In riva allo stretto sorgeva una città, oggi di un passato glorioso non è rimasto che miseria e distruzione. La terra ha tremato, la natura assopita si è risvegliata da un lungo sonno, ribadendo la propria grandezza e imprevedibilità.
Lo scorso 5 febbraio 1783 è stata registrata una prima scossa a Reggio ed una di uguale intensità il giorno seguente a nord di Messina, pari all’undicesimo grado della scala Mercalli.
Due minuti interminabili che hanno scosso la terra, abbattuto edifici e stroncato molte vite.
L’intervallo seguito fra una scossa e l’altra ha permesso alla popolazione di allontanarsi dagli edifici, facendo si che il numero dei decessi non superasse le ottocento unità.
Alcuni testimoni parlano di una violenta scossa avvertita a mezzogiorno, caratterizzata da alternanza di tremiti più forti a più leggeri.
Il colpo di grazia sembra essersi verificato intorno alle venti dello stesso giorno, contribuendo a distruggere gli edifici ancora rimasti in piedi. Nuovi tremiti sono stati avvertiti per molti giorni ancora.
Volendo aggiungere tragedia ad un evento che difficilmente verrà dimenticato, alle scosse telluriche sono seguite ondate devastanti che, penetrando nel porto, solo fortunosamente non hanno distrutto i bastimenti ancorati. Le onde non hanno però risparmiato le costruzioni prospicienti il mare.
Una prima stima dei danni ha permesso di comprendere a fondo la violenza del sisma. La Palazzata, che occupava il porto per tutta la sua lunghezza, ha subito danni ingenti. Il piano superiore ed una parte della zona centrale sono crollate.
La situazione non può dirsi migliore nel cuore della città. Nonostante molte delle vie centrali siano state liberate dalle macerie, molte sono le strade ancora da bonificare. Un lavoro immane aspetta i messinesi.
Se il Duomo è riuscito a resistere al forte sisma, diverso discorso invece per alcuni edifici simbolo della città. Il Teatro è stato fortemente compromesso così come la sede del senato ed il Palazzo Reale. Analoga sorte è toccata alla gran Loggia dei Negozianti, al palazzo Arcivescovile e alle chiese dei Carmelitani e dell’Annunziata dei Teatini.
Molti dei messinesi scampati alla morte, la maggior parte dei decessi hanno coinvolto quanti non sono riusciti a portarsi fuori dagli edifici, sono stati costretti a costruire baracche di legno fatiscenti, dove trovare riparo in attesa di soccorsi e della ricostruzione.
Le prime costruzioni in corso di realizzazione presentano evidenti cambiamenti strutturali. Dopo aver constatato che a subire maggiormente le tremende scosse sono stati, paradossalmente, gli edifici più alti e in muratura, le nuove strutture presentano uno scheletro in legno, ed con non più di un piano elevato.
Questi interventi dovrebbero, nelle intenzioni, consentire alle nuove costruzioni di resistere ad altre sollecitazioni, se mai se ne dovessero verificare. La città, certamente non nuova ad eventi di questo genere, è cresciuta pur consapevole dell’elevato grado di sismicità della zona, trovandosi però sempre impreparata e sola a far i conti con la scelleratezza dei amministratori.
Forse la colpa maggiore, dimenticare in poco tempo eventi così drammatici e distruttivi mettendo da parte tutti i propositi e i progetti per una città più sicura.
Non è questo il momento delle condanne e delle sentenza, non resta che rimboccarsi le maniche e ricostruire la città nel più breve tempo possibile restituendo una dignità, ancora oggi sommersa dalle macerie.
(foto: quello che resta di uno dei palazzi scampati al terremoto del 1783)