Il Tribunale conferma in primo grado le mazzette che avrebbero oliato alcune pratiche edilizie del Comune di Messina. Decise altre 7 condanne e 2 assoluzioni.
Dopo cinque anni di dibattimento, è arrivato stasera il verdetto del processo Via Facile, con al centro alcune pratiche edilizie del Comune di Messina tra la fine del decennio scorso e l’inizio di questo.
Il “principale protagonista” dell’inchiesta è Francesco Curcio, ex consigliere comunale, arrestato per corruzione nel 2013 e successivamente scarcerato. Oggi per lui l’Accusa, rappresentata dal PM Antonio Carchietti, aveva chiesto la condanna a 5 anni e 9 mesi per tutte le accuse contestate. Il Tribunale ha invece deciso diversamente e lo ha condannato a 4 anni e mezzo, assolvendolo da una delle accuse contestate.
LA SENTENZA della Corte presieduta da Mario Samperi è arrivata poco dopo le 20. Ecco il dettaglio: 2 anni e 7 mesi per Roberta Curcio, 2 anni per l’imprenditore Aurelio Arcoraci, Giuseppe Bonaccorso e Antonino Scimone; 3 anni e 2 mesi al dipendente Comunale Biagio Restuccia e Luca D’Amico, 3 anni a Luigi Ristagno. Assolti totalmente per non aver commesso il fatto Enzo Pinnizzotto e Placido Accolla.
Nel pomeriggio il PM Antonio Carchietti aveva chiesto soltanto due assoluzioni, quelle di Pinnizzotto e Accolla, che non avevano materialmente preso parte ai verbali “incriminati” delle Commissioni, e per tutti gli altri condanne tra i 2 e i 3 anni, ad esclusione di Curcio.
Il magistrato aveva messo per iscritto le sue conclusioni, consegnate alla Corte, ripercorrendo sostanzialmente le considerazioni che avevano spinto il giudice per le indagini preliminari a firmare i provvedimenti cautelari del 2013. Secondo la Procura, quindi, il processo, durante il quale sono sfilati molti testimoni e sono stati interrogati gli stessi imputati, ha confermato il quadro stabilito dall’inchiesta a suo tempo.
Di diverso avviso i difensori, gli avvocati Carmelo Vinci, Marcello Scurria, Isabella Barone, Nunzio Rosso, Carlo Zappalà, Gianluca Gullotta, Pinuccio Calabrò, Fabrizio Alessi, Cinzia Picciolo, Roberto Materia, che hanno in particolare messo in luce delle diverse interpretazioni delle intercettazioni telefoniche, quelle che secondo l’Accusa provavano la corruzione.
I giudici hanno poi assunto altre così dette “pene accessorie”, alcune interdizioni. Così, Francesco Curcio, D’Amico e Restuccia non potranno svolgere uffici pubblici per cinque anni, Curcio padre e figlia non potranno avere incarichi dalla pubblica amministrazione per 3 anni lui e per la durata della pena Roberta. Per Arcoraci, Bonaccorso e Scimone la pena è sospesa.
Il Tribunale ha infine rigettato la richiesta di risarcimento del WWF, costituitasi parte civile. Il Comune di Messina non si era invece costituito.
IL PROCESSO ha visto l’Accusa e le difese scontrarsi soprattutto sulla interpretazione delle intercettazioni telefoniche, come detto, e i profili di reato ipotizzati sull’iter delle concessioni edilizie, in particolare sulla contestazione di falso nei verbali delle Commissioni. Per comprendere le motivazioni del Tribunale bisognerà attenderne il deposito, tra 3 mesi, ma a guardare i reati per i quali è stata decisa la condanna e quali invece sono caduti, sembra che i giudici hanno ritenuto provati i casi di corruzione contestati.
L’INDAGINE, condotta dalla sezione di Polizia Giudiziaria della Polizia e coordinata dal sostituto procuratore Liliana Todaro, c’èra l’operato di Curcio come componente della Commissione di Valutazione di Impatto Ambientale del Comune, incaricata di rilasciare il nulla osta necessario al perfezionamento delle concessioni edilizie.
A dare il via agli accertamenti erano state le dichiarazioni dell’agronomo Saverio Tignino che nel gennaio 2012, lasciati gli incarichi al Comune, aveva denunciato anomalie negli iter di molti progetti edilizi.
All’epoca gli investigatori, diretti dal vice Questore Fabio Ettato, avevano già messo sotto la lente alcune pratiche sospette. La denuncia di Tignino fece a quel punto scattare approfondimenti mirati, e partirono le intercettazioni telefoniche sulle linee dei Curcio padre e figlia, di Placido Accolla e sull’utenza di un altro importante costruttore.
La tesi di base dell’Accusa, confermata alla fine del dibattimento di primo grado dal PM Carchietti, è che la Commissione in alcuni casi avesse concesso la VIA (l’autorizzazione appunto) in cambio di uno scambio di favori tra costruttori e membri della Commissione, in particolare con Curcio appunto, la cui figlia era stata impegnata come tecnico di parte in quei progetti poi passati al vaglio dall’organismo guidato dal padre, che avrebbe dovuto astenersi nell’esaminare i progetti ma in realtà non lo fece.
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Come è stata ridotta Messina con una edilizia senza scrupoli e ha vista di tutti .Già Jonny Stecchino in una scena del film , qui è tutto un magna magna!
Chissà se nell’edilizia Messinese ci vorrebbe Jonny ???