Valeria Patanè, cintura nera I Dan e allieva del Messina Duomo Branch , sensei Imbesi Carmelo", ci spiega che la sua passione per lo Shorinji Kempo
Valeria Patanè, cintura nera I Dan e allieva del Messina Duomo Branch sensei Imbesi Carmelo”, ci spiega che la sua passione per lo Shorinji Kempo nasce non in tenera età come nella maggior parte dei casi ma nel Febbraio 2016, dopo aver passato uno dei periodi più bui della sua vita.
“Sono stata trascinata o più esattamente presa per mano – racconta – per cercare di incanalare i miei pensieri e la mia rabbia in un qualcosa che non mi procurasse più tutto quel dolore fisico e mentale che mi stava distruggendo. In pochissimo tempo sono nata per la seconda volta, ho riscoperto la passione per qualcosa, il valore sincero dell’amicizia e l’amore profondo per un uomo (del quale non intendo parlarne)”.
“Lo Shorinji Kempo – continua l’atleta – è una disciplina che affonda le sue radici nelle arti marziali cinesi praticate dai monaci Shaolin, ed è stato “riadattato” e codificato per essere insegnato a chiunque avesse voglia di apprenderlo anche senza intraprendere un percorso religioso; il fondatore, Doshin So, ha voluto comunque lasciare intatta nell’insegnamento dello Shorinji Kempo la traccia filosofica del buddismo (ne è un esempio la meditazione chinkon che viene praticata all’inizio di ogni allenamento per preparare sia il fisico che lo spirito) che porta alla realizzazione di quello che lui chiamava il paradiso sulla terra. Da un punto di vista pratico lo Shorinji Kempo è molto più articolato rispetto al Karate; Doshin So infatti ha codificato l’insegnamento della disciplina attraverso un percorso di apprendimento in cui ogni movimento, ogni tecnica, è studiato per avere un’altissima efficacia a prescindere dalla forza fisica di chi la esegue”.
Si propone come mezzo di crescita personale che insegna non solo un’efficace metodo di autodifesa, ad oggi fondamentale soprattutto per le donne che purtroppo nella maggior parte dei casi vengono considerate più deboli dal punto di vista fisico, ma anche un ottimo allenamento per la mente e per lo spirito insegnando il valore della cooperazione del rispetto e dell’amicizia.
La disciplina – spiegando i fondamentali – si divide in tre grossi rami: il go-ho, il ju-ho e il sei-ho. Il go-ho è costituito da quelle cosiddette tecniche dure, ossia da un insieme di attacchi e difese da pugni e calci. Il ju-ho racchiude invece la parte morbida di quest’arte marziale, fatta di prese, leve, svincoli, proiezioni e immobilizzazioni. Il sei-ho invece racchiude la conoscenza dei punti di pressione tipici della medicina cinese che possono essere applicati a scopo curativo ma anche per l’autodifesa, amplificando notevolmente l’effetto già di per sé dannoso delle tecniche di go-ho e ju-ho.
Quello che accomuna e unisce lo Shorinji Kempo al Karate come ad altre arti marziali è l’educazione alla disciplina, al rispetto e alla cooperazione; gli allievi imparano infatti che la conoscenza dell’arte marziale, “la possibilità di potere fare male”, è un qualcosa che deve essere utilizzato solo quando non si hanno vie d’uscita, come estrema risorsa”.
“Sono diventata – conclude – cintura nera studiando, allenandomi con costanza, impegnandomi al massimo delle mie possibilità, anche quando il corpo e la mente erano esausti e pronti a crollare, sono riuscita a trovare la forza di continuare, di non mollare. Praticando questa disciplina ho imparato che non importa quante competizioni o gare vinci, certo, arrivare “in alto” in una competizione ti rende orgogliosa, ma mai tanto quanto vedere i sorrisi e gli sguardi soddisfatti dei tuoi compagni, maestri ed amici. Per il futuro, mi auguro di continuare e praticare questa disciplina con lo stesso entusiasmo, passione ed amore di quando ho iniziato”.
si belle arti marziali, qui a messina ti serviranno per passare attraverso la monnezza