Mentre aumenta la disaffezione degli elettori, i rappresentanti ricordano i musicisti del Titanic, che continuano a suonare anche se la nave sprofonda
La polemica per l’aumento delle indennità dei deputati regionali e degli amministratori. O quella sui settantacinquemila euro per un festival di fuochi pirotecnici a Gualtieri Sicaminò e 50 mila per una nuova manifestazione a S. Lucia del Mela, nell’ambito di una cinquantina di emendamenti alla Finanziaria della Regione siciliana. Qual è il filo comune? Lo sganciamento totale dalla realtà di una classe politica che continua a non entrare in sintonia emotiva, prima ancora che politica, con i propri elettori o potenziali elettori.
Chi scrive è convinto che chi ha responsabilità politiche e amministrative debba essere pagato bene. Non è questo in discussione. Ma, in una fase economica così drammatica, dal caro bollette alle emergenze lavoro e e le troppe diseguaglianze sociali, una classe dirigente degna di questo nome deve dare l’esempio. Deve partire dal non assegnarsi quelli che vengono percepiti come privilegi inaccettabili, mentre una parte della popolazione si trova in difficoltà. E, allo stesso tempo, dare l’impressione di dirottare in questa fase troppi soldi su varie iniziative non sempre oggettivamente imprescindibili, con contributi a pioggia, acuisce la sensazione di una politica incapace di darsi delle priorità in funzione dell’interesse generale. Sappiamo che non si tratta di fondi comunque destinabili ai troppi disagi strutturali, in una società preda d’ingiustizie ed enormi sperequazioni. E non vogliamo entrare nel merito delle singole, e magari legittime, scelte. Ma viviamo in un periodo storico in cui il senso della misura è fondamentale. Emergenza lavoro, infrastrutture e trasporti, sanità e servizi pubblici, diritto alla casa: non sono problemi per i quali non dormire la notte?
Questi temi s’intrecciano con due necessità: quella della rinascita dei partiti e, a essa collegata, quella di una formazione e selezione di una nuova classe dirigente. Tutti meccanismi saltati con la crisi novecentesca dei partiti, sostituiti dai comitati elettorali. E, allora, i nostri rappresentanti, mentre d’elezione in elezione aumenta il numero degli astenuti, ricordano i musicisti del Titanic, che continuano a suonare anche se la nave sprofonda. La disaffezione cresce e la qualità della democrazia ne risente sempre di più, alimentando il qualunquismo e il populismo. Se nella percezione dell’opinione pubblica tutti diventano uguali, non c’è spazio per la distinzione, per l’analisi e il sostegno a chi vuole cambiare davvero le cose. Rimane solo la rabbia di chi, lontano dal Palazzo, soffre e inveisce, in procinto di alimentare i professionisti della rabbia fine a sé stessa e distruttiva. Il Palazzo brucia. Chi lo salverà?
Ma perché chi lavora non deve essere pagato bene e subito?