La produzione artistica del centro a metà strada tra Messina e Palermo rimane un prestigioso presidio culturale del territorio
La tradizione ceramista di Santo Stefano di Camastra inizia con la stessa storia del paese. Sembra infatti che gli stefanesi abbiano appreso l’arte della ceramica fin dall’epoca araba o addirittura dai Romani. Di certo ne fecero l’attività economica più importante e caratterizzante del paese, non tralasciando di perfezionarla attraverso nuovi contatti derivanti dall’intensificarsi del commercio per mare.
Dai Napoletani, per esempio, impararono le tecniche di coloritura e smaltatura della maiolica che armonizzarono con la loro illimitata creatività. Da allora “quartare, bummuli e giarre” e qualsiasi altro oggetto possa essere creato dall’argilla e decorato artisticamente è ritrovabile nelle decine di botteghe artigiane che si affacciano sulla statale. Le tecniche per padroneggiare l’argilla, dall’impasto fino alla cottura, sono per gli anziani artigiani stefanesi un patrimonio interiorizzato fin dall’infanzia: il tornio che gira veloce, un grumo di argilla che si trasforma in un vaso, e poi la decorazione, il colore; la magia si ripete con gesti sempre uguali da secoli. Ma per le nuove leve c’è una scuola per imparare, che prepara i giovani sia nel campo della ceramica artistica che in quella industriale ed artigianale. Ma nessuna scuola potrà mai sostituirsi ad una tradizione millenaria.
Quei preziosi e coloratissimi oggetti esposti nel paese-vetrina hanno una loro storia. Si comincia con l’estrazione dell’argilla dalle cave il cui sfruttamento può durare per anni. Le zolle di creta vengono poi lungamente lavorate con l’aggiunta di acqua fino ad acquistare la necessaria plasticità. È a questo punto che può iniziare la modellatura del grumo di argilla. Con sapiente abilità, l’artigiano ceramista riuscirà a strappare dall’informe materiale, oggetti di straordinaria fattura e rara bellezza. Un procedimento antichissimo e affascinante che ancora oggi può essere seguito nelle botteghe stefanesi.
A questo vero e proprio microcosmo sorto intorno alla ceramica è stato dedicato proprio il Museo della ceramica di Santo Stefano di Camastra, con sede nello storico Palazzo Trabia, già Palazzo Sergio. Mission dell’ente museale sono la conoscenza e la documentazione della tradizione locale, attraverso l’esposizione del patrimonio storico e artistico di Santo Stefano di Camastra legato alla ceramica. Il Museo propone un percorso tematico ragionato ed espone anche pezzi di arte contemporanea di provenienza locale, siciliana, nazionale e internazionale. Allo stato dell’arte la raccolta museale consiste in una collezione di oggetti d’uso comune dell’antica tradizione ceramica stefanese, correlati alle esigenze della famiglia e del lavoro.
Tra quelli esposti ci si imbatte nel “ciascu”, il fiasco, in boccali e orci per il vino e l’acqua, i cosiddetti “cannate” e “bummuli”, ma anche in lucerne ad olio, fra cui merita di essere ricordata quella di Sant’Antonio a tredici fiamme. Ed ancora “burnie”, “fangotti”, cioè piatti decorati e alcune acquasantiere, l’originale anforetta con due manici e con all’interno una membrana d’argilla forata per mantenere fresca l’acqua e ancora le giare per l’olio o i cereali, così rinomate al punto tale da essere ricordate anche da Pirandello nella “Giara” appunto. Nella commedia, il Premio Nobel, prevedendo che le cinque giare vecchie di coccio smaltato che aveva in cantina non sarebbero bastate a contenere tutto l’olio della nuova raccolta, ne fa ordinare a Don Lollò Zirafa “una sesta più capace a Santo Stefano di Camastra, dove si fabbricavano: alta a petto d’uomo, bella panciuta e maestosa, che fosse delle altre cinque la badessa”.
Dulcis in fundo, ad impreziosire la collezione del Museo sono le antiche mattonelle maiolicate, vero vanto della produzione di Santo Stefano dal XVII secolo ad oggi, che hanno fatto di questo piccolo centro una vera e propria città d’arte che continua ad imporsi con grande dignità all’attenzione culturale ed economica del mercato internazionale.
Vittorio Tumeo