Prescrizioni per tutti ma il grosso delle accuse regge al processo di secondo grado seguito allo scandalo sulla gestione dei fondi destinata alla facoltà di Veterinaria. Imputati anche l'ex rettore Tomasello.
Anche se gli imputati hanno incassato qualche assoluzione sostanzialmente ha retto, in appello, la sentenza di condanna emessa nel 2013 alla fine del processo sul concorso alla facoltà di Veterinaria. I giudici di secondo grado si sono espressi oggi, disponendo qualche assoluzione ma confermando in gran parte il verdetto di primo grado.
Incassano la prescrizione di due accuse l'ex rettore Franco Tomasello e la pena viene rideterminata in due anni e mezzo, viene abbassata a 3 anni quella disposta per Battesimo Consolato Macrì, 2 anni e mezzo per Antonio Pugliese, 4 anni per Giuseppe Piedimonte, 2 anni e 7 mesi per Stefano Augliera. Dichiarato il non doversi procedere per prescrizione per Giovanni Germanà, Salvatore Giannetto, Pier Paolo Niutta, Santo Cristarella e Antonina Zanghì. Durante il processo la battaglia tra accusa e difesa si è concentrata soprattutto sulle intecettazioni telefoniche e la loro utilizzabilità, ma i giudici sembrano aver basato il loro verdetto su altri punti focali. C'è quindi attesa per le motivazioni della sentenza.
Ecco la sentenza di primo grado: 3 anni e mezzo – 2 condonati – l’ex Magnifico Franco Tomasello; 5 anni ed 11 mesi al professor Giuseppe Piedimonte, 5 anni e 4 mesi al professor Battesimo Macrì, 4 anni al professor Antonino Pugliese, 3 anni e 9 mesi per Stefano Augliera, 2 anni a Salvatore Giannetto, un anno ed 8 mesi a Pietro Paolo Niutta e Giovanni Germanà, un anno e 6 mesi a Santo Cristarella, un anno e 4 mesi ad Antonina Zanghì.
Hanno difeso gli avvocati Nino Favazzo, Bonni Candido, Carmelo Scillia, Alberto Gullino, Laura Autru, Giovanni Calamoneri, Carlo Autru, Emanuele Puglisi e Giuseppe Carrabba per la parte civile
L'inchiesta comprendeva anche un troncone che riguardava la gestione dei fondi erogati dalla Regione e dall’Università di Messina per il progetto scientifico denominato “Lipin” , costato 3 milioni di euro. Per questa vicenda furono condannati a due anni di reclusione, pena sospesa, il funzionario del rettorato Eugenio Capodicasa e la moglie Ivana Saccà, dipendente di Unilav. Assolti perché il fatto non costituisce reato gli ex componenti del consiglio di facoltà di Veterinaria e il professor Ugo Muglia, coinvolti nel processo per fatti diversi da quelli relativi al troncone Lipin.
Le indagini della Guardia di Finanza portarono la Procura a concludere che il posto di professore ordinario bandito nel concorso era destinato al figlio dell'ex preside della facoltà, Battesimo Consolato Macrì. Ad incastrare il rettore fu il professor Giuseppe Cucinotta, ordinario di Clinica Chirurgica e Patologia Chirurgica a Veterinaria. Il docente denunciò di aver subito pressioni per condizionare l’esito del concorso a favore del figlio del preside Macrì.
(Alessandra Serio)
Questi signori allora andranno sospesi dalle funzioni che oggi occupano ????????
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