I familiari dell'avvocata scomparsa di Aids chiedono che l'untore di Messina torni in carcere. Attesa decisione del Riesame su richiesta della Procura
Rabbia e sgomento. Sono queste le sensazioni che hanno colpito la famiglia dell’avvocata morta a Messina di Aids, quando l’ex compagno che l’ha contagiata è stato scarcerato.
Il cinquantaseienne era stato arrestato a settembre scorso proprio dopo la denuncia dei familiari della donna, e con le indagini i Carabinieri della sezione di Polizia giudiziaria avevano scoperto altri casi di donne contagiate dall’uomo, che aveva nascosto a tutte di essere sieropositivo.
Mentre il Tribunale del Riesame deve decidere sull’appello della Procura di Messina di rimetterlo in cella, la famiglia della donna ha chiesto che venga annullata la scarcerazione. Assistita dall’avvocato Bonni Candido la sorella della legale deceduta ha presentato una istanza perché quella di scarcerazione del difensore venga dichiarata inammissibile.
I reati contestati a L. D. D., infatti, riguardano la sfera della persona, sono legati ad atti di sopraffazione e violenza, e in questi casi tutti gli atti vanno comunicati anche alla parte offesa, perché possa tutelarsi. Cosa che non è accaduta con la richiesta di scarcerazione.
“Sono amareggiata e rammaricata per questa decisione”, commenta la sorella della vittima. “Si parla tanto di violenza e di contrasto alla violenza sulle donne, poi in un caso come questo si concedono i domiciliari. Sono fiduciosa che la domanda della Procura venga accolta“.
Qualche settimana fa la Procura di Messina ha portato a termine gli accertamenti e con la chiusura delle indagini preliminari il difensore del 56enne, l’avvocato Carlo Autru Ryolo, ha chiesto ed ottenuto dal GIP che gli venissero concessi i domiciliari col braccialetto elettronico.
Per il giudice, in assenza di altri elementi di novità e visto che l’uomo è sotto cura, i domiciliari sono una misura cautelare idonea.
Il procuratore aggiunto Giovannella Scaminaci ed il sostituto Roberto Conte – titolari del caso – non sono però d’accordo e si sono appellati al Riesame perché ripristini il carcere per l’uomo, depositando la documentazione venuta fuori durante gli accertamenti. Dopo la denuncia della famiglia di Messina, infatti, sono stati scoperti altri casi drammatici di donne contagiate da “l’untore”.
La decisione è ora quindi nelle mani del Collegio delle Libertà, che non ha termini perentori per esprimersi ma che probabilmente depositerà la propria decisione entro qualche giorno.