da anni è questo e ci stiamo adeguando ai tempi – spiega – perché i cambiamenti sono inevitabili”. Portare avanti un’attività di oltre un secolo, però, non è semplice e richiede grande attenzione anche al passato: “Non ho conosciuto né il mio bisnonno né mio nonno, ma ciò che mi ha tramandato mio padre è l’importanza della cultura del lavoro. Un concetto che sembra quasi da uomini di altri tempi ormai. All’inizio, da piccolo, andavo in negozio per giocare, ma presto mi sono affezionato all’attività e porto con me il modo di fare dei miei genitori e i loro valori”.
Francesco: “Bisogna fare scelte per stare sul mercato”
“Ho iniziato a lavorare al fianco di mio padre – continua Francesco, nel ricordo di qualche anno fa -. Poi quando lui è venuto a mancare mi sono ritrovato da solo a dover affrontare cose che magari quando ci sono i genitori si affrontano in maniera più tranquilla e serena, quasi con conforto. Ci sono stati momenti difficili, soprattutto con la crisi economica, ma bisogna saper affrontare tutto e fare dei cambiamenti, adeguandosi anche alla società che ti circonda. Ora facciamo molta progettazione e per questo non servono spazi grandi, ma non mi dispiacerebbe avere di nuovo un ambiente espositivo più ampio, se i tempi lo consentiranno. Per stare tanti anni sul mercato a volte bisogna fare delle scelte, magari in futuro ci riallargheremo”.
Messina, intanto, è cambiata, così com’è cambiata la società intorno: “Messina è sempre stata una città particolare. La cosa più importante per noi è stato mantenere una certa serietà, questo ci ha permesso di restare insieme. L’avvento di internet ci ha messi in difficoltà, il lavoro è cambiato e bisognava adeguarsi. Il nostro filone è rimasto quello: non per forza seguire una moda del momento, ma mantenere anche un’idea, una serietà, che ti caratterizza con la tua clientela”. Felice, Nicola, Giovanni, Placido e Francesco raccontano tutti la stessa storia, ma con diverse caratteristiche, testimoni di una società che avanza e di una Messina che, intanto, ha cambiato volto.