Reggio Calabria, il sindaco torna a chiedere la revisione della Rognoni-La Torre: «Solo così potremo affrontare adeguatamente casi del genere»
Nel contesto della conferenza stampa sulla gestione dei beni confiscati da parte del Comune di Reggio Calabria, tenutasi stamattina a Palazzo di città, l’assenza fortuita specie del segretario generale Maria Riva ha pesato. Ad ammetterlo, lo stesso sindaco.
Sì, perché c’è stata un’ambiguità di fondo in quest’incontro coi cronisti. Giuseppe Falcomatà a più riprese ha puntualizzato che la conferenza stampa non costituiva una «risposta» a nessuno. Specificando che all’Amministrazione comunale reggina non interessa polemizzare, ma solo entrare nel merito dei problemi.
Al contempo, più volte Nancy Iachino ha chiarito che avrebbe «solo lasciato liberi i giornalisti di fare domande».
Trasparenza & C.
Dietro questa mini-dialettica, il convitato di pietra: la recentissima conferenza stampa in cui il centrodestra aveva mosso vari addebiti alla gestione dei beni confiscati. Evidentemente anche a quella pregressa, visto che i nuovi consiglieri delegati sono stati indicati solo tre mesi fa. Specialmente il presidente della Commissione di Vigilanza Massimo Ripepi (meloniano autosospeso), oggi peraltro presente all’incontro coi media, aveva contestato una presunta scarsa trasparenza. E una cronica mancanza di documentazione.
La risposta starebbe nella «differenza tra fascicoli e carpette; che però esistono». Non può mancare una congrua documentazione, hanno spiegato coralmente Falcomatà e Iachino, nell’iter d’assegnazione di un bene confiscato.
Quel “tagliando” serve come il pane
Il primo cittadino, in particolare, ha difeso in modo netto la trasparente gestione del settore. E, come di recente durante la visita reggina di don Luigi Ciotti, ha rivendicato l’esigenza di “fare il tagliando” alla Rognoni-La Torre.
Questo, affinché una porzione del denaro delle confische che oggi finisce indiscriminatamente al Fug possa essere assegnata a chi denuncia, ai parenti, alle imprese che tentano di “tener botta” nella legalità. E su altro fronte, per la riqualificazione di beni confiscati che spesso, all’assegnazione, risultano «poco più che ruderi». E che quindi solo opera di volontariato, risorse proprie ovvero vittorie nei (rari) bandi possono consentire di risistemare.
Imprenditori morosi? …Non solo Tiberio
A fronte di domande specifiche, in conferenza stampa non si riesce purtroppo a fornire stime aggiornate sull’attuale numero dei beni assegnati e non assegnati. E neanche (interessante risvolto) dei beni che, proprio per le difficoltà prima richiamate, gli assegnatari non sono stati in grado di risistemare e utilizzare. Nel caso di Nancy Iachino, per il fin troppo evidente motivo di non aver più inteso frequentare gli uffici, e “stoccarne” i numeri-chiave, dopo aver passato la mano.
Ma i beni confiscati, puntualizza il sindaco Falcomatà, vengono concessi per il riutilizzo a vari scopi: sociali, abitativi (e dunque “più che sociali”), ma anche a fini di lucro. I beni concessi a imprese sono circa 15. Anche qui arriva un quesito specifico: sarà per caso moroso solo Tiberio Bentivoglio? La risposta arriva ex adverso: «Non abbiamo mai detto che Bentivoglio sia l’unico imprenditore a non aver pagato tutto il dovuto o puntualmente. E tra l’altro il mondo delle imprese è stato anche flagellato dal Covid…».
In altre parole: no, non è solo Bentivoglio a non aver pagato (in toto).
Contratto ereditato
«Il monitoraggio riguarda, ovviamente, tutti», aggiunge Giuseppe Falcomatà. Ma la (concretissima) minaccia dello sfratto nei confronti di un testimone di giustizia, aggiungiamo noi, no.«Il contratto di locazione, peraltro, non l’abbiamo stipulato noi, che l’abbiamo “ereditato” dall’Agenzia delle Entrate. Non vuol essere un’accusa all’Agenzia, ma i fatti stanno così», specifica il primo cittadino. Dispiaciuto, come evidenziato già altre volte, per il frangente umanamente doloroso.
Da Libera, parole in e parole out
Gli spunti sono stati ovviamente tanti, durante l’incontro coi rappresentanti delle testate giornalistiche. E così, sul tema, il primo cittadino esalta le parole di don Ennio Stamile, referente calabrese dell’associazione antimafia Libera. «Il nostro Regolamento comunale sui Beni confiscati è un’eccellenza: non lo diciamo noi, lo dice don Stamile». Proprio in occasione della recentissima visita di don Luigi Ciotti. Parole importanti, quelle di don Ennio.
…Peccato che però poi esista un “altro” don Stamile, le cui parole non valgono se non uno sberleffo. Quello che, a fronte di una ritenuta grave ingiustizia nei confronti di un coraggioso imprenditore-testimone, ha invitato chi amministra all’obiezione di coscienza. «Interessante… Ma poi con la Corte dei conti e con gli avvisi di garanzia deve vedersela chi amministra, costretto a difendersi nei Tribunali», chiude il capitolo Falcomatà.
Tempostretto vi propone adesso l’intervista audiovideo rilasciataci a margine della conferenza stampa sui beni confiscati di questa mattina a Palazzo San Giorgio dal sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà