Dai rimborsi all'accusa di pubblicazioni riciclate, le verifiche siano fatte nelle sedi opportune ma la comunità accademica deve fare un salto di qualità
MESSINA . L’Università di Messina pochi giorni dopo il trauma delle dimissioni. Le responsabilità individuali vanno accertate ma serve un passo in avanti collettivo. Di tutto Messina, Università e città, ha bisogno tranne che di una nuova stagione di veleni, guerre tra gruppi di potere, frasi shock stile “verminaio” e dichiarazioni sensazionalistiche. Appare fondamentale che le verifiche sull’attività di Salvatore Cuzzocrea, sulla base delle denunce di Paolo Todaro, componente del Senato accademico e segretario di Gilda Unams Università, vengano fatte nelle sedi opportune. Ed è vitale, non solo per la comunità accademica, che il dibattito tra i candidati rettore abbia al centro il futuro di un’istituzione determinante per il territorio. E non la lotta tra chi fa riferimento all’ex rettore Cuzzocrea e chi all’ex rettore Navarra.
In questo momento, al centro della cronaca nazionale, con il caso rimborsi milionari, è l’attività in generale del professore Cuzzocrea: le segnalazioni, ad esempio, su 117 sue pubblicazioni “sul sito pubpeer.com, una sorta di Wikileaks per scienziati, in cui si documentano le ricerche con problemi di plagio o di manipolazione di dati”, scrive “il Manifesto”.
Su questo punto, osserva il sociologo Pietro Saitta (Università di Messina): “Parliamo di comportamenti globali, imputabili alle regolazioni internazionali sulla valutazione della ricerca e il conferimento dei fondi. Non certo a una persona. Questo genere di comportamenti – ammesso che quello di cui parliamo sia uno di quelli – non sono azioni di menti criminali, ma l’effetto razionale e intrinsicamente ricercato di un meccanismo internazionale di regolazione della scienza. Dunque, dal punto di vista dell’organizzazione della scienza, casi di questo tipo non sono interessanti dal punto di vista giuridico o morale, ma perché fanno capire il fallimento dei principi posti dietro la regolazione internazionale, le distorsioni che generano, etc. Parlo del publish or perish (pubblica o muori, n.dr.), delle soglie per l’abilitazione, della bibliometria e di tutto ciò che sostituisce la qualità con la quantità della produzione scientifica. E che segna le progressioni di carriera o le attribuzioni di fondi, diventando anche un gioco competitivo che finisce con lo strutturare la logica dei ricercatori, legando il numero di citazioni al proprio valore di individui”.
Da tempo, il sistema universitario è regolato dalla dittatura della quantità, fermo restando che le responsabilità individuali vanno accertate. E, ancora, la cronaca nazionale su Cuzzocrea si è soffermata sui “rimborsi al ritmo di € 40.000,00 al mese a copertura di spese da lui anticipate con la carta di credito personale per portare avanti le sue ricerche”. Il tutto per un totale di più di due milioni nel periodo tra il 2019 e il 2023. “Tutto regolare e pubblico”, ha replicato il diretto interessato. Forte la polemica anche per i quattordici mandati di pagamento alla Divaga Srl, una società agricola siciliana che appartiene all’80 per cento al rettore e il 20% alla moglie Valentina Malvagni, con amministratrice unica la madre di Cuzzocrea, Maria Eugenia Salvo. Scrive il “Corriere della Sera”, sulla base di una dichiarazione di Todaro: “Il dipartimento di Veterinaria aveva bisogno di spostare un asino. Arriva Cuzzocrea e fa: “ci penso io”. Poi ha chiamato il suo maneggio ed ecco la spiegazione di una fattura di 600 euro”.
Da qui la risposta dell’ex rettore: “Si tratta di acquisti oggetto di regolare verifica da parte della segreteria amministrativa del Dipartimento, come d’altro canto avviene per ogni tipo di spesa. Sono acquisti legati all’attività di ricerca: segatura, mangime. Sono certo che si sia proceduto in conformità ai principi di economicità e trasparenza. In ogni caso solleciterò la verifica di tutte le procedure”.
Ma il punto non è questo: in uno Stato di diritto, sia sul piano politico sia sul piano giudiziario, ci si difende nelle sedi giuste e i media svolgono la loro funzione al servizio dell’opinione pubblica. Sarà banale ma non sempre questo accade. Il rischio, invece, è che si alimenti un clima di veleni propizio solo a guerre di potere e che non faccia crescere Messina e la sua Università.
Comunità accademica e società civile messinese sapranno emanciparsi da modelli feudali?
Società civile e politica e comunità accademica, in questa città, sapranno emanciparsi da modelli feudali, mentalità servili, convenienze del momento? Saranno in grado d’elevare il dibattito e valorizzare quelle potenzialità che pure ci sono? Della gestione Cuzzocrea, ad esempio, si potrà valorizzare l’apertura agli studenti stranieri e la crescita in chiave internazionale dell’Ateneo, oltre ai nuovi spazi che nei prossimi anni saranno realizzati per gli studenti. Ed è importante che l’appello nazionale e locale dell’Udu venga accolto: contro il caro studio, il caro affitti e la carenza di posti letto pubblici.
Serve uno scatto in avanti da parte di comunità accademica e società civile. Altrimenti, anche il caos di questi giorni sarà l’ennesima occasione mancata per riflettere su come potenziare l’Università di Messina e liberarla da un passato e un presente spesso soffocanti.
Nella foto la ministra Bernini e l’allora rettore durante l’inaugurazione dell’anno accademico 2023.
Scusate …….poi u sceccu u spostaru……??? ………
Seria e analitica riflessione del direttore. Quel che lascia l’amaro in bocca è che il nome di Messina debba venire infangato a livello nazionale per via di fatti che, a prescindere dalla loro liceità, sarebbero agevolmente evitabili con un pizzico in più di cautela e di saggezza.