Viola Graziosi e Graziano Piazza…un racconto senza filtri

Viola Graziosi e Graziano Piazza…un racconto senza filtri

Tosi Siragusa

Viola Graziosi e Graziano Piazza…un racconto senza filtri

sabato 22 Agosto 2020 - 12:08

La rappresentazione nell’antico e iconico Teatro di Tindari di “Elena tradita”, portata per altro in scena, ad oggi, anche a Locri e Segesta ,da questa armoniosa coppia , che è tale non solo nella vita di finzione, diviene per me ghiotto pretesto per scandagliare fra i meandri di un personaggio femminile tanto chiacchierato, quanto, a mio avviso, vulnerabile .La parola va a Viola e Graziano che, come potrà agevolmente constatarsi ,non hanno mai inteso differenziare le idee espresse in riscontro a questa ,che non deve intendersi quale rituale intervista, quanto piuttosto incontro con due anime belle ,capaci di approntare anche interessanti contributi, mai autoreferenziali ,sul ruolo odierno del teatro ,in continuum con quello del mondo greco datato ,quale, cioè, raduno, ritiro di un popolo. Graziosi e Piazza ,nella mise en scene in parola, validi interpreti ,con Piazza ,che ,come sovente accade ,si cimenta con autorevolezza anche nella regia .Un convinto plauso a questa magico duo ,portatore di grazia e soavità.

1-Come delineereste la vostra rappresentazione ideale, nella quale potervi identificare e sentirvi espressi appieno?

È mai accaduto che sul palco, anche solo per qualche istante, siate, per così dire, riusciti a” entrare nel quadro”?

Il tentativo è che ci accada ogni volta! Entrare nel quadro, come dici, è il centro stesso della nostra ricerca come artisti e come esseri umani. Il quadro vivente del teatro contiene anche il pubblico e quindi la stretta relazione che si crea con il testo e l’attore. L’equilibrio di questa triade, l’armonia fra le parti e l’ascolto nella giusta relazione di ciascun componente crea i presupposti per generare un Teatro Vivo. A noi piace chiamarlo un Teatro d’Amore: proprio per sublimare la relazione, l’ascolto, la sensibilità, la pratica del Sacro Fare. Pratica dell’amore e della conoscenza attraverso gli atti stessi della propria vita, sul palco e fuori, anche qui attraverso una relazione profonda. La compromissione è fondamentale in tutto ciò che facciamo, tanto quanto la costanza, e la poetica del quotidiano, anche nei piccoli gesti giornalieri. E questo contiene anche i piccoli fallimenti, le piccole miserie, gli sbagli, fortunatamente! Ogni volta tutto ciò ci sorprende e ci nutre. La rappresentazione ideale per noi non è e non può essere un’immagine fissa, è in continuo mutamento; la costante è che quando lavoriamo insieme sul palco, la Bellezza alla quale possiamo arrivare è sicuramente maggiore.

Forse questa foto è abbastanza rappresentativa… (ph. Francesco Fiorello)

2-Nel comune sentire il personaggio di Elena è sinonimo di vanità, leggerezza, incostanza e in fondo anche di pochezza e pericolosità…. Quanto ciò si attaglia a un sentimento ancestrale e dunque misogino, ancora purtroppo saldamente radicato?

