Nata per accogliere trionfalmente l'imperatore Carlo V, la grande "machina" votiva era interpretata fino al 1860 da personaggi viventi. Scopriamo storia e curiosità di uno dei simboli della Messina più vera
Le origini della Vara, secondo più fonti, risalgono al XVI secolo, collegandosi ai festeggiamenti tributati dal Senato e dal popolo messinese all’Imperatore Carlo V, transitato per Messina nel 1535 dopo la vittoriosa spedizione contro i turchi. Ad accogliere il sovrano un carro trionfale nel quale la distribuzione dei personaggi e dei simboli cosmici è in buona sostanza analoga a quella attuale.
La “machina” votiva, tra i più grandi apparati processionali d’Europa, ritrae il momento dell’assunzione in cielo della Vergine Maria attraverso una composizione piramidale dell’altezza di quasi 14 metri ed un peso di circa 8 tonnellate. Nella prima delle piattaforme che compongono la sua struttura trova posto la raffigurazione del corpo esangue della Santa Vergine, mentre più in alto vi è la rappresentazione dei sette cieli che l’Alma Mater deve attraversare per raggiungere l’Empireo. Ancor più su scopriamo un globo terracqueo sormontato da una cortina di nubi costellata da schiere di angeli, infine, sulla sommità, l’effige di Gesù Cristo che tiene sulla sua mano destra l’anima della Vergine assunta in cielo.
L’intera struttura poggia su un poderoso ceppo munito di slitte che viene trainato, al grido di “Viva Maria!”, da circa un migliaio di devoti per mezzo di due gomene lunghe ciascuna oltre 110 metri. Attorno alla base, poggiati ad un reticolo di stanghe a crociera, vogatori e timonieri ne dirigono il percorso correggendo di volta in volta gli eventuali sbandamenti del carro. La complessa Vara, inoltre, consta di una struttura in ferro battuto (detta “campana”) contenente articolati ingranaggi meccanici che fanno animare tutto l’apparato durante il tragitto, conferendone ulteriore fascino.
Fino al 1860 tutti i personaggi erano viventi, ciò malgrado i gravi incidenti, accaduti nei secoli XVII e XVIII, sempre risoltisi felicemente (o miracolosamente se si preferisce). La bambina che impersonava la Madonna, dotata di ricco corredo ed offerte in denaro, era scelta dal Senato tra tante concorrenti. La piccola anticamente non doveva superare i sette anni d’età ed aveva la prerogativa di chiedere la grazia per un condannato a morte, circostanza che più volte si verificò.
Nel 1902 si svolse il corteo in costume, con i Cavalieri della Stella ed il Senato sulla splendida carrozza. Il sisma del 1908 ne sancì una inevitabile interruzione per quasi un ventennio sin quando, nel 1926, con la festa della rinascita, la tradizione viene ripresa con il percorso attuale, spostando la partenza più a nord, a piazza Castronovo. Da qui la processione segue la via Garibaldi sino a giungere all’incrocio con via I Settembre, dove avviene la manovra più complessa, detta “girata” o “virata”, per collocare la Vara in asse ed affrontare il breve tratto di strada che separa da piazza Duomo. Più recentemente, il progetto di costruzione del nuovo tracciato tranviario ha messo a dura prova il mantenimento del suddetto percorso, fino alla scelta di collocare più a valle le nasciture corsie del tram.
L’importanza e l’influenza della festa messinese, oltre che dalla lunga storia e dalla corale partecipazione, è sottolineata dalla diffusione che analoghe manifestazioni hanno avuto in altri centri vicini, come la Vara di Randazzo e la Varia di Palmi. Rapporti significativi, recentemente ripresi, legano i rispettivi Comitati Vara di Messina e Palmi, a conferma di un rapporto antico e privilegiato tra le due città.
Il ciclo festivo ferragostano è contraddistinto, oltre che dalla monumentale piramide della Vara, da altri tipi di apparati festivi, quali le colossali statue di Mata e Grifone, detti i “Giganti”, cui si accompagna l’aggressiva maschera del “cammello”. Secondo leggenda, i simulacri raffigurano la storia esemplare di una bella fanciulla nativa del quartiere Camaro, che indusse un guerriero moro, perdutamente innamorato di lei, ad abbracciare la religione cristiana. La credenza popolare, per altro, vuole che questi due mitici personaggi rappresentino i capostipiti della genìa messinese.
Quello del 15 agosto, così, costituisce un imperdibile appuntamento di fede, ma anche di folklore, per la grande partecipazione popolare che ancor oggi riesce a suscitare. Filo di raccordo tra la Messina odierna e la città perduta, la Vara costituisce un segno d’identità nel quale sacro e profano si fondono in maniera parossistica. Un legame viscerale tra divinità e devoto, ma anche un viaggio nella fantasia di quanti, turisti o semplici spettatori, si trovano coinvolti in uno spettacolo segnato da una forte partecipazione emotiva. Così come avviene per altre processioni – analogie possono ritrovarsi nei “Ceri di Gubbio”, o nel “Carro di Santa Rosa” a Viterbo – Messina offre un’intensa rappresentazione contornata anche da episodi di mancamento, frutto non solo dell’estenuante fatica, ma anche di forme diverse d’isteria che talvolta pare coinvolgere alcuni dei partecipanti più ferventi.
Piaccia o meno, la Vara costituisce uno dei pochi fenomeni catalizzatori che ancora resistono in città, possedendo una eccezionale capacità di trascinare su di sé l’attenzione di un pubblico quanto mai eterogeneo. Messina ha bisogno di elementi che uniscano i suoi cittadini e che ne indirizzino le forze, come le corde della Vara, verso obiettivi comuni. Diventa allora nostro dovere preservare tali simboli comunitari e far si che l’unitarietà d’intenti di mezzagosto, al di là delle motivazioni di ordine religioso, si espanda nella nostra quotidianità.
VIVA M A R I A, VIVA la U R B S M E S S A N A, VIVA i M E S S I N E S I, risorgeremo, ne sono certo, e CU SUSCIA E’ MOTTU.
Fino ai primi anni ’60 la Vara partiva da piazza Ottagona (oggi piazza Juvara)…
Siamo nelle mani di un venditore di fumo
Ha detto che i Messinesi stanno vedendo i cambiamenti???!!!
Ma quali??????
Da quando c’è lui Quelli in peggio ovviamente