Fine di AP: cronaca di un epilogo annunciato. D'Alia e Garofalo: strade divise

Fine di AP: cronaca di un epilogo annunciato. D’Alia e Garofalo: strade divise

Rosaria Brancato

Fine di AP: cronaca di un epilogo annunciato. D’Alia e Garofalo: strade divise

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giovedì 04 Gennaio 2018 - 08:43

Un matrimonio breve ed un divorzio lampo per AP, che ha visto insieme gli uomini di Alfano e D'Alia. Dopo lo scioglimento le strade sono opposte: Garofalo torna alla "casa madre", D'Alia resta alleato di Renzi. Ma non sono scontate le loro ricandidature.

Il 7 settembre, a due mesi dalle Regionali ed in piena campagna elettorale, così titolava Tempostretto: “D’alia lascia Alfano col cerino in mano. Divorzio breve: Ap si dissolve”. L’articolo su quella che poteva definirsi la “cronaca di un epilogo annunciato” (leggi qui) venne contestato dai vertici del partito, ma evidentemente non era affatto peregrino dal momento che a fine dicembre sono arrivati i titoli di coda su AP, la “creatura” politica di Alfano e D’Alia.

E’ stato un divorzio lampo, che ha concluso un matrimonio breve che ha visto insieme, senza troppo entusiasmo gli ex Udc di D’Alia e gli ex Ncd di Alfano, un idillio iniziato in primavera e finito in inverno, dopo un autunno tormentato.

A lasciare il “talamo nuziale” è stato il ministro Alfano, dopo la batosta (annunciata e prevedibile) delle Regionali che ha visto la lista AP restare al di sotto della soglia del 5%. Nessuno dei centristi è approdato all’Ars. Alfano si è detto “vittima di complotti e accuse infondate”, dimenticando tutte le sue responsabilità, ed ha fatto un passo indietro, aprendo così la strada allo scioglimento di Alternativa Popolare.

Epilogo scontato le cui radici affondano proprio nella campagna elettorale per le Regionali e che ha visto la fuga verso il centro destra sia degli ex Ncd (molti dei quali tornati a casa, in Forza Italia) che degli ex Udc (alcuni dei quali tornati alla casa madre, l’Udc di Cesa).

Alfano ha perso tra settembre ed ottobre tutti i colonnelli e generali, che mal avevano digerito gran parte delle ultime scelte e soprattutto il totale appiattimento sul Pd renziano. A dire addio in quei mesi sono stati i deputati messinesi Nino Germanà e Bruno Mancuso.

Anche D’Alia ha visto man mano assottigliarsi le fila delle sue pattuglie.

In entrambi i casi le fughe sono continuate dopo la sconfitta elettorale. Per Alfano una parabola discendente e definitiva: in estate ha fatto melina convinto di essere l’ago della bilancia, corteggiato da destra e da sinistra, in autunno il ministro buono per tutte le stagioni (dal 2008 ad oggi) è colato a picco.

Dopo il suo addio AP si è divisa: da un lato chi torna a destra e dall’altro chi resta fedele a Renzi ed al Pd, una differenza di vedute che in fondo c’è sempre stata ma è rimasta sotterranea per un anno.

D’Alia infatti è tra i fondatori della lista “Civica Popolare” di Beatrice Lorenzin (ex Ncd) creata insieme ad Italia dei Valori a supporto del Pd di Renzi, mentre Enzo Garofalo è con “Noi con l’Italia” progetto che vede insieme il movimento di Lupi, Fitto, l’Udc di Cesa ed i Popolari e Autonomisti di Saverio Romano. Garofalo era rimasto l’unico tra gli “azzurri storici” che in questi mesi ancora non era rientrato nel centro-destra.

Non rinnego l’esperienza fatta con Ncd e con Alfano- spiega il parlamentare- che è nata in un preciso momento storico, con obiettivi precisi e con un termine: le larghe intese nel 2013 furono sostenute dallo stesso Berlusconi con il governo Letta con l’obiettivo di portare avanti le riforme. Quando il Senato però dichiarò la decadenza di Berlusconi noi abbiamo deciso comunque di portare avanti quegli obiettivi che ci eravamo dati. E sono certo che li abbiamo raggiunti. Ma sono troppe le differenze con il Pd, soprattutto se adesso è sbilanciato a sinistra. Io resto un moderato liberale, sono europeista e credo al sostegno alle imprese. Discorso diverso avrei fatto se fosse nato il Partito della Nazione, ma non è stato così, torno quindi nella coalizione a me naturale”.

