Via da Milano per rientrare a Messina, Roberto Moraci: "Tornato grazie allo smart working"

Via da Milano per rientrare a Messina, Roberto Moraci: “Tornato grazie allo smart working”

Giuseppe Fontana

Via da Milano per rientrare a Messina, Roberto Moraci: “Tornato grazie allo smart working”

Tag:

domenica 12 Gennaio 2025 - 07:32

Il manager ha convinto la sua azienda e ha fatto ritorno in Sicilia: "Non sarei andato mai via. Bisogna dare modo ai professionisti di restare"

MESSINA – Si chiama Roberto Moraci ed è un manager messinese che è tornato a casa dopo alcuni anni a Milano. Sono tanti i siciliani fuori sede che dopo essere andati via sognano di tornare dove sono cresciuti, tra chi non riesce a inseguire la propria strada e chi non vede vantaggi a vivere lontano, che siano economici o sociali. Roberto Moraci ha raccontato a Tempostretto la sua storia, spiegando che non sarebbe mai andato via se non fosse stato per un master “specifico” in un’università privata, la Bocconi, e soprattutto di essere felice per il suo ritorno in una Messina ritrovata diversa, migliorata e con voglia di cambiare e crescere ancora.

Via da Messina per un master alla Bocconi

“Io sono andato via da Messina nel 2019, a 26 anni, dopo aver terminato gli studi universitari – ha esordito Moraci nel suo racconto -. Volevo formarmi ulteriormente con un master di secondo livello che mi offriva soltanto l’università privata, in questo caso la Bocconi. Soltanto quel tipo di percorso mi permetteva di seguire la strada che avevo in testa di intraprendere. Durante i miei studi in professioni sanitarie mi sono reso conto di non voler stare in ambulatorio, ma ero più portato all’aspetto amministrativo della professione. Mi piacevano molto materie come economia, statistiche o altre materie simili. Così mi sono chiesto cosa potessi fare per passare dall’ambulatorio all’ufficio e la risposta è stata il master in management nella sanità. È stato un percorso full time di un anno, mi sono trasferito per questo”.

Gli stage e il lavoro

Dopo il master è arrivato il lavoro: “Lì alla fine del percorso ho fatto uno stage. Non sono stato confermato ma ne ho trovato un altro con un’azienda competitor della prima. Nel 2020 c’è stata la proclamazione del master e poi sono rimasto a Milano a lavorare. Ricordo che ai tempi del colloquio per il master la referente mi chiese: ‘Hai intenzione di lavorare a Milano dopo o di tornare a casa?’ E io lì ho risposto che sarei rimasto, perché sembrava impensabile poter tornare a Messina in una fase iniziale di carriera”. Roberto è stato poi assunto da un’azienda sanitaria italiana nel settore dell’odontoiatria. Durante il suo percorso è entrato in contatto con una società straniera, la “Michael Page”, che si occupa di selezione del personale: “Sono entrato in contatto con loro inizialmente per avere preventivi da questo fornitore esterno per trovare odontoiatri per l’azienda per cui lavoravo. Dopo un anno, mentre mi guardavo intorno perché avevo in testa di cambiare, ho chiesto all’attuale mia collega se stessero cercando. Ho fatto tre colloqui in una settimana e sono stato assunto. È stata un’opportunità nata quasi per caso, perché ci eravamo conosciuti per altro”.

La vita a Milano: “Non riuscivo a mettere un euro da parte”

