Riceviamo e pubblichiamo la mail di Caterina Interdonato inviataci per aprire una finestra sulla dislessia, un problema e non un malattia che crea difficoltà di apprendimento.
-Spettabile redazione,
scrivo questa mail con l’intenzione di aprire una finestra su di un problema che sembra aver bisogno del vostro aiuto.
Il problema di cui parlo è la DISLESSIA o, meglio, i Disturbi Specifici d’Apprendimento.
La dislessia è un disturbo dell’apprendimento di origine genetica che riguarda la difficoltà di lettura, scrittura e calcolo. Non è causata da un deficit di intelligenza (anzi, i bambini dislessici sono, il più delle volte, molto intelligenti, vivaci e creativi), né da problemi ambientali o psicologici (che, invece, ne sono una conseguenza: perdita di fiducia nelle proprie capacità, mancanza di autostima, comportamenti sociali alterati, chiusura in se stessi, difficoltà di comunicazione…).
In Italia i dislessici sono 1.500.000, numero considerevole che non giustifica l’ignoranza e lo scarso interesse che il problema riscuote.
Le famiglie sono spesso sole nell’affrontare il problema e gli enti scolastici non sono il più delle volte in grado di supportare e venire incontro alle esigenze di queste studenti particolari che, invece, se ben guidati e indirizzati, potrebbero venire a capo delle loro difficoltà.
E’ ormai scientificamente provato che la dislessia sia un disturbo causato da disfunzioni neurologiche derivanti da alterazioni genetiche (una semplice ricerca -dislessia+genetica- sul web potrà darne conferma).
Malgrado ciò la dislessia non è una malattia, ma un disturbo che colpisce un bambino in ogni classe (3-5% della popolazione scolastica); non esistono medicine che possano curare il disturbo, si possono attuare strategie di apprendimento (e di insegnamento) diversificate.
Perchè proprio qui sta il punto: ragazzi dall’intelligenza normale (a volte superiore), integri dal punto di vista fisico e neurologico, hanno un diverso modo di apprendere, non legato alla letto-scrittura, ma ad altri canali diciamo così -meno tradizionali-.
Nel mondo anglosassone, dove il problema è stato scoperto molto tempo prima che da noi, è ormai normale parlare di dislessia e stili di apprendimento differenti: molti nomi noti nel campo della politica, del cinema, dell’arte, della musica e della scienza hanno ammesso di essere dislessici e di aver avuto difficoltà nel loro percorso scolastico. Malgrado ciò, una volta usciti dalla scuola, hanno potuto mostrare il loro valore.
Ma quanti non possono avere le stesse possibilità a causa di -maestri- ottusi che non vogliono adattare il loro stile di insegnamento allo stile di apprendimento di questi ragazzi?
E’ proprio per informare in primis gli insegnanti e dare sollievo ai genitori e ai dislessici stessi che da 10 anni l’Associazione Italiana Dislessia si occupa del problema. Divulgando informazione, non farmaci o psicoterapie! E’ un lavoro lento e metodico che si avvale di formatori del mondo scolastico, di genitori sensibili e di dislessici adulti (che hanno cioè lasciato il mondo della scuola) che portano la loro esperienza.
Su internet è possibile reperire informazione sul sito ufficiale (www.aiditalia.org) dell’associazione e sul forum (www.dislessia.org/forum/) nel quale scrivono genitori, insegnanti, tecnici sanitari e dislessici (qui anche non adulti).
Se avrete l’occasione di visitarlo vi accorgerete che è una bella comunità solidale e superinformata, dove tutti sono accolti e non si dà importanza agli eventuali errori di scrittura (sarebbe assurdo).
Scrivo nella speranza che un vostro accenno al problema possa arrivare ad un gran numero di persone e ci aiuto nell’opera di informazione che stiamo attuando.
Sono certo che accoglierete la mia sollecitazione e, con piacere, vi saluto
Caterina Interdonato.