Ad un passo dalla santità. Suor Eustochia

Ad un passo dalla santità. Suor Eustochia

Redazione

Ad un passo dalla santità. Suor Eustochia

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sabato 30 Agosto 2008 - 18:26

Quando mancano pochi giorni al nuovo secolo, anno del signore 1500, a fronte delle tante vicissitudine patite dalla città e dell’ormai tangibile decadimento morale e religioso, vogliamo ricordare, a quindici anni dalla sua scomparsa, la suora Eustochia Smeralda Calafato.

Indispensabile si è rivelato in questo senso il prezioso contributo di una delle più fedeli e vicine sorelle, Suor Iacopa Pollicino.

Ricorda quando Eustochia iniziò a sentire il bisogno di cercare un più stretto contatto con Dio?

– Come tutte le bambine, fin dalla più tenera età fu istruita ad adempiere ai doveri religiosi ma più delle sue coetanee sentì la vicinanza a Dio. Tanta fede e dedizione sono straorinarie per una creatura all’epoca così piccola.

Sappiamo che inizialmente il padre la osteggiò, non condividendo la sua vocazione e che ancora undicenne venne promessa in moglie. Che cosa è in grado di dire a tal proposito?

– Non fu quella la sola occasione. Dopo il fallimento del primo matrimonio, per la morte del promesso sposo, all’età di quattordici anni il padre, per nulla sconfitto, si decise a combinare un altro matrimonio. Mai come allora il volere di Dio fu più manifesto, il padre, infatti, morì nel corso di uno dei suoi viaggi di lavoro.

Incredibile quindi la vicinanza a Dio, quasi una predestinata. Come ha vissuto gli anni del noviziato?

– Ricordo l’incredibile entusiasmo, la fede e la grande spiritualità che riusciva a trasmettere. Aveva ottenuto quello per cui aveva tanto combattuto. Le giornate scorrevano veloci fra preghiere ed opere pie.

Quando Eustochia si decise a lasciare il monastero alla ricerca di un nuovo luogo di preghiera?

– La vita all’interno del convento di S. Maria Basicò non la soddisfaceva, cercava qualcosa di diverso. Cercava una maggiore partecipazione, un maggiore impegno sulla strada che porta a Dio. Per questo motivo insieme ad alcune sorelle e con l’aiuto della madre trovammo ospitalità in casa di Bartolomeo Ansalone, nobile messinese.

Ricorda qualche episodio particolare di questi anni di preghiera?

– Non ho un ricordo specifico, nella mente sono perfettamente nitidi alcuni dei miracoli compiuti da Eustochia, soprattutto le miracolose guarigioni di infermi in seguito ad una sua preghiera o alla semplice vicinanza.

Se già molto dovette essere lo stupore per quei miracoli, come interpretaste i segni mandati da Eustochia dopo la morte?

– Non ci sono parole per spiegare quello a cui abbiamo assistito. Chi si sarebbe aspettato che dopo aver vegliato il suo corpo per tre giorni, rimanesse intatto. Gli arti erano inspiegabilmente morbidi, il viso rilassato, segnato da un rivolo di sangue che le scendeva giù dal naso.

Eventi, quindi che hanno del soprannaturale. Sappiamo che decideste di seppellirla, come avete vissuta quella decisione?

– Era tutto così confuso, non sapevamo quale fosse la strada giusta da percorrere, ma alla fine decidemmo per la sepoltura. Dopo cinque giorni il corpo di comune accordo la bara fu aperta per sincerarsi delle condizioni del corpo.

Cosa trovaste all’apertura della tomba?

– Eustochia, la cara Eustochia, era come l’avevamo lasciata, il sangue le scorreva ancora dal naso e come se non bastasse aveva iniziato a sudare.

Subito dopo decidemmo di inumare le sue spoglie mortali custodendo il suo corpo in una teca. Sembrava che la nostra sorella volesse guidarci anche dopo la morte, o almeno questo credemmo, incoraggiate da un ultimo evento prodigioso. Le dita della mano, infatti, si erano piegate in atto di benedire.

Una vita incredibile che meritava di essere ricordata e la cui santità dovrebbe essere da insegnamento e di aiuto per recuperare un pò di quella religiosità e morale che tanto servirebbero in una città che sembra aver perso molta della propria cristianità.

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