Il Teatro Vittorio Emanuele tra le priorità nell'agenda Crocetta

Il Teatro Vittorio Emanuele tra le priorità nell’agenda Crocetta

Rosaria Brancato

Il Teatro Vittorio Emanuele tra le priorità nell’agenda Crocetta

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domenica 18 Novembre 2012 - 18:18

Subito dopo la nuova giunta il neo governatore della Sicilia incontrerà i rappresentanti sindacali dei dipendenti del Vittorio Emanuele che da mesi protestano per i tagli e per il mancato pagamento degli stipendi. Da decidere anche la vicenda relativa al commissariamento.

Nell’agenda del Presidente della Regione Rosario Crocetta la vertenza del Teatro Vittorio Emanuele è ai primi posti. Il neo governatore ha infatti dichiarato che subito dopo la presentazione della giunta regionale sarà a Messina per un incontro con i rappresentanti sindacali dei dipendenti e degli orchestrali dell’Ente, ormai da settimane in presidio di protesta. L’intenzione di Crocetta è quella di trovare tutte le soluzioni possibili per andare incontro alle esigenze dei lavoratori non solo senza stipendio ma soprattutto senza garanzie di futuro alla luce dei continui tagli ai contributi regionali. L’ultima brutta notizia per il Vittorio Emanuele è stata una circolare del 9 novembre che ha disposto ulteriori tagli ai contributi ai teatri ed enti lirici siciliani già messi a dura prova nei mesi scorsi dalle sforbiciate del governo Lombardo. La circolare dell'assessorato regionale al Turismo avvisa il Vittorio e gli altri enti siciliani, che il contributo della regione per il 2013 sarà ridotto di un ulteriore 26%. Conti alla mano la somma che arriverà da Palermo sarà pari a 3 milioni e 844 mila euro. L’ulteriore taglio aggrava una situazione che già nei mesi scorsi era apparsa drammatica e che ha portato il Cda a sospendere la stagione. Il contributo della Regione infatti era già stato ridotto del 22%, facendo scendere la somma a 5 milioni e mezzo. Questa ulteriore decurtazione è un colpo mortale sia alla cultura che ai lavoratori. Quei 3 milioni e 844 mila euro che, in seguito a questa circolare, saranno stanziati nel 2013 coprirebbero a malapena i costi per i 68 dipendenti. Diversi i nodi da sciogliere: la pianta organica e la stabilizzazione degli orchestrali, quest’ultima prevista da una legge regionale entrata in vigore nel 2005 che prevedeva che il 20% del bilancio venisse utilizzato proprio a tal fine, ma rimasta inapplicata. Altro nodo è la mancata approvazione dei consuntivi 2010-2011 , fatto questo che ha bloccato i contributi regionali relativi alla scorsa stagione. Tra le decisioni che la giunta Crocetta dovrà prendere ci sarà anche quella relativa al commissario del Cda del Vittorio Emanuele, iter avviato dall’ex assessore Tranchida che aveva indicato per quel ruolo l’avvocato Fulvio Cintioli. Insomma un calderone pronto ad esplodere ma la volontà di dirimere la matassa e dare risposte ai lavoratori da parte di Crocetta non manca.

Rosaria Brancato

2 commenti

  1. ho rispetto per gli orchestrali,i pupazzari i tornitori,ma se il teatro non può mantenersi con la vendita dei biglietti per quale motivo deve pagare la regione e quindi i cittadini.Chiudete il teatro ed ognuno si cerca un altro lavoro.Se un bar,un abbigliamento,un venditore qualunque chiude ed i commessi e le maestranze sono licenziati mica li sovvenziona la Regione ed allora quale privilegio ha l’Emanuele?

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  2. IL TEATRO DEI “PUPI” – La vicenda del Teatro Vittorio ben si inserisce nel contesto fallimentare della città della quale costituisce nel bene (come risorsa da investire) e nel male (come strumento di potere)un simbolo non solo culturale ma soprattutto storico. Una città senza teatro è come un contenitore vuoto, un libro dalle pagine bianche. Il teatro, ancorchè luogo di svago, è il crogiolo culturale della società che anche da lì trae linfa vitale.
    Il Teatro di Messina però, in quanto ente autonomo regionale, non è stato certo all’altezza del suo ruolo. Una pletora gestionale fatta di virtualità più che di organizzazione ha messo alle corde, sin da subito, le pur belle individualità artistiche (e solo solo!…) mentre le lacune si sono viste all’impronta. Ingressi omaggio, ingaggi sproporzionati, spese ingiustificate ed ingiustificabili, sovrapposizione di ruoli, assenza completa di capacità gestionale ed operativa, hanno fatto del Teatro V. E. una sorta di club privée dell’alta borghesia (poca) e di una pletora di gente a cui fa piacere mischiarsi in un ambiente che “promuove” ed in cui il titolo è già di per sè un segno distintivo anche se non ce l’hai.
    E’ mancata e manca l’unica progettualità capace di indurre profitto. La comunicazione, ancora oggi illustre sconosciuta. Che avrebbe potuto e dovuto portare il teatro, quale significato culturale non già accessorio ma elemento di vita, nella popolazione a tutti i livelli, nelle scuole e negli strati sociali più modesti le cui capacità economiche non sono certo di quelle da listino prezzi del Teatro V. E. Dunque? Occorre una visione diversa del teatro concepito non già come luogo d’élite sociale ma come classe di cultura. Ma i soldi? Va da sè che la cassa si ottiene moltiplicando il numero dei posti disponibili per il prezzo del biglietto e per la durata della stagione. Il cartellone? Spettacoli di buon livello senza eccessi e inimmaginabili pretese. Investimenti mirati dunque e target aperto al grande pubblico che fino adesso non c’è stato. E come si fa? Ecco. Questa è una domanda a cui si potrebbe rispondere senza spocchia ma con lungimiranza gestionale. Non più un teatro di “pupi” politici dunque ma un’organizzazione di gente seria e capace. Con un obiettivo irrinunciabile: l’utile di esercizio.

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