Negli anni ’90 Garofalo, agli albori di Forza Italia, era stato un berlusconiano di ferro, tra i fondatori del partito a Messina, quella con Berlusconi la definisce una “frattura dolorosa” nel 2013, ed anche se il movimento “Noi con l’Italia” non è un ritorno a casa, gli uomini del partito di Lupi e Romano sono una sorta di “berlusconiani” della porta accanto. La strada per le Politiche è tutta in salita per un partitino nato due mesi prima delle elezioni, nonostante i sondaggi, ma spiega “manca un partito che raccolga esperienze moderate che guardano al PPE. Siamo comunque riusciti a riunire i piccoli partiti moderati e possiamo presentarci agli elettori uniti”.

In Sicilia gli Autonomisti e Popolari di Saverio Romano hanno raggiunto ottimi risultati ed anche gli Udc di Naro, ed in entrambi i casi hanno assessori nella giunta Musumeci. E’ quindi plausibile che sarà complesso comporre il mosaico delle candidature per questa nuova compagine, tenuto conto di ambizioni vecchie e nuove (e di chi alle Regionali non ce l’ha fatta a ottenere il seggio).

Ho dato la mia disponibilità per quello che deciderà il partito. Io ci sono, ma non ho fatto alcun tipo di richiesta. Non sono pentito d’aver contribuito a costruire NCD in quel preciso momento storico, semmai sono pentito di non aver costruito la formazione di adesso. Abbiamo avuto due anni di tempo, non lo abbiamo fatto”.

Con l’ormai già “ex” compagno di AP, con il quale ha condiviso la campagna per le Regionali, Gianpiero D’Alia, ha portato avanti una serie di battaglie: “Con lui ho condiviso molte cose, ma da sempre è stato più orientato verso il centro-sinistra. Siamo stati d’accordo molte volte, ma non sull’alleanza con Crocetta, scelta che ho subito sin da quando siamo entrati in giunta regionale ed ho subito fino alla fine, alle Regionali. Ma sono stato leale ad AP fino alla fine”.

Quanto all’ex ministro D’Alia non ha ancora deciso ufficialmente se candidarsi o meno. Per lui, entrato in Parlamento nel 2001, sarebbe il quinto mandato consecutivo. La lista del ministro Lorenzin nasce “a tavolino” per garantire un supporto centrista a Renzi e l’ipotesi è poter contare su alcuni seggi blindati.

Il rischio però, sia sul piano della soglia che degli stessi seggi (tenuto conto dei problemi che Renzi ha anche all’interno del Pd) è molto alto.

D’Alia deve anche fare i conti con una serie di fughe iniziate in Sicilia sin dal suo divorzio dall’Udc, nel novembre 2016. Dopo la sconfitta delle Regionali ci sono altri esponenti centristi con la valigia in mano e molti guardano all’Udc attualmente coordinata da Pippo Naro. La lista di AP non ha dato i risultati che speravano i leader ed il capolista Giovanni Ardizzone, ex presidente dell’Ars ha dimezzato i consensi. Il gruppo consiliare in 4 anni si è dimezzato e se da un lato Casini e Renzi spingono per una sua candidatura, dall’altro D’Alia sta riflettendo se sia il caso di fare un passo indietro.

A marzo ci saranno le corazzate ed il centro rischia di essere schiacciato.

Regionali docet.

Rosaria Brancato

2 commenti

  1. STRANO CHE D’ALIA E’ STATO ACCOLTO DA TUTTI E’ MOLTO STRANO CHE NON C’E’ NEANCHE UNA ONESTA E GIUSTA CONTESTAZIONE, FORTUNA CHE MANCANO 58 GIORNI ALL’ALBA DELLA LIBERAZIONE. MALA SUPER MALA IN DOMO TUA DON BOSCO HA DETTO SEMPRE QUESTE PAROLE A CHI NON ERA COERENTE.

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  2. DUE SUL VIALE DEL TRAMONTO CHE ANCORA CREDONO DI ESSERE ONNIPOTENTI. ORMAI LA VOSTRA VITA POLITICA STA PER CONCLUDERSI DEFINITIVAMENTE E NESSUNO SI RICORDERA’ PIU’ DI VOI COME GULLOTTI, ASTONE, PAVONE, D’ALIA PADRE E ANDRETTI, MOLTO PIU’ FORTE E POTENTE DI COLORO CHE HO APPENA ACCENNATO PER CRONACA DI STORIA, VOI LO SARETE ANCORA DI MENO. MA QUANTI POLITICI PIU’ O MENO POTENTI NON OLTRE IL PROPRIO QUARTIERE SONO STATI DIMENTICATI? TANTI, TANTI MA TANTI. FORSE VOI PENSATE DI AVER LASCIATO TRACCE INDELEBILI E IMPORTANTISSIMI PER L’ITALIA, MESSINA, PROVINCIA DI MESSINA E SICILIA? NO. NEANCHE LE GALLINE PADOVANE CHE SI SCAGLIANO TRA DI LORO PASSANO ALLA STORIA DOPO CHE GLI HANNO TIRATO IL COLLO. EBBENE VOI SIETE COME LE GALLINE PADOVANE, NIENTE

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