Tra tanti che vanno via c'è anche chi decide di percorrere la strada inversa e investire nella propria città, riscoprendo con orgoglio le proprie radici
MESSINA – Sono tante le storie quotidiane di giovani messinesi che volano lontano dalle loro famiglie e dalla propria terra, in cerca di un futuro stabile, di un sogno da realizzare o semplicemente di certezze. Tra tanti che vanno via, però, c’è anche chi lo fa e poi decide di tornare. Questa è la storia di Martina, emblema di quanto sia difficile andar via, cercare la propria strada e ritrovarla a casa, nei luoghi dell’infanzia. Martina è una ragazza messinese che, come tanti, ha deciso di volare lontano per poi riscoprire, tra Milano e Bruxelles, che il suo sogno era proprio lì, dov’è cresciuta fianco a fianco alla nonna. Una storia di ritorno per investire nella sua Messina, in un progetto ambizioso e affascinante: rilevare l’antica merceria di famiglia e riscoprire la tradizione del ricamo. A pochi passi da Piazza San Vincenzo, quindi, nasce la sua oasi dedicata all’abbigliamento per neonati e bambini, un progetto che ha profumo della “fatica” e il sapore di un sogno avverato. A raccontarcelo è proprio lei, con gli occhi brillanti di chi parla, con orgoglio, della propria creatura.
Martina, quando nasce in te l’esigenza di andare via?
Dopo il liceo mi ero iscritta all’Università degli studi di
Messina, prima a giurisprudenza e poi, quando ho capito di non avere i giusti
stimoli, in scienze infermieristiche. In realtà, però, Messina mi stava un po’
stretta, avevo voglia di scoprire cosa ci fosse fuori. Sai, quando hai 18 anni e
vedi gli amici andare via magari non sei subito pronta. A 22 anni, invece, ho
cambiato idea e ho deciso di trasferirmi a Milano, non per studiare ma un po’
all’avventura, cercando di fare più esperienze possibili per trovare la mia
strada. Non sapevo ancora cosa volessi fare da grande. Lì ho trovato lavoro
come commessa in un franchising ma nonostante il buon salario non ero
soddisfatta. Ho lasciato quell’impiego per fare la stagista in uno show room di
moda donna. Lì ho capito che non amavo fare la vendita ma fare qualcosa in cui
sentirmi protagonista.
E da Milano decidi di andare ancora più lontano per trovare una prospettiva diversa.
Sì. Ho lasciato Milano e con il ragazzo con cui stavo all’epoca
abbiamo deciso di andare a Bruxelles, l’esperienza migliore della mia vita. Spero
di tornarci, sono esperienze che ti arricchiscono e ti danno molta ispirazione.
L’estero mi ha paradossalmente avvicinata a casa. Anche a Milano mi mancava la
Sicilia, come a ogni siciliano, ma all’estero l’Italia è vista ancora come il
Bel Paese, ti fanno sentire come fosse il posto più bello al mondo, soprattutto
la Sicilia. Da lì, non so come, è arrivata l’ispirazione partendo da ciò che
avevo sotto gli occhi: la merceria di mia nonna. Era una classica merceria
siciliana come quelle di un tempo, che vendeva tutto e in cui lei cuciva a mano
le copertine, quelle per i neonati in lana, in maglia o ricamate. Mia nonna era
sul punto di chiudere perché aveva quasi 80 anni e allora ho deciso di tornare,
anche perché ho scoperto grazie a un’amica il bando “Resto al Sud”, che per me
era un “Torno al Sud”.
Come ha preso forma la tua idea?
Abbiamo impiantato, insieme a un consulente, questo progetto
e dalla merceria ho deciso di prendere quello che era il corredino fatto a mano
e basare l’attività solo su questo. Qui da noi magari vengono date per scontate
queste cose, perché c’è chi ha la nonna, la zia, parenti che sanno realizzarle.
All’epoca, invece, ho notato che nel resto d’Italia e anche all’estero c’era la
tendenza a riscoprire questi prodotti. Ho studiato i competitors su internet,
ho avuto un po’ di fiuto e mentre tutti mi dicevano “ma cosa fai? Ma a Messina?”
sono andata dritta per la mia strada. Nel bene o nel male ho sempre ascoltato
solo me stessa e allora ho deciso di partecipare a questo bando. Non mi
aspettavo che andasse bene ma ci speravo. Non è stato facile ovviamente, non
ero una ricca imprenditrice e ho dovuto fare i salti mortali, com’è giusto si
faccia quando qualcuno vuole realizzare qualcosa. Pian piano ce l’ho fatta e
nel dicembre 2019 ho aperto ufficialmente l’attività.
