L'ex assessore al bilancio Guido Signorino replica a De Luca in merito alla situazione finanziaria del comune
Un giorno il rischio default è al 50%, il giorno dopo siamo salvi perché abbiamo “scovato” 50 milioni, il giorno dopo ancora siamo nel baratro perché ci mancano oltre 50 milioni dal piano di riequilibrio. Il fatto è che Messina non è in dissesto, ma in una dinamica e positiva procedura di riequilibrio. In cinque anni è stato costruito un percorso tecnico, amministrativo e politico che spiana la strada a un riequilibrio finanziario sostenibile, se solo si ha la capacità di precorrerla.
Gli oltre 100 milioni prodotti con le misure del piano non “mancano”, ma hanno ricostruito gli equilibri di bilancio del Comune, resi più duri dalla nuova contabilità entrata in vigore nel 2015, e il bilancio di previsione approvato due settimane fa è compatibile con il piano (decennale) del settembre 2016, aggiornato con le risultanze del contenzioso. Inoltre, come tutti sappiamo, è possibile rifare un piano a venti anni, alleggerendo il peso del riequilibrio per i cittadini (Accorinti lo aveva fatto, il Consiglio ha immotivatamente e irresponsabilmente bocciato questa proposta).
De Luca dice che il piano non regge perché mancherebbero soldi. Sembra sfuggirgli che riequilibrare un Comune significa questo: superare lo squilibrio strutturale del bilancio e costruire le risorse per pagare i debiti “effettivi”, accantonando importi corretti per i debiti “potenziali” (i contenziosi). È quanto è stato fatto: le risorse del piano hanno strutturalmente riequilibrato la gestione corrente e, in pari tempo, il bilancio che lo stesso Sindaco ha fatto approvare dal Consiglio prevede tutti gli accantonamenti e i fondi utili per affrontare il passivo del Comune nell’ottica decennale (entro il 2023). Se restiamo nel piano a dieci anni Messina si riequilibra sopportando tagli nei servizi; se recuperiamo un piano a venti anni (fino al 2033), la città respira e migliora i suoi servizi. È una scelta politica che richiede solo capacità di gestione e di continuazione (magari di miglioramento) dell’opera di risanamento avviata. Il default è un danno anzitutto ai creditori del Comune (che perderebbero i 70 milioni del “fondo di rotazione”) e, di riflesso, a tutta la città. Questi soldi, infatti, entrerebbero nel circuito cittadino con beneficio di tutta l’economia locale, proprio nel momento in cui l’apertura dei cantieri per gli investimenti finanziati può attivare il sospirato e progettato rilancio dell’occupazione. Un percorso di sviluppo alla portata della città, che verrebbe colpevolmente bloccato e depotenziato dalla scelta di dichiarare default. De Luca ricordi che Napoli e Catania, città già in riequilibrio e di cui la Corte dei Conti aveva decretato il dissesto, sono state “salvate” da provvedimenti del Governo (Gentiloni la prima, Conte la seconda). Messina ha già tutte le opportunità e le carte in regola a leggi vigenti. Il karakiri civico, se non dovuto, è un atto criminale, perché colpisce i cittadini, e implica responsabilità.
Anziché guardare al futuro e al bene della città, utilizzando gli strumenti che la legge gli offre, De Luca cambia idea un giorno sì e l’altro pure. Adesso sembra voler mandare in dissesto Messina, dimettersi, far venire un Commissario (tra gli ultimi quattro, solo Accorinti avrebbe concluso il suo mandato di sindacatura), e magari ricandidarsi. Ha ragione Cuzzola: per gestire un piano di riequilibrio e una città ci vogliono coraggio, capacità, competenza e nervi saldi!
Guido Signorino
ma questo continua a parlare? lo hanno declassato come assessore e dice a chi sa governare e leggere le carte che bisogna saper governare? ma per cinque anni si è accorto che governava la città?
quannu a finisci è sempri tardu.