Credo che il problema di Elena risieda proprio in questo sentimento ancestrale misogino che è annidato nelle nostre origini, al punto che non ce ne rendiamo più nemmeno conto. Ed è per questo che ci preme mettere in luce queste aberrazioni. Si parla tanto di parità oggi, ma non ci sono ancora i principi fondamentali per questo. Il primo è il concetto di libertà. Libertà dell’essere, e dell’autodeterminarsi. Che non vuol dire l’anarchia o il tutto è permesso, ma la necessità di conoscersi, nel bene e nel male, per riuscire a trarre il meglio da noi tessi. Elena è per me (Viola) l’emblema del femminile, un personaggio modernissimo. Non è un’eroina ma una donna normale, una donna che sbaglia, una donna che ha momenti di leggerezza e vanità…che male c’è? Non siamo tutte e tutti così? L’incostanza non è uno dei punti fondamentali dell’essere umano che dice voglio fare questa cosa, e poi ne fa un’altra? E forse conoscendo e facendo i conti con la propria incostanza e vanità possiamo riuscire a migliorarci. Elena torna da Menelao e chiede scusa. Sicuramente aver interpretato questo personaggio nelle Troiane di Euripide al Teatro Greco di Siracusa lo scorso anno, con mio marito che faceva Menelao mi ha permesso di pormi in relazione ad Elena senza giudicarla. Avevo da poco fatto una promessa di fedeltà a Graziano. E qualunque promessa di fedeltà contiene in sé la possibilità del suo contrario a meno di ribadire questa promessa ogni giorno, ogni momento. Per me Elena ha avuto una svista, e forse era la prima volta che le capitava…ma in lei prevale un desiderio di conoscersi e accettarsi, accettare anche di sbagliare, che me la rende vicina. Ha una fortissima vitalità e questo è un bene fondamentale. Non si nasconde dietro perbenismi ipocriti. Ricorda molto Marilyn di cui di recente abbiamo ritrovato una dichiarazione che avrebbe potuto esprimere Elena stessa: “La gente non mi vede! Vede solo i suoi pensieri più reconditi e li sublima attraverso di me, presumendo che io ne sia l’incarnazione.”

Elena è quella parte che ci fa paura di noi stessi, perché vorremmo tutti essere dei grandi uomini, degli eroi, delle eroine. Ed è questo che ci interessa indagare.

Nello stesso momento questa indagine, questa riflessione profonda e leggera, queste parole e questi atti carichi di contraddizioni e antinomie, pongono il maschile davanti ad una nuova auspicabile consapevolezza del femminile, (ed Elena per noi ne diventa l’emblema) che deve necessariamente ridefinire la propria posizione nel mondo. Il peccato originale, e la considerazione che molte religioni hanno nei confronti della donna, non può più essere la struttura della relazione sociale. Siamo di fronte ad un cambiamento in atto. Ora è davvero necessario porsi le domande giuste. Per il maschile e il femminile. Già molto è cambiato. E anche la paura, piano piano si scioglie.

3-Ho appreso del vostro interessante progetto sul femminile attraverso le figure prescelte. Qual è il fil rouge che le accomuna e come si colloca un personaggio tanto ambivalente quale Elena in tale contesto?

La Trilogia del femminile che vede Viola in scena e Graziano regista (ma in scena con lei, nei suoi respiri), si compone di tre figure: la donna di Aiace, testimone delle sue ultime parole prima del suicidio, Ofelia vittima per eccellenza, nelle sue peregrinazioni prima della caduta dal ramo, e l’Ancella di Margaret Atwood, nel mondo distopico che oramai conosciamo attraverso le immagini della serie tv di queste donne vestite di rosso, uniche ancora in grado di generare. Queste 3 figure non sono tre figure di sante, sono donne che trovano le parole e prendono posto al centro della scena per dare valore al loro sentire, al loro perdersi, al loro dolore, alla loro capacità di trasformazione e rinascita attraverso la loro “liquidità”, come ci piace dire, che si adatta alle forme e si ri-genera. Però sono anche tre figure che smettono di fare le vittime e guardano anche il loro lato oscuro. Se in Aiace la vanità è quella dell’eroe che si uccide proprio perché non sopporta la vergogna del suo abbaglio… (doveva morire Elena per diventare un’Eroina?), nell’ancella di The Handmaid’s Tale ci ritroviamo davanti a qualcosa che ricorda “Se questo è un uomo”, dove l’istinto di sopravvivenza ci mette di fronte alla mostruosità che “ci” riguarda, vincitori e vinti, buoni e cattivi, vittime e carnefici. Non sono opposti, ma si compenetrano. E allora Elena arriva a coronare tutto questo. Con Elena ci siamo voluti trovare in scena insieme, per ripartire (anche dopo il lockdown) dalla relazione che è fondamentale per noi e per/con il pubblico. Elena contiene tutte le donne e tutti gli uomini. Diventa un emblema del desiderio, del proibito, del peccato, la sfinge, l’enigma. Ed è Kairòs, il tempo “ora”, che le porge le giuste domande e l’accompagna in questo suo manifestarsi, anzi quasi la induce a farlo, la libera dalla paura, la contiene e ne è contenuto, la ama, perché “Non c’è amante che non ami per sempre”, come Ecuba dice a Menelao, come Kairòs impara dalla Donna che ha attraversato le ere.

