La presa di posizione dei lavoratori “influisce” sull’esito della votazione del consiglio che risponde compatto ma dubbioso: quali certezze sulla delocalizzazione dello stabilimento e sul futuro dei dipendenti? Calabrò: «La mia, posizione personale, non del partito». Scoglio “avvocato difensore” del consiglio
Il consiglio comunale ha fatto la sua parte, la palla passa ora al gruppo Faranda che, così come dichiarato, ha già un’idea precisa sull’area in cui effettuare la delocalizzazione dell’impianto. E’ stata approvata a fine mattinata la “delibera Triscele” che ieri ha “scaldato” l’aula consiliare portando i lavoratori ad una notte di protesta sulle scalinate di Palazzo Zanca (vedi correlati): 26 presenti, 25 voti favorevoli ed un astenuto, il capogruppo del Pd. Felice Calabrò: «La mia è una posizione assolutamente personale e non del partito. I miei colleghi faranno diversamente, ma io non ho intenzione di votare una delibera che presente dei vizi di forma». Unica voce “ufficiale” fuori dal coro, quella dell’esponente del Pd, che tuttavia poi tanto solitaria non è. Il consiglio, infatti, come ribadito in modo unanime nella maggior parte degli interventi, “promuove” la delibera solo ed esclusivamente nell’interesse dei lavoratori e per dare seguito a quanto disposto dal Tar. E sui presunti ritardi nei tempi di approvazione, il presidente Previti precisa: «La delibera è giunta in commissione il 18 agosto, è stata approvata dalla competente commissione il 14 settembre, poi ci sono state le votazioni di bilancio e ora ne stiamo discutendo, i tempi tutto sommato sono ragionevoli» quasi da standard europeo, vociferano dai banchi dell’aula. Insomma, da questo momento in poi, ciò che succederà fuori dall’aula non sarà più affare del civico consesso
Il timore però è chiaro e gli stessi consiglieri lo ribadiscono a più riprese: nonostante le garanzie fornite dall’azienda sulla delocalizzazione dello stabilimento, da effettuare grazie agli introiti derivanti dalla realizzazione del “Parco Trinacria”, il dubbio è di trovarsi di fronte all’ennesima operazione immobiliare, nulla più. Vota “sì” ma a “malincuore”, come palesato in fase di dichiarazione di voto, il consigliere di Fli Giuseppe Trischitta: «Non abbiamo nessun garanzia di ciò che sarà dei lavoratori e dell’azienda. Non possiamo che fidarci della posizione dell’impresa e del presunto accordo trovato con le parti sociali ma di cui nessuno ha conoscenza».
L’assordante silenzio dell’amministrazione riguardo ai fatti d’aula, viene interrotto dall’assessore allo sviluppo economico Gianfranco Scoglio, che in una nota “giustifica” le perplessità espresse dal consiglio, sollevandolo da qualsiasi responsabilità: «Preliminarmente rilevo – scrive Scoglio – che per la prima volta i lavoratori di un azienda intervengono a supporto della proprietà per sollecitare una modifica urbanistica, di rilevante carico edilizio, comportante la chiusura di una delle industrie cittadine più importanti, che per decenni ha rappresentato per la città un fiore all’occhiello, nel panorama europeo, per la qualità del prodotto offerto e per il marketing legato alla coincidenza del marchio con il nostro territorio. Non posso che giustificare tale comportamento come generato dalle promesse del management aziendale di rilocalizzare gli impianti in altra area (non meglio precisata) e dalle giuste preoccupazioni dei lavoratori relative alla conservazione del posto di lavoro. Tuttavia – si legge ancora – mi appare strano come, dopo il salvataggio aziendale, avvenuto nel 2006, si possa giustificare tale scelta in assenza assoluta di garanzie circa la nuova localizzazione, il piano industriale, la disponibilità delle risorse finanziarie necessarie ad affrontare un così importante investimento, connesso all’apertura di un nuovo stabilimento, e soprattutto di un crono programma che consenta il riavvio della produzione in tempi compatibili con la C.I.G.. In assenza di tali condizioni è indubbio che si palesi il rischio di una speculazione edilizia pur in presenza di tutte le condizioni di legge che legittimano il richiesto cambio di destinazione. Tali legittimi dubbi caratterizzano il procedimento e giustificano le perplessità del Consiglio Comunale, il quale va precisato, non ha alcuna responsabilità in merito ai tempi necessari per ponderare una scelta di così sostanziale importanza, determinata da un “errore tecnico” della vigente variante urbanistica i cui effetti, come peraltro rilevato in sede giudiziale, hanno determinato la riconversione anche della storica struttura dei “Molini Gazzi”. Quello che sorprende, in una città che negli anni trascorsi ha già pagato le scellerate scelte della demolizione del teatro Peloro, del palazzo dei Gesuiti, solo per fare alcuni esempi, e di altri immobili di rilevante pregio artistico e culturale, come alcun vincolo sia stato apposto dalle competenti Autorità in ordine ad un opificio industriale le cui fattezze rivestono tutti i connotati di un opera di architettura industriale anche per la presenza di testimonianze storiche delle attività produttive».
In mattinata approvata con tredici voti favorevoli, quattro contrari e quattro astenuti, anche la delibera relativa alla presa d’atto dell’iter procedurale del progetto per la realizzazione di un impianto di distribuzione carburanti in via Leonardo Sciascia a San Licandro. (ELENA DE PASQUALE)
(FOTO STURIALE)
Bene Calabrò,
invece io sento odore di bruciato provocato da qualche “palazzinaro messinese”.
Vedremo ben presto chi sarà a costruire.
In aulo troppi “yesman”, eppure loro ( i consiglieri comunali ) sono votati dai messinesi e non sono stati nominati… ed allora sono proprio scarsi, oppure …..