La sorella della vittima diffida Palazzo del Governo: "E' un pregiudizio verso l'Aids ma anche verso tutte le vittime di violenza"
MESSINA – Disco rosso della Prefettura di Messina alla pratica per il riconoscimento di orfano da violenza domestica per il figlio dell’avvocata messinese uccisa dall’ex partner e padre del ragazzo, condannato per omicidio perché nascose alla donna di essere sieropositivo, non permettendole di curare per tempo l’Aids che poi la uccise. Per la sorella della vittima, zia del ragazzo, è un ulteriore pregiudizio nei confronti dei malati di Aids, pregiudizio venuto a galla anche durante lo stesso processo come ancora circolante anche tra la classe medica.
“Penso all’’umiliazione profonda a cui lo Stato ha sottoposto me e mio nipote senza alcun rispetto per la triste vicenda di mia sorella – scrive la donna, legale anche lei – Tuttavia c’è qualcosa di più grave, che va oltre la nostra terribile storia, che offende chi lotta per combattere la violenza di genere.”
Insieme all’avvocata Paola Magaudda, tutrice del ragazzo, nel 2021 l’avvocata richiede i benefici per gli orfani di crimini domestici e le famiglie affidatarie. “Nei casi che riguardano orfani di crimini domestici, il Ministero dell’Interno riconosce una tutela anticipata al momento del decreto di rinvio a giudizio, invece, nel nostro caso, non solo questa tutela anticipata non ci è stata accordata, ma la Prefettura di Messina, che rappresenta il Governo, insieme alla Commissione nazionale per i crimini da reati violenti, dopo averci fatto attendere per oltre un anno, sospendono la pratica richiedendo un parere all’Avvocatura Generale dello Stato “sull’inclusione del contagio virale letale nella previsione normativa del Regolamento 71/90”.
In sostanza la Commissione e la Prefettura sembrano avere dubbi sul fatto che si tratta di omicidio commesso da un ex partner, circostanza per la quale è invece stato condannato a 22 anni dalla Corte d’Assise di Messina. “Resto basita, mia sorella non è considerata vittima di violenza perché morta di AIDS. Sono rimasta senza fiato, zitta, tutto il giorno, poi ho pianto per l’umiliazione profonda che mi ha inflitto rendermi conto che anche un parere non necessario e mal posto rivela l’intenzione di affossare una pratica, senza alcun rispetto per noi . A questo arriva lo Stato per non pagare un misero risarcimento, da esso stesso stabilito?”.
La zia del ragazzo e la tutrice hanno diffidato la Prefettura di Messina: non spetterebbe loro il potere di sospendere la procedura, disconoscendo che si tratti di un crimine violento ma riducendolo a “semplice” caso di contagio. Adesso Palazzo del Governo attende il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato, per verificare le circostanze dell’omicidio. Una nota esplicativa dello stesso Ministero indica che per vittime di violenza domestica si intendono le vittime di reati commessi da partner o ex, a prescindere dalla natura “violenta” del crimine.