Le nuove rotte commerciali taglieranno fuori la città dai circuiti internazionali del commercio?
13/09/1510
Il viaggio intrapreso da Cristoforo Colombo, navigatore genovese,figlio di Domenico Colombo, commerciante, si è concluso nell’ottobre del 1492, su una spiaggia, che nella convinzione di tutti, doveva appartenere ad una regione inesplorata delle Indie.
L’isola in questione è stata battezzata Guanahai e fa parte dell’arcipelago delle Bahama.
In un clima caratterizzato da scetticismo ed entusiasmo, i sovrani Ferdinando II d’Aragona, figlio di Giovanni II d’Aragona e Juana Enriquez, e Isabella di Castiglia, figlia di Giovanni II di Castiglia e Leon e Isabella di Portogallo, hanno acconsentito a finanziare il viaggio del navigatore genovese.
La possibilità di raggiungere per altra via le Indie, non era una occasione da farsi fuggire. Non sono, però, per questo motivo, passate inosservate le conseguenze che un viaggio di questo tipo avrebbero potuto determinare nel fragile equilibrio che da secoli regna nella vita economica nel Mediterraneo.
Con preoccupazione apprendiamo adesso non solo dell’esito positivo dell’impresa, ma fanno tremare le considerazioni rilasciate da un altro navigatore e cosmografo fiorentino, Amerigo Vespucci.
Uno dei nostri inviati in giro per la penisola, riferisce di essere venuto a conoscenza di una notizia che non farà dormire sonni tranquilli a quanti hanno legato le proprie fortune al commercio nel Mediterraneo.
Amerigo Vespucci sostiene, infatti, che le terre toccate da Cristoforo Colombo non possono neanche lontanamente assimilarsi alle Indie, ma che quella raggiunta non sia altro che una propagine di un nuovo e inesplorato continente.
Del resto queste considerazioni sembrano avvalorate da alcuni viaggi compiuti dallo stesso, in quella che apprendiamo essere stata battezzata, su suggerimento del cartografo Waldseemuller, come America del Sud.
Questa notizia non arriva certamente in un momento particolarmente felice per la nostra città e per i traffici nel Mediterraneo. Sempre più grande è infatti il numero dei navigli portoghesi, inglesi e olandesi che solcano i nostri mari.
Come era facile immaginare i boschi della penisola non sono più in grado di soddisfare le richieste per la costruzione di nuove imbarcazioni, il cui numero esiguo ha spinto non solo armatori e commercianti messinesi ,ma di altre città, a prendere in affitto il naviglio straniero.
Messina, da secoli crocevia di merci e di uomini, assiste alla dilagante ascesa dell’imprenditoria inglese, sempre più presente con le proprie navi nel nostro porto.
L’elezione di Antonio Bettoni in qualità di console inglese non è che uno dei tanti provvedimenti volti a consolidare la presenza inglese in città.
I traffici di frumento, olio pugliese, vino greco, legname per botti, ha attirato chissà per quanto tempo commercianti come i fratelli Wood, già presenti con due sedi a Messina e Cadice. Ora, accanto ai nomi delle più prestigiose famiglie messinesi, spiccano, inoltre, quelli di Cooper, Edmondo Lambert, Giacomo Pole, Adualdo Grant.
Di fronte alle nuove cordate imprenditoriali ci chiediamo se la città sarà capace di rispondere con una politica economica dinamica e aperta al cambiamento o se saremo destinati ad assistere ad una sua irreversibile implosione, che non lascerà traccia del suo glorioso passato.