E con la nuova azienda è cambiata la strada di Roberto, che ha colto l’opportunità di tornare a casa: “Il primo anno a Milano è stato come stare a scuola, visto il full time con altri 30 ragazzi della tua età. Dopo il master, durante il Covid, ognuno ha intrapreso una strada diversa e tanti sono andati fuori Milano. Con me c’erano anche tre ragazzi di Messina che poi hanno trovato lavoro fuori. Piano piano mi sono ritrovato da solo. E c’è un altro aspetto da considerare: in questi tre anni non sono riuscito a mettere un euro da parte. Nella fase iniziale di carriera, per quanto tu possa guadagnare una cifra che per il sud può apparire decorosa, devi fare fronte a spese di gestione diverse. Sono andato dal mio capo a fargli vedere le entrate e le uscite in 12 mesi e chiudevo a zero: non potevo più lavorare per la gloria. Anzi all’inizio visto l’investimento del master e di un anno a Milano senza entrate sei in perdita. La mia idea non era aspettare di diventare manager o direttore, non riuscivo a mettere da parte nulla nemmeno quando ho avuto l’indeterminato”. Da qui la decisione: “La mia azienda crede molto nello smart working. Ho letto i documenti sul lavoro agile che avevamo firmato con i contratti. Mi sono detto: ha senso lavorare 4 giorni in smart a Milano? Era un paradosso. Così ho chiesto di poter tornare a casa. E mi hanno risposto di sì, che potevo tornare in Sicilia lavorando in smart working. Sono tornato nel maggio 2023 e nello stesso mese sono stato promosso. Il mese scorso, a novembre, mi hanno promosso manager. Ho confermato all’azienda che anche a distanza si possono raggiungere determinati obiettivi. Ne sono felice”.

Una Messina “più strutturata e pulita”

Dopo qualche anno fuori, Roberto ha trovato Messina diversa: “La città è migliorata, è più strutturata e più pulita. È un dato di fatto che la città stia cambiando. Qui ho tantissimi amici che sono rimasti e molti tornano da fuori per le feste e mi dicono la stessa cosa. Io a Messina sto benissimo, non l’ho lasciata perché non mi andava bene o perché cercavo qualcosa di più stimolante. Il tema era l’ambito lavorativo: sistemando quell’aspetto ho colto l’opportunità di tornare. Purtroppo le università private sono a Roma o a Milano, se cerchi quel boost devi per forza andare via. Le università pubbliche sono tutte uguali invece”.

Il futuro: “Bisogna far restare qui i professionisti”

Il ritorno è stato una questione di qualità della vita? “Esattamente. Io non sarei mai andato a Milano se non ci fosse stata quel tipo di scelta. Ma il mercato di lavoro lì è diverso ovviamente. Ad esempio in questi giorni sto preparando un lavoro sulle farmacie nel Sud Italia e non ci sono investimenti di fondi stranieri che le rilevano e cambiano il marchio, ad esempio. Questo al Nord succede. Diventa un dato di fatto che chi si laurea qui in Farmacia, a meno che non sia disposto a trasferirsi per fare stage o master e intraprendere canali diversi, può solo bussare alla porta di qualche farmacia locale. Si parte svantaggiati così. Nel mio futuro mi auguro però che questa impostazione legata allo smart working possa prendere piede anche in altri settori e sdoganata in tutto il territorio. Bisogna incentivare lo smart working per fare tornare i giovani nella loro terra e si può fare, secondo me, solo sgravando le imprese: un dipendente in ufficio ti costa 100? Magari a distanza ti costa 80 e fai girare l’economia nel posto in cui i giovani sono nati. Per Messina invece auspico che possa far nascere possibilità anche in altri settori, aprendosi magari a multinazionali e realtà estere. Messina ha un polo universitario molto strutturato, in grado di creare ingegneri, farmacisti, giuristi, matematici, medici, veterinari, bisogna farli restare. Inutile creare ingegneri se poi non c’è una sola azienda, se non quella piccola, media, familiare, che possa farli lavorare”.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Premi qui per commentare
o leggere i commenti
Tempostretto - Quotidiano online delle Città Metropolitane di Messina e Reggio Calabria

Via Francesco Crispi 4 98121 - Messina

Marco Olivieri direttore responsabile

Privacy Policy

Termini e Condizioni

info@tempostretto.it

Telefono 090.9412305

Fax 090.2509937 P.IVA 02916600832

n° reg. tribunale 04/2007 del 05/06/2007