4-per Viola- Come ti sei trovata nei panni della donna più bella del mondo? Anche tu sei molto avvenente e dunque ben venga tale identificazione. Ti sei davvero sentita Elena e, se sì, che valore hai dato all’esteriorità del personaggio, foriera di sentimenti tanto negativi nel prossimo?

Ti ringrazio per il complimento! È chiaro che impersonare Elena fa effetto, e ha dato una bella botta alla mia insicurezza da un lato e alla mia vanità dall’altro…a proposito di contraddizioni (ride!). Scherzi a parte, come forse ho già detto, ho vissuto Elena dall’interno, come quella donna che non viene vista né compresa per quella che è. Al di là della sua immagine esterna. Al di là di quello che gli altri vedono o proiettano su di lei. Non certo ingenua, ma consapevole del suo potere sugli uomini e sul mondo. È una donna fiera, coraggiosa, che non si tira indietro. Diciamo che ho cercato di far arrivare Elena malgrado la sua immagine, far arrivare la sua anima sensibile e imperfetta e allo stesso tempo desiderosa di vita, coraggiosa, affamata, augurandomi che il pubblico potesse andare oltre la mia immagine: in teatro sublimata da luci e un magnifico costume che Graziano ha voluto per rendere ancora più immutabile nel Tempo l’idea della Bellezza, dell’apparenza, di ciò che vogliamo sia la Bellezza, andare oltre questa ipnosi, questa gabbia delle forme, specialmente nei magnifici teatri antichi siciliani dove fino ad ora è stata rappresentata. Ci tengo a dire però che sono grata a un autore come Luca Cedrola per aver dato a Elena le parole per dire, per dirsi…e a Graziano che in scena con me nelle Troiane lo scorso anno, come in Elena tradita quest’anno, riesce a contenermi e a guardarmi con occhi puri.

5-per Graziano- Elena è una donna dei nostri tempi che non ha mai tradito i suoi desiderata, gli impulsi e le emozioni. È stata però tradita nelle rappresentazioni autorali. In primis da Euripide, mai benevolo nei suoi riguardi, ma anche i suoi epigoni non l’hanno certo riscattata. C’è da parte vostra un anelito di risarcimento verso il mondo femminile e il tentativo di mostrarcela razionalmente, scevra da luoghi comuni?

Insieme all’autore Luca Cedrola, Viola ed io volevamo esprimere come questo tentativo riguardi una visione sul mondo, mi piace dire “un’attitudine”, una sensibilizzazione che riguardi tutti, donne e uomini. Questo anelito sta nei dettagli, nelle parole, negli impulsi stessi in cui si annidano quei “pensieri trasparenti” che continuano a formulare, dentro di noi, divisione e separazione di campo, di genere, non intendo dire il generico “siamo tutti uguali”, no, anzi, le differenze devono essere profondamente riconosciute, vissute come ricchezza, come possibilità continua di rinnovare vita, di confronto, di cambiar le forme. Un cambiamento che riguarda tutti, una vera e propria rivoluzione, si, forse un’utopia, un Teatro dell’Utopia che ho conosciuto lavorando con grandi maestri come Luca Ronconi o Peter Stein, di questo il Teatro deve occuparsi, di questo gli attori devono farsi canali liberi. Per non tradire bisogna continuamente rinsaldare il patto, vedere le contraddizioni, reagire e ribellarsi con determinazione, ma anche con la giusta leggerezza e onestà.

6-Quale credete sia ai nostri tempi il valore aggiunto dell’arte teatrale e come, ove fosse possibile, ne apportereste mutamenti per rinsaldare il rapporto con il pubblico?