Dal 2019 a oggi, con una pandemia nel mezzo, com’è andata?
Adesso è il secondo anno, il periodo clou perché ogni passo
è decisivo per portare l’attività su un altro livello o meno. In due anni così
tragici per le persone, io sono grata di aver trovato un lavoro in grado di
darmi così tante soddisfazioni. Ho scelto io di investire qui a Messina e anche
di investire in una zona che non è esattamente quella del centro, dove comunque
bisogna trovare la bottega giusta, far fronte ad affitti esosi, tutte cose che
limitano molto soprattutto i tanti giovani come me che non hanno le spalle
coperte. Io ho voluto creare da subito un negozio di quartiere, quello che una
volta era la normalità: non avrò la stessa vetrina, ma non è stato comunque
limitante. Con piccoli investimenti, con i social e l’e-commerce interamente gestiti
da me, riesco a vendere in tutta Italia. Non mi limita essere a Messina, come
mi dicevano in molti, ho venduto anche all’estero e mi ha reso molto
orgogliosa. Tante persone della città si avvicinano alla mia attività e questo
mi rende felice.
È stata una vera e propria sfida, una scommessa. Ti inorgoglisce vedere quanto hai fatto?
La cosa di cui sono più orgogliosa è di aver dato una
risposta ai tanti che non credevano nel mio progetto. Sono cresciuta in
merceria, con mia nonna, con le riviste di ricami, ma ero comunque una ragazza
che non aveva la competenza giusta all’epoca. Ho scommesso, ci credevo e poi ho
avuto ragione: anche i grandi marchi, come Zara ad esempio, sono tornati al
ricamo. C’ho creduto ed è la cosa più bella. In generale penso anche che in
questo momento storico si sia tutto un po’ resettato, forse anche a causa della
pandemia. L’avere tutto e di più ha fatto dimenticare le piccole cose, mentre
ora c’è la tendenza un po’ a tornare alle origini, che sia per moda o meno.
Tutto torna nella vita.
Cosa diresti ai giovani che oggi, dopo la maturità, cercano di capire quale sia la strada giusta?
Se dovessi dare un consiglio a una ragazza o un ragazzo di
18 anni direi di andare a scoprire il mondo, perché il mondo è bellissimo, come
lo è casa. Ma bisogna andarsene non per disperazione, bisogna farlo perché si
sente la necessità della scoperta, il piacere di vedere cose nuove. E poi,
aggiungo, fate scelte consapevoli senza piegarvi a ciò che dicono gli altri, al
clientelismo, agli ostacoli. Anche studiare, fatelo credendoci, non deve essere
un obbligo. Credete ai vostri sogni perché se non ci credete voi non lo fa
nessuno al posto vostro. Anche quando le cose vanno male poi le soddisfazioni
arrivano.
Dopo questo lungo percorso, chi ti senti di ringraziare?
Devo ringraziare tutte le persone che mi hanno già scelto, perché credono in una ragazza di 27 anni e sentire la loro fiducia è la cosa più bella. E poi ovviamente la mia famiglia, che mi ha sempre lasciato libera di scegliere, di spostarmi, di muovermi, anche quando cambiavo università e città. Ringrazio tutti loro per questo splendido percorso insieme.
Innanzitutto tutto bisogna credere prima al signore Dio nostro creatore… Tutto il resto ci sarà dato in più
In pratica è passata da giurisprudenza a infermieristica… poi a fare la commessa… Milano… Bruxelles… ecc… Quando alla fine poteva passarci prima alla merceria di sua nonna, avrebbe risparmiato tempo ed esperienze, senza dubbio interessanti, ma che non servono a nulla quando cambi un lavoro o un interesse all’anno… Poteva fermarsi prima e cercare di capire cosa voleva davvero, non cosa convenisse… Come tutti quelli che “emigrano” senza alcun progetto di vita specifica e poi tornano qui parlando di malinconia e radici… Scusate, ma per esperienza ci credo poco…
In pratica è passata da giurisprudenza a scienze infermieristiche… a Milano a fare la commessa… Bruxelles… ecc… Ma, aldilà delle esperienze fatte in questi anni, non avrebbe fatto meglio a pensare prima al negozio di sua nonna? Le è venuta questa idea dopo il giro del mondo? O doveva dirglielo qualche importante consulente internazionale? Scusate, ma io credo poco a chi “emigra” e poi torna, parlando di radici e nostalgia… Voglio vedere se questa volta mi pubblicate, o se si può scrivere solo ciò che fa comodo…