La forte grandinata che ieri si è abbattuta sui comuni del messinese ionico, evento estremo riconducibile ad un potente nucleo temporalesco che si è originato lungo il versante orientale dei Peloritani orientali.
Nel pomeriggio di ieri, mentre l’area dello Stretto veniva attraversato da un vasto sistema temporalesco a mesoscala, risultato dell’unione di più “Celle temporalesche” che si sono rapidamente sviluppate sopra una corrente d’aria altamente instabile (a quote medio-alte) in scorrimento verso il basso Tirreno, una violenta grandinata si è abbattuta fra i Peloritani meridionali ed i comuni della fascia ionica messinese, da Alì fino a Santa Teresa di Riva, cagionando numerosi danni alle tante autovetture posteggiate all’aperto. Quel che ha stupito maggiormente è stata l’intensità del fenomeno, che seppur breve e molto localizzato su un’areale relativamente ristretto, ha creato notevolissimi disagi e purtroppo anche dei danni. I chicchi di grandine, durante la fase più intensa del temporale, hanno raggiunto dimensioni medio-grandi, del calibro di una palla da golf. Alle nostre latitudini è davvero molto raro assistere ad eventi grandinigeni di tali dimensioni e consistenza. Generalmente questo tipo di grandinate sono molto tipiche durante il periodo estivo su diverse aree della pianura Padana e dell’Europa centro-orientale, quanto l’intenso calore che viene imprigionato sopra le vaste lande continentali fornisce quell’energia potenziale che funge poi da carburante per la formazione di temporali particolarmente violenti. In questo caso la vigorosa grandinata si è localizzata in un singolo nucleo temporalesco che ha rapidamente scavalcato i Peloritani, transitando a sud dello Stretto di Messina.
Le nubi (cumulonembi), all’interno di questo nucleo temporalesco, piuttosto localizzato, hanno raggiunto i 13 chilometri di altezza, sfondando a quote decisamente molto elevate (alta troposfera), dove le temperature estremamente fredde hanno congelato la sommità del corpo nuvoloso, intensificando notevolmente i moti ascensionali al suo interno. In tale contesto la grandine si forma in presenza di correnti ascensionali molto forti in seno ad una nuvola temporalesca, carica di fulminazioni. In questo caso accade che un primo nucleo di ghiaccio, presente lungo la sommità della nube temporalesca (dove le temperature raggiungono i -50°C), viene trasportato in su e in giù nella nube, dove si fonde con altri piccoli aggregati di ghiaccio e gocce d’acqua per poi ricongelarsi nuovamente e diventare sempre più grande. Quando le correnti non riescono più a sollevare e trattenere i pezzi di ghiaccio, perché divenuti troppo pesanti, questi tendono a ricadere sulla terra, generando la grandinata. Proprio in questi casi, tutti gli aggregati delle particelle ghiacciate che non riescono a fondersi prima di raggiungere il suolo, causano spesso notevoli danni sia nelle campagne che alle abitazioni e alle autovetture posteggiate all’aperto. Inoltre è possibile distinguere anche due tipi di chicchi di grandine. I chicchi di grandine che cadono ad alte temperature sono trasparenti perché privi di bolle d’aria. Quelli che cadono a temperature più basse, nella stagione invernale, sono bianchi perché ne contengono molte.