L’arte teatrale è essenziale oggi più che mai perché in un tempo storico in cui abbiamo perduto tanti riferimenti, e forse l’unico rimasto è quello del consumismo (vedi le code per avere l’ultimo iPhone), e in cui proprio di recente siamo stati messi di fronte alla nostra pochezza e impotenza, il teatro è ancora il luogo del Rito che ci accomuna, quindi del ritrovamento, che non è per forza di cose assembramento. Non è un’ammucchiata, ma un ritrovamento nel guardarsi, rispecchiarsi e ri-conoscersi insieme, alla giusta distanza, nel momento presente e inafferrabile, e sentirci parte di un Tutto spazio-temporale di cui siamo ospiti e parte attiva. Il teatro è così il luogo che guarisce, il luogo della Parola creatrice (che è contraria del pensiero ripetitivo mentale), il luogo che toglie spazio alla menzogna malgrado si dica che l’attore sia un bugiardo, perché quello che passa, quello che fa battere i cuori all’unisono è Vero. È esperienza vissuta insieme.

Noi lavoriamo per il pubblico, per creare un’esperienza che ci disponga all’incontro. Che ci parli di domande che sono essenziali, e che dall’antichità ad oggi ci accomunano. E allora si, ci piacerebbe che il pubblico fosse ancora più vicino a noi, che comprenda il nostro lavoro. Preziosi sono i momenti di incontro, di scambio e di condivisione dove si possa parlare di ciò che si è vissuto insieme. Scambiare. Com-prendere. Perché così, insieme, ci sentiamo tutti più forti nel cammino della nostra vita. Il Teatro è il luogo che da speranza ed è in sé Cura per l’anima. E un ’anima forte, rende anche il corpo più forte. Riconoscersi in comunità che osserva, sentirsi insieme nel microcosmo che si specchia con le stelle, come intendeva Shakespeare, riconnettere la centralità dell’uomo, senza troppi intellettualismi, ma anche senza nessuna banalizzazione superficiale, lasciare, quindi che lo spazio teatrale rinnovi le sue dimensioni interne, con nuovi spazi in cui sentirsi insieme, come dicevamo prima, nella ricchezza delle differenze, nell’apporto che ciascun ascolto può dare al flusso di verità del mondo, questo è possibile solo nel luogo interiore ed esteriore della propria libertà. Il Teatro deve essere questo.

7-Ancora, e per finire, Elena, di stirpe regale, figlia di Giove e Leda, sorella dei Tindaridi, Castore e Polluce, come infatti delineata nelle Heroides di Orazio, non è certo da meno rispetto al lignaggio di Paride…. non potrebbe essere che sia stata tramandata ai posteri come “donna perduta” solo per i preconcetti ancora oggi duri a morire e rappresenti un danno collaterale della narrazione storico – mitologica, uno dei tanti?

Elena, a mio avviso, era di certo sensibile alle lusinghe e ha magari tentennato di fronte ad una tentazione di tal fatta… ma perché avrebbe dovuto abbandonare un mondo regale e civilizzato per un altro, in fondo a lei poco consono?

La domanda forse potrebbe così riformularsi: perché nel mito, come tra noi piccoli uomini, il principio maschile ha costantemente bisogno di un principio femminile che gli tolga la paura della trascendenza o della sua possibile vanità? E credo che ne abbiamo già dato risposta. Per noi centrale non è sapere se è colpevole, o se come dice Euripide, la Sua protagonista era solo un fantasma e la vera Elena era con il suo Menelao in Egitto. Centrale è credere che abbia potuto farlo. E che non è una colpa. Che non è quella l’origine della guerra. Che Elena non può essere annoverata tra i personaggi femminili negativi, quali Medea, Clitemnestra, o Ecuba che il troppo dolore porta a far uccidere i figli di Polimestrore, solo per vendetta. Certo Elena non rientra nemmeno nelle vittime sacrificali, come Ifigenia o Polissena, e nemmeno nelle eroine giustiziere come Antigone. È un crocevia di tutti i sentimenti umani, è l’emblema della Bellezza in senso lato. Ci pone davanti al nostro desiderio, alla perdita di controllo, a ciò che scatena le nostre pulsioni. È la tentazione. E come tale è modernissimo porci al suo cospetto.

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