Carmelo Pino non risulta iscritto al Pd come da regolamento, pertanto non poteva partecipare alle primarie del 15 marzo ed il suo ricorso era infondato. Nella guerra per le primarie i giudici danno ragione al Pd. Non basta l'iscrizione on line se non è perfezionata dagli organismi territoriali e se non viene consegnata la tessera.
Sulla guerra delle primarie a Milazzo il Tribunale assegna la partita al Pd.
I giudici della seconda sezione civile del Tribunale di Messina ha infatti dichiarato inammissibile per carenza di legittimità il ricorso presentato dal candidato sindaco Carmelo Pino, escluso dalle primarie del Pd previste il 15 marzo. Carmelo Pino non risulta infatti un tesserato Pd come previsto dal regolamento. Pino, sindaco uscente, aveva fatto ricorso ex art.700 dopo essere stato escluso dalle primarie del partito, primarie che comunque furono annullate pochi giorni prima proprio in seguito al clima rovente che si era venuto a creare. L’udienza fissata quindi per il 13 marzo si concluse con un nulla di fatto dal momento che era venuta meno la ragione del contendere, appunto le primarie contese. Il Pd però, convinto della sostenibilità della propria tesi e cioè che Pino era stato escluso perché non iscritto con le modalità richieste (si era iscritto on line nel novembre 2014), ha tirato dritto presentando istanza al Tribunale di Messina, attraverso gli avvocati Antonio Saitta, Giuseppe Siracusano e Armando Hyerace. Ed il collegio giudicante, presidente Minutoli, ha accolto la tesi secondo cui non è sufficiente aderire online al Partito Democratico, come aveva fatto il primo cittadino, ma è necessario un passaggio dagli organismi territoriali. Ne consegue che il ricorso presentato a marzo era infondato. La questione è già sul tavolo dei vertici regionali del partito, perchè rappresenta un precedente molto importante e avrà comunque risvolti anche nell’immediatezza della campagna elettorale in corso. Oltre alla guerra per le primarie infatti si è aggiunta la guerra per il simbolo del Pd , che i vertici regionali del partito hanno assegnato a Giovanni Formica ma che finora, per evitare nuovi strascichi giudiziari, non era stato utilizzato. Non è escluso che possano essere prese decisioni diverse dopo la sentenza del Tribunale.
Nella decisione del Collegio giudicante si sottolinea come “in base alla previsione dell’art. 24, co. 3, dello Statuto del Partito democratico siciliano le primarie sono riservate esclusivamente agli iscritti al partito stesso e che il successivo comma 5 stabilisce che “Il Sindaco, il Presidente di Provincia e il Presidente della Regione, quando iscritti al PD Siciliano, che si trovino al termine del primo mandato, sono candidati di diritto alle elezioni primarie, salvo loro espressa rinuncia”.
Pino pertanto, in quanto sindaco uscente sarebbe stato candidato di diritto alle primarie, purchè regolarmente iscritto al Pd. Stando però alla documentazione presentata ed a quanto emerso in Tribunale “Ciò posto, nel caso in esame il Pino si è limitato a produrre una mera copia di una tessera con l’indicazione del “2014”, con in bianco la parte relativa alla sottoscrizione del segretario del circolo di (asserita) appartenenza, la cui valenza è stata disconosciuta dai reclamanti anche alla luce del chiaro disposto dell’art. 1, lett. b) del regolamento delle iscrizioni on line del PD, secondo cui “l’iscrizione diventa effettiva quando il richiedente ritira la tessera dal Circolo territoriale”: e non potrebbe essere diversamente, a meno di non voler ritenere che basti una mera iscrizione on line da parte di chicchessia, senza alcun controllo da parte degli organi statutari del partito, per associarsi allo stesso e concorrere a determinarne la vita e le scelte”.
In questo caso quindi l’iscrizione on line non è stata “completata” con i passaggi successivi, quelli in sede di circolo territoriale di competenza e con il ritiro della tessera. Secondo i giudici del Tribunale di Messina ne consegue che non poteva vantare, alcun diritto di partecipazione alle primarie.
Questo quindi l’esito della guerra interna al partito. Ma c’è tutto un altro scontro, ed è quello in corso nella campagna elettorale. In questo caso il ruolo di “giudice” spetta solo agli elettori.
Rosaria Brancato