Una scommessa vinta per Gabriele e Gianluca Arcovito, Giuseppe Denaro e Matteo La Spada, quest'ultimo pluripremiato pizzaiolo e artigiano della farina. Redazionale
MESSINA – Un anno fa, quando Gabriele Arcovito, Gianluca Arcovito e Giuseppe Denaro si sono “lanciati” nella nuova avventura dell’Orso al Duomo, non sapevano che il 2023 sarebbe stato un anno di grandi soddisfazioni. Sono arrivati i premi, con posizioni migliorate in classifica, i tre spicchi Gambero Rosso confermati e la novità delle tre rotelle, conquistate per L’orso in teglia, sul viale San Martino, ulteriore gratificazione sia per i proprietari sia per Matteo La Spada, di fatto un artigiano della pizza e degli impasti. Ma è arrivata anche e soprattutto una vittoria, quella raggiunta ampliando l’orizzonte delle proprie creazioni.
Il concetto “Duomo”
Sì perché quella che poteva sembrare soltanto una sorta di succursale, ma a pochi passi dal Duomo, è diventata un’evoluzione ulteriore di un prodotto ormai radicato e gustato anche da cittadini provenienti da fuori città. E a un anno dall’apertura, con un evento organizzato esclusivamente per i giornalisti di Messina, i tre soci hanno spiegato perché oggi si può parlare di scommessa vinta, ma soprattutto cosa li ha spinti a lanciarsi nel vuoto, in un progetto a metà tra l’Orso di Via Calapso, più “pizzeria” e ristorante del Duomo, e l’Orso in teglia del Viale San Martino. Li ha spinti, di fatto, la voglia di far evolvere un prodotto sempre più legato al territorio, tanto da spingerli a visitare produttori e fornitori, per scoprire i segreti di ogni singolo ingrediente.
La storia: “Partiti nove anni fa senza nessuna esperienza”
Un viaggio, quello del Duomo, partito un anno fa. Ma quello dell’Orso, invece, ha avuto inizio nel 2014. A raccontarlo è stato Gabriele Arcovito: “Noi nasciamo come organizzatori di eventi, siamo partiti con una discoteca. Poi per una serie di eventi ci siamo trasformati. Ma all’inizio eravamo ragazzi senza nessuna esperienza. Nove anni fa c’è stata l’occasione dell’Orso da cui è partito tutto, quello in via Calapso. Era più un disco-pub, dove organizzavamo eventi musicali accompagnati dal cibo. Poi il dr Why, quindi l’intrattenimento, ci ha dato una spinta decisiva”.
La crescita del marchio è andata di pari passo a quella del prodotto proposto. La pizza di Matteo La Spada, piano piano, è diventata l’eccellenza che oggi in tanti, non solo a Messina ma in Italia, conoscono e apprezzano: “Matteo, quando è arrivato, si è presentato come persona senza esperienza. Ha subito sposato il nostro progetto, la nostra idea, ed è lì che è nato il nostro legame. Ha dimostrato la volontà di voler imparare, studiare, sperimentare. Ha dimostrato una passione che ci ha portato fin qui. L’Orso in Duomo per noi è la ciliegina sulla torta. Nonostante il suo core sia la pizza, per noi questo è un ristorante. Abbiamo puntato su un luogo che fosse elegante, per alzare ancora il livello del servizio”.
Le novità nel menù legate a Messina
Durante la serata è stato proposto un menù con diverse novità, ma sempre legate a Messina e alla Sicilia. Ad aprire e chiudere sono stati i cocktail di Daniele De Carolis, un’altra eccellenza del Duomo. In mezzo, vini del territorio, come il Peloro Bianco, il Faro Doc, il Peloro Rosso e il Nanuci, hanno accompagnato quattro specialità proposte dal pizzaiolo e un dolce preparato dallo chef Francesco Foti. Si è andati dalla “Messinese” alla “Letojanni”, con provola affumicata, senape selvaggia e crema orso, passando poi per la “Ucria”, che tra roastbeef di manzo, salsa tonnata, sedano croccante, foglie di cappero e provola affumicata ha portato in tavola i sapori di Nebrodi e Madonie. E poi la “Disgraziata”, un omaggio a Don Minico da gustare rigorosamente con le mani, ultima pietanza prima del dolce “Marianne”, sfoglia con mousse di ricotta dolce e zucchero a velo al sapore della “libertà”.
Matteo La Spada: “Come nasce Duomo”
A parlare è stato poi Matteo La Spada: “Duomo è un concetto di pizza che nasce prima come sperimentazione, poi come evoluzione per aggrapparci al territorio. La Duomo nasce con 3 cotture, la prima a vapore, poi in un forno statico e poi a riposo per almeno 12 ore a 4 gradi. Volevamo mantenere la morbidezza della pizza. Ma è un mix di farine, tra cui la margherita che ci parla di territorio, della nostra terra”. E ancora Gabriele Arcovito: “Questo prodotto finale ci sta dando molte soddisfazioni, perché ci siamo lanciati in un’avventura nuova che poteva sembrare un azzardo. Era qualcosa di nuovo, un esperimento, concentrandosi sulla lavorazione ma anche sulla ricerca. Toccare con mano le realtà dei nostri fornitori e produttori ci ha fatto capire la differenza abissale tra la qualità del territorio e quella delle grandi catene. Questa per noi è una bella avventura”. Un avventura, fin qui, ricca di